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La disciplina dell’assegno divorzile è prevista nell’art. 5 comma 6 Legge sul Divorzio (L. n. 898/1970), che così dispone: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.”

 

I presupposti per il riconoscimento dell’assegno e i criteri per la quantificazione sono stati oggetto di mutevole orientamento della giurisprudenza. Attualmente, secondo la prevalente interpretazione, al fine del riconoscimento dell’assegno di divorzio occorre verificare se vi è rilevante disparità tra la situazione economica precedente al divorzio e quella successiva dipendente da scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio con sacrificio delle aspettative professionali e reddituali delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo rilevante endofamiliare in relazione alla durata del rapporto e alle effettive potenzialità professionali e reddituali; nel corso di tale valutazione deve accertarsi non solo il raggiungimento di un’autonomia economica da garantire l’autosufficienza ma un livello reddituale adeguato al contributo fornito alla realizzazione della vita familiare (sentenza Corte di Cassazione n. 11790/2021).

 

Inoltre, è consentita la revisione dell’assegno, successivamente, se subentrano ’giustificati motivi’, ossia mutamenti delle condizioni economiche di uno o di entrambi gli ex coniugi.

La Corte di Cassazione, con sentenza n° 13860 del 24.09.2002 (di recente anche con sentenza n. 4251/2021), ribadendo un orientamento già espresso in altre occasioni, ha statuito che il diritto a chiedere l’assegno divorzile non ha scadenza, e può essere invocato anche dall’ex coniuge chedopo anni dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, si trovi in una condizione economica diversa da quella in cui era al momento del divorzio.

Nel caso esaminato dalla Corte, dopo cinque anni dalla sentenza di divorzio, è stato posto a carico dell’ex marito un assegno di mantenimento, a favore dell’ex moglie che non ne aveva fatto richiesta al momento della pronuncia di divorzio, ma, avendo, successivamente, perso il lavoro per cause non dipendenti da lei, aveva perso anche l’autonomia economica. Ciò in virtù dell’art. 9 della legge n. 898/1970, che  consente la revisione dell’assegno divorzile per sopravvenienza di giustificati motivi, anche al caso in cui l’assegno sia stato originariamente negato o non sia stato oggetto di richiesta al momento della pronuncia di scioglimento o di cassazione degli effetti civili del matrimonio, onde è consentito al coniuge divorziato di richiedere, successivamente alla pronuncia di divorzio ed in relazione alla suddetta norma, la determinazione dell’assegno precedentemente non fissato, in presenza di variazioni delle situazioni patrimoniali.

 

Erminia Acri-Avvocato

 

2 Replies to “Assegno divorzile dopo il divorzio.”

  1. Buongiorno,
    io mi trovo a versare un contributo divorzile alla mia ex.
    la mia ex moglie lavora par time e da quattro anni a un compagno.
    adesso mi sono recato dal mio avvocato per richiedere l’annullamento dell’assegno divorzile.

    1. Buongiorno, la richiesta di riduzione o cessazione dell’assegno divorzile è giustificata da mutamenti delle condizioni economiche di uno o di entrambi gli ex coniugi, nel suo caso da un miglioramento delle condizioni economiche del beneficiario. Cordiali saluti. Avv. Erminia Acri

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