Posted on

Si parla spesso di rispetto, anche se quelli che ne comprendono a pieno il significato sono, ahimé, veramente pochi. Esso trova il suo punto d’origine in se stessi e per se stessi, di conseguenza, ed in automatico, si estende anche agli altri; non è pensabile pretendere di rispettare il proprio prossimo senza prima averlo fatto nei confronti di chi incontriamo riflesso nel nostro specchio tutte le mattine.

Nessun uomo impegnato a fare una cosa difficile, e a farla bene, perde mai il rispetto di se stesso (George Bernard Shaw)

Avere rispetto di ciò che si è, nel senso più pieno del termine è uno dei pilastri su cui poggia la costruzione dell’autostima, da non confondere con l’arroganza, la presunzione o peggio con la convinzione di avere qualcosa in più rispetto a tutti gli esseri umani che hanno popolato, popolano e popoleranno questo pianeta. Si potrà essere migliori o peggiori ma, questo dipenderà in gran parte dal lavoro che ognuno di noi sarà disponibile a fare con se stesso e per se stesso.

Sovente si incorre nell’errore di considerare il rispetto come qualcosa che ci è dovuta e non come qualcosa che bisogna invece guadagnarsi.

Il Dizionario della lingua italiana Garzanti alla voce RISPETTO declama: “sentimento che induce a riconoscere i diritti, il ruolo, la dignità, il decoro di persone o di cose e fa astenere dal recare loro offesa”.

Sempre lo stesso Dizionario alla voce DIGNITA’ enuncia: “nobiltà generale che deriva all’uomo dalla sua natura, dalle sue qualità e, insieme il rispetto che egli ha di se e suscita negli altri in virtù di tale condizione”.

La dignità è un qualcosa che ogni essere umano possiede in quanto tale a prescindere dal ceto sociale, dalla razza, dal credo religioso o da qualsiasi altra forma di categorizzazione si possa fare e, nessuno può arrogarsi il diritto di metterla in discussione o peggio ancora, calpestarla.

Il dizionario afferma che il rispetto è un “sentimento che induce …” ma il sentimento cos’è? Un’emozione, e un’emozione da cosa è determinata? Da un’idea che a sua volta deriva da stimolazioni esterne ed interne. Fin qui va tutto bene ma, … e se andassimo a conoscere e valutare queste famigerate “stimolazioni”? Voi cosa ne dite, potremmo rischiare di avere qualche brutta sorpresa?

Ahi noi, temo proprio di sì e questo, per un motivo molto semplice: chi dovrebbe provare questo “sentimento” spesso non possiede la maturità necessaria per generarlo e questo a causa di un susseguirsi di messaggi sbagliati. Infatti, con sempre maggior frequenza si ascolta il seguente luogo comune: “Questo mondo è una giungla e, se vuoi arrivare devi colpire prima di essere colpito”.

Ma, mi chiedo: siamo proprio sicuri che, chi riteniamo potrebbe colpirci sia realmente intenzionato a farlo o siamo noi che, fortemente insicuri e nascosti dietro la giustificazione di dover a tutti i costi attaccare per primi, non vediamo l’ora di “silurare” il presunto “cecchino” il quale, con ogni probabilità, è così impegnato nel percorrere il proprio sentiero che dubito fortemente possa accorgersi di chi gli cammina accanto e, comunque se è vero che non si può colpevolizzare chi agisce secondo questi canoni, è altrettanto vero che, un simile atteggiamento, non può e non deve essere giustificato in alcun modo, semmai bisognerebbe indurre il soggetto in questione a consapevolizzare il fatto che esistono altri percorsi per raggiungere l’obiettivo che ci si è prefissati e che, la strada da seguire non dovrà necessariamente essere lastricata dai “cadaveri” che, secondo direttive errate, dovremmo lasciarci alle spalle alla stregua di “trofei di cui andar fieri”.

Un uomo saggio crea più occasioni di quante ne trova (Francesco Bacone)

Attivarsi al meglio delle proprie possibilità, con correttezza, dignità e rispetto per se e per gli altri, al fine di raggiungere un obiettivo atto a procurare i propri e gli altrui benefici, non potrà far altro che tributare grandiosità a colui che lo mette in atto.

L’essere umano che fonda la propria esistenza su questi semplici principi non avrà bisogno di creare grandi opere, in quanto egli stesso è l’opera più grande che potesse creare.

Adelina Gentile (28 maggio 2008)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *