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Questa è il decimo puntata del percorso fatto di ricordi, sensazioni, riflessioni, stati d’animo di chi ha trascorso gran parte della propria vita accanto a un genio ribelle (e incompreso) del mondo della psicoterapiaGiovanni Russo

10° Capitolo 5 luglio 2023

A proposito del concetto di “parola” a cui ho fatto cenno in più occasioni, mi è venuto in mente l’importante convegno dal titolo “Psicoterapie a confronto” del 25/ 10 /1997, nella splendida cornice di palazzo Barberini a Roma, in cui Russo ha sottolineato, in modo inequivocabile, il ruolo della parola in psicoterapia, come valore curativo nel colloquio tra analista e analizzato. Secondo Russo, la parola è lo strumento fondamentare della comunicazione analitica, infatti per qualunque psicoterapeuta, la parola è il farmaco da utilizzare come energia di attivazione, con le sue molteplici variabili. Senza l’utilizzo di parole, nessuno potrebbe mai sapere cosa si produce nella mente dell’altro e quindi l’effetto curativo dipende da come lo psicoterapeuta usa le parole, cioè la quantità, quante parole dire e quali dire e soprattutto saper scegliere il momento giusto.

Russo diceva, di percepire gli odori, il sapore ed il suono delle parole e che a secondo del loro modo di tradursi in energia possono risultare gradevoli (buone e nutrienti ) o sgradevoli ( cattive e  tossiche) e influenzare positivamente o negativamente la psiche di chi le ascolta.

Per capire meglio il concetto, basterà pensare se e quando si è assistito ad una conversazione animata tra persone, in cui a poco a poco i toni si sono alzati sfociando in violenza verbale.. senza rendersene conto, ad un certo punto, l’aria si è fatta pesante ed un senso di sgradevolezza ha coinvolto tutti gli astanti.. Questo per capire che ci si può intossicare anche semplicemente ascoltando.. Lo stesso può accadere allo psicoterapeuta, come ho già avuto modo di spiegare, mentre ascolta, durante i colloqui di analisi, gli analizzati.. Questi ultimi mentre parlano si scaricano delle loro tensioni mentre l’analista si carica della loro energia..   

Ciò che è importante, in simili circostanze, è tentare di ripristinare uno stato di calma e di benessere energetico.. Ecco, dunque, l’importanza di proteggersi e di fare pause dal lavoro. 

E mi ricollego, a questo punto, all’argomento delle vacanze intelligenti, che per qualunque essere umano sono necessarie per staccare dalla routine e che vanno pianificate.

In estate a noi piaceva andare al mare ed il posto doveva esser scelto tenendo conto delle esigenze di tutti e tre i componenti della famiglia.  Di solito si sceglieva un villaggio dove c’è tutto.. l’accesso alla spiaggia, la piscina, lo sport, l’animazione, gli spettacoli, il cibo, la possibilità di accedere a tutti i servizi e di organizzarsi in base alla varietà dell’offerta e degli intrattenimenti.

Durante queste vacanze si incontravano persone nuove, si faceva amicizia e ci si svagava, ritornando poi alla vita di tutti i giorni più appagati e riposati, soprattutto con la mente.

D’inverno, invece, si sceglieva un villaggio in montagna, alcune volte si partiva anche a natale e a capodanno. Il panorama, naturalmente cambiava, la neve, le montagne, l’aria, le passeggiate, lo sci. In quelle occasioni, anche se sembrerà impossibile, anche Giovanni Russo sciava, non certo lo sci alpino ma sci di fondo ed entrambi ce la cavavamo abbastanza bene.

Alla fine della vacanza ognuno tornava ai suoi impegni più motivato e con maggiore energia positiva.  Da qui l’importanza delle interruzioni dal lavoro e di cosa  questo comportava.

Alla prossima.

Oretta Lanternari – Pedagogista

Adattamento del testo: Mariella Cipparrone

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