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La nostra legge fa derivare dal matrimonio, tra gli altri obblighi, quello di coabitazione, stabilendo che i coniugi stabiliscono concordemente il luogo di residenza della famiglia, in base alle esigenze di entrambi e di quelle preminenti della famiglia.

Nel caso di separazione giudiziale dei coniugi, la violazione dei doveri matrimoniali, ivi compreso quello di concordare la residenza familiare, è presupposto per l’addebitabilità della separazione quando la crisi coniugale sia riconducibile al comportamento del coniuge inadempiente.

La Corte di Cassazione, con sentenza n° 1744/2003, ha statuito che “la violazione del dovere di stabilire concordemente il proprio domicilio, ove anche possa considerarsi motivo di addebito, può non giustificare da sola la pronuncia di separazione con addebito”.

Nel caso esaminato dalla Corte,un finanziere residente in Puglia era stato trasferito in altra regione. La moglie, rimasta incinta, aveva deciso di non seguire il marito e di rimanere con i suoi genitori. In conseguenza di ciò, il marito aveva chiesto la separazione con addebito alla moglie per la violazione dell’obbligo di coabitazione e di assistenza materiale e morale del coniuge. Ma, a conclusione dell’iter processuale, la sua istanza è stata respinta perchè, secondo il giudice di legittimità, il semplice rifiuto di trasferirsi altrove non è da solo un motivo sufficiente per attribuire la fine del matrimonio al coniuge che non intende spostare la residenza.

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