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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In fondo, basta poco a fare impazzire qualcuno. Basta dirgli: “”Ma va là, vieni qua! (Cit.)

Quante volte siamo vittime di una comunicazione dell’assurdo? E se, con tale sistema dovessimo essere cresciuti, potremmo salvarci dal diventare schizofrenici?

In questa ottantaquattresima puntata, ci occuperemo delle caratteristiche di base della Comunicazione schizofrenica

La Terra, è il manicomio dell’Universo (Cit.)

Come è spiegato nei testi del Prof. Gian Carlo Reda (Psichiatra e Professore Emerito dell’Università “La Sapienza” di Roma), la Comunicazione schizofrenica riguarda il mondo delle relazioni (verbali, temperamentali, morali, emotive) che si mette in atto all’interno delle Famiglie che “portano per mano” verso il disturbo di cui stiamo parlando da qualche puntata: la Schizofrenia.

Costantemente criptica, riesce “perversamente ad evitare (a chi la usa) ciò che potremmo definire “un’autodefinizione nei confronti degli altri membri del sistema Famiglia”

infatti, come abbiamo avuto modo di capire un paio di puntate fa, i suoi membri si pongono l’uno verso l’altro in un rapporto di simmetria esasperato che, se vogliamo, non permette Vincitori e Vinti.

Quindi, si può non vincere ma non si può essere battuti. E non si può essere battuti solo se non ci si “definisce” nei confronti degli altri restando, di fatto, una entità informe e non qualificabile.

Se ci riflettiamo bene, accettare dall’altro la sua “definizione di sé e della relazione” (cioè, chi sono e che voglio), presuppone già un cambiamento perché sarebbe, di per sé, il passaggio ad una relazione “complementare” e non più simmetrica.

Però, nelle Famiglie disfunzionali e prodromiche del disturbo schizofrenico, quando uno dei membri cerca di venire a capo della situazione (perché si rende conto di trovarsi all’interno di una dinamica dell’assurdo) l’altro componente è come se lo placasse per tentare di riportarlo all’interno di una specie di oblio indistinto, dal quale non si esce.

A quel punto, quasi ogni pensiero (oppure ogni manifestazione comportamentale) può diventare lecita purché venga mantenuta l’omeostasi e, soprattutto, quella situazione stabile immutabile. Infatti, il più grave e temuto nemico è il cambiamento e, prima fra tutte le cause di cambiamento, troviamo l’allontanamento di uno dei membri come, per esempio, lo “svincolo” di un figlio

Man mano che il figlio cresce e comincia a manifestare aspirazioni e capacità di autonomia sale, in proporzione, l’angoscia nei familiari.

Comincia, quindi, una specie di tragico fronteggiarsi di opposte esigenze:

  • Il ragazzo pretende libertà e autonomia, ormai adeguate alla sua età;
  • Per tale ragione, sarà definito cattivo e ingrato;
  • La conseguenza sarà quella di una “rinuncia” che porta il figlio a chiudersi, a non pretendere, a non chiedere.

L’assurdo consiste nel fatto che, mentre quando il ragazzo pretende di essere autonomo, va in contraddizione con le regole imposte dalla famiglia, nel momento in cui si arrende e si chiude va in contraddizione con ciò che viene, a parole, esplicitato: “Devi darti da fare, sei grande, ormai!”

Sembra, insomma, un vicolo cieco dal quale non si esce

Come potrà andare a finire?

Lo vedremo nella prossima puntata

Sono fuori di testa. Torno tra cinque minuti

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile anche questa volta nel capire un po’ meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo di capire dove “porta” la comunicazione schizofrenica.

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi

Buona “degustazione”

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