Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.
Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.
Lo Schizofrenico? Un’Autobiografia Non Autorizzata!
La massima con cui iniziamo questa puntata, lascia intendere che i gravi problemi della nostra mente non siano opera del Destino ma diventino il risultato di storture in cui siamo costretti a vivere e, quel che è peggio, che ci viene impedito di raccontare.
La nostra via di fuga diventa, a qual punto, il disturbo schizofrenico!
In questa ottantacinquesima puntata, osserveremo i danni della Comunicazione schizofrenica
Nelle ultime due puntate abbiamo visto, dapprima una madre che chiedeva al bambino di avvicinarsi mentre, contestualmente, lo respingeva e , successivamente, un’intera famiglia che, prima invitava il proprio figlio ad andare incontro alla vita e, subito dopo, frustrava i suoi tentativi evidenziando la miriade di pericoli del mondo esterno.
Ora ci occuperemo di capire che cosa produce questo modo “aberrante” (anche se inconscio) di comunicare
Un esempio chiaro di questo tipo di mistificazione (definita “operante”) è quello del caso di Sarah Danzig osservato nel 1973 (riportato nei testi del Prof. Gian Carlo Reda)
Sara era una ragazza ebrea cresciuta in una famiglia in cui, la rigida osservanza delle norme del culto ebraico, era stata posta, fin dai primi anni della sua infanzia, come una regola inderogabile
Allorquando, però, durante l’adolescenza la ragazza comincia a percepire che molti membri della sua famiglia infrangono tali regole senza, per questo, sentirsi in colpa e senza ammetterlo chiaramente, sente vacillare le fondamenta sulle quali aveva costruito la sua Fede e i suoi punti di riferimento.
Ma, il peggio doveva ancora venire…
Quando alla richiesta di chiarimenti, le trasgressioni da lei notate furono totalmente negate, si concluse un’opera iniziata molto tempo prima, consistente in messaggi contraddittori, controlli nascostamente attuati e poi negati, conferme mancate…
La realtà della sua percezione fu negata e, il dubbio, “esplose”
Sara cominciò a trascorrere le notti a studiare la Bibbia nella disperata ricerca di un segno che permettesse di conciliare un’inconciliabile contraddizione, che le restituisse una certezza di verità: le figure dei membri della sua famiglia, fino ad allora ai suoi occhi rigidamente uniformi mostravano, ora, infinite e inaccettabili sfaccettature.
Con la sua disperata ricerca di verità, Sara divenne, per loro, il fantasma onnipresente delle trasgressioni, una specie di dito costantemente puntato contro le loro negate contraddizioni.
Così, il sistema si richiuse su sé stesso e la “espulse”: fu internata in un ospedale psichiatrico.
In un sistema schizofrenico tutti sono, al tempo stesso, vittime e carnefici. Vittime di modalità comunicative disfunzionali e ridondanti; coinvolti, tutti, giorno per giorno nella lotta per la sopravvivenza del proprio “IO”.
Tale surrogato di sopravvivenza, è reso possibile solo dall’assoluto immobilismo.
Il mantenimento dello “status quo ante” è presupposto essenziale perché, ai componenti del sistema, sia possibile continuare a vivere in uno stato di sofferenza, perlomeno sopportabile, in un equilibrio fragilissimo.
La rottura psicotica di uno dei membri (la manifestazione esplicita cioè del comportamento schizofrenico) non intacca minimamente tale equilibrio: spesso, anzi, è la spia di una minaccia all’omeostasi e, al tempo stesso, lo strumento per mantenerla.
Paradossalmente, l’esplosione psicotica assume il significato di protezione della stabilità del sistema stesso. Infatti, attorno all’elemento malato, il sistema si stringe ricomposto nelle sue tradizionali ripetitive e immodificate modalità di comunicazione. Il comportamento schizofrenico diventa l’unico segno di chiarezza
Torna il concetto di “simmetria” come tipo di comunicazione che, all’interno della famiglia schizofrenica, viene usata indifferentemente da tutti, compreso da chi definiremmo il “paziente designato”.
Costui, proprio perché abituato a risposte che non permettono di avere chiarezza, fin dai primi passi della sua vita userà, a sua volta, la stessa qualità di comunicazione: qualsiasi gesto (o parola) che metterà in evidenza una situazione netta e precisa, sarà da lui accuratamente evitato
Ad esempio, nel momento in cui si provasse a tendere la mano ad uno schizofrenico con molta probabilità, costui risponderebbe in maniera incerta, esitante, ignorando la mano e guardando altrove,
La stretta di mano, infatti, connota un comportamento che propone un rapporto di amicizia o, quantomeno di cordialità e, per lo schizofrenico, è un atto troppo chiaro, troppo delineato. In parole povere, troppo rischioso, perchè lo esporrebbe all’incertezza di una risposta relazionale che l’esperienza gli ha insegnato non essere mai di conferma.
“Cioè, tu mi fai capire che sei mio amico. Però anche mia madre voleva che l’abbracciassi ma, poi, mi rifiutava. E, quando io glielo facevo notare, lei mi accusava di essere cattivo. E, a me, veniva un gran mal di testa!”
Osservato in questo modo e da questa prospettiva, appare chiaro che l’elemento schizofrenico non è il paziente ma la sua famiglia.
Una famiglia senza tempo, in cui gli adulti non invecchiano e i figli non crescono. Congelata in una dimensione fuori dalla realtà, per la sua tragica incapacità di adeguarsi e modularsi.
Come ben spiegato nei testi specialistici, questi ruoli immobili, rendono genitori e figli eternamente tali, incatenati gli uni agli altri da una dipendenza reciproca che rende insopportabile, per i figli il distacco e, per i genitori, l’accettazione della normalità dell’autonomia del figlio.
Era uscito di testa e, quel che è peggio, si era dimenticato le chiavi. (Bruno Agostini)
Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo di capire se ci sono altre motivazioni che possono renderci schizofrenici.
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi
Buona “degustazione”

Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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