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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.

C’è una domanda che, a volte, mi lascia confuso: sono pazzo io o sono pazzi gli altri? (Albert Einstein)

La particolare osservazione del grande Albert Einstein, ci apre la porta a una considerazione riguardo a una realtà sempre più frequente.

Quando persone di cui ci fidiamo, fanno il contrario di quello che dicono e, addirittura ci contestano aspramente nel momento in cui glielo facciamo notare, come possiamo evitare di andare “fuori di testa”?

In questa ottantatreesima puntata, ci occuperemo di capire in che modo, comunicazioni altamente ambivalenti, possano aprire le porte della Schizofrenia.

Ci siamo lasciati, nella scorsa puntata, anticipando il concetto di “doppio legame”, indicandolo come il risultato di una serie di “danni” iniziati dai nonni e culminati nei nipoti.

Quella relativa al “doppio legame” non è una definizione agevole da proporre, perché richiede una considerevole immersione immaginativa ed emotiva, all’interno di una dinamica particolarmente contorta.

Proveremo a riassumere quanto riportato all’interno del testo del Prof. Gian Carlo Reda (Psichiatra e Professore Emerito dell’Università “La Sapienza” di Roma) dal Titolo “Psichiatria: Problemi, Fenomeni, Ipotesi, Interventi”, evidenziando i tre punti fondamentali:

  1. Due o più persone sono coinvolte in una relazione intensa che ha un alto valore di sopravvivenza fisica e psicologica per una di esse, per alcune o per tutte;
  2. All’interno di questo simile contesto, viene fornito, a un certo punto, un messaggio altamente contraddittorio;
  3. Si impedisce, a chi riceve questo messaggio, di chiedere spiegazioni, di contestare il messaggio o di difendersi uscendo dalla dinamica e provando a chiudersi in sé stesso.

Per capire meglio, proviamo ad osservare una madre e un bambino (ma potrebbero essere anche due persone che vivono insieme, dei colleghi d’ufficio, un capo che si rivolge ai suoi sottoposti: la strutturazione della comunicazione non cambierebbe “filosofia”).

Anche se, i due (mamma e bambino), saranno reciprocamente dipendenti sul piano psico affettivo, uno solo (in questo caso, il bambino) lo sarà anche sul piano fisico.

E allora, osserviamo questa coppia e puntiamo l’attenzione sul bambino che, invitato dalla madre ad abbracciarla (con amorevoli messaggi verbali), non appena si avvicina a lei, avverte un rifiuto temperamentale.

A questo punto, non riesce a capire cosa stia succedendo, perché le percezioni che si susseguono, sono paradossalmente contrastanti.

In più, non appena lui dovesse lamentarsi di ciò, la madre (magari anche in buona fede) risponderebbe: “Ma come puoi pensare che io non ti voglia fra le mie braccia? Sei proprio un bambino cattivo!”

Ripercorriamo gli istanti di questo paradosso comunicativo:

  • La madre lo invita ad abbracciarlo
  • La madre lo respinge, non appena lui si avvicina
  • La madre lo frustra, nel momento in cui lui cerca di capire cosa stia succedendo.

A questo punto, il bambino non riuscirà a rendersi conto di quale sia la percezione reale e di dove sia, di conseguenza, la verità

  • Avrà capito bene, quando la madre lo ha invitato ad abbracciarla?
  • Il rifiuto della madre sarà stato reale, o frutto di una personale fantasia?
  • È veramente un cattivo soggetto o c’è qualcosa che non torna, in tutto ciò?

In una simile circostanza, a “salvarlo” basterebbe il parere di un padre “autorevole” o quello di altri eventuali presenti (ad esempio, un nonno). Ma, di solito, all’interno di simili contesti familiari, la regola diventa “mai prendere posizione”, ricordando il tiolo di un vecchio film di James Bond “Vivi e lascia morire”!

E, da ora in avanti, proviamo ad immaginare (magari solo per un attimo) simili paradossali (e, se vogliamo, inconsciamente sadici) sequenze ripetute nei vari momenti della giornata della vita del bambino…

Cosa osserveremmo?

  • Il disperato tentativo di individuare i confini del proprio spazio fisico ed emotivo e i messaggi che, continuamente ricevuti, lo confondono fino a portarlo ad una incertezza assoluta;
  • Il provare a definire l’esattezza delle proprie percezioni interne, resa impossibile da espressioni che dimostrano come, l’altro, conosca assai meglio di lui il suo stato fisico e psicologico.

Facciamo qualche esempio

Devi andare a letto perché sei stanco!”

La tua reazione scomposta, è dovuta al fatto che stai male!”

Insomma, qualunque sia il suo comportamento, la risposta dell’ambiente sarà quella di una disconferma che lo porterà, lentamente ma inesorabilmente, ad un drammatico atteggiamento di percezione esistenziale: “Io, non esisto!”

Ma, il peggio, deve ancora arrivare…

Col tempo, infatti quel il bambino divenuto adolescente reagirà con un atteggiamento interpretativo molto pericoloso, perché prodromico di una modalità di pensiero “paranoica” come, per esempio, l’arrivare a concludere: “C’è qualcosa, che muove i fili di tutto questo, che io non capisco ma che, certamente, c’è!”

Questo “atteggiamento paranoico” lo porterà, progressivamente, a rinunciare a qualsiasi iniziativa e a qualsiasi spontaneità perché, la sua convinzione fondamentale sarà: “Comunque io mi muova, qualunque cosa io faccia, sbaglierò e sarò certamente punito!”

Ovviamente, il passo successivo sarà quello della presenza dei cosiddetti “sintomi negativi” (ritiro sociale, abulia, distacco emotivo, disinteresse verso tutto ciò che è del mondo esterno, etc.) che è caratteristico dei disturbi dello spettro psicotico con la costruzione di un proprio guscio, “fragile” e ovviamente “falso”, al di là del quale c’è una realtà confusa e incomprensibile: perciò, minacciosa.

Mi piaci come sei. Ma ti vorrei diverso. (Francesco Tullio Altan)

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo della “comunicazione schizofrenica”

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi

Buona “degustazione”

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