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Pillole di resilienza è una collana video dedicata a tutti noi, quando crediamo di non riuscire più a fronteggiare le tormente della vita

Questo lavoro rappresenta la riduzione del racconto autobiografico di un giovane che, dopo aver incontrato l’Inferno del ricovero psichiatrico, acquisisce quella nuova consapevolezza capace di interrompere un destino segnato.

Nella vita, ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia, ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore e ci sono giorni pieni di lacrime ma, poi, ci sono giorni pieni d’amore che vi danno il coraggio di andare avanti per tutti gli altri giorni (Romano Battaglia)

Questa è una sera d’agosto, di quelle che ti fanno ricordare di tutto quanto non hai ancora fatto e di ciò che, pertanto, ti attende. 

Il punto è: si possono scacciare la malinconia, il tedio e i cattivi pensieri, o è meglio lasciare che trovino da soli, uno spazio, una collocazione, all’interno di un qualche cassetto della nostra memoria?

Alla mia età sembra strano, per la maggior parte della gente, che si possa soffrire di “nulla” e che, per contro, si voglia andare verso questo vuoto per passare al di là del buco nero e ricominciare da capo.

Chissà se mi riesce di lasciare una testimonianza di vita, uno spaccato degli ultimi anni, quelli sicuramente più in linea con la tendenza che circoscrive esattamente l’emisfero più ad est… quando fa sera e calano le tenebre…e il sole ti lascia, per volgersi al desio che tende sempre più inesorabilmente verso ovest.

Da un po’ di tempo, quando mi metto a pensare, giungo a delle conclusioni nient’affatto rassicuranti. Mi sono accorto, ad esempio, che il panorama della città in cui vivo, si trasforma: è come se la gente indurisse, mi sembra che tutto quello che abbiamo amato venga inesorabilmente distrutto.

Forse una semplice conseguenza dell’età?

Più aumenta il numero di rughe sulla fronte più, inesorabilmente, invecchio: allora mi rendo conto che il Mondo cambia e la malinconia del passato m fa apparire sgradevole il presente e preoccupante il futuro

Il ponte fra la disperazione e la speranza è una buona dormita.

E allora decido di dormire ma, nel sonno della mia coscienza, apro gli occhi… un’impronta forte… tante “foto” in chiaroscuro…

Questo sono io negli ultimi anni: il brutto e il bello dell’esistenza terrena!  

La logica, quella che interviene giusto in tempo per non girare intorno a te stesso ed alle tue menzogne, guida la penna e i tasti della memoria. Certo è che non posso negare la tanta acqua passata sotto i ponti del mio essere, irrigato dalle piogge fertili dei messaggi ricercati e conservati, del mio percorso di crescita interiore.

Un divano, un freddo ottobre del 2001, il telefono bordeaux del mio soggiorno e mio zio: questi sono gli ingredienti del racconto, l’inizio di quello che diventerà il mio disagio esistenziale…

” So che hai bisogno di soldi, quindi lascia quello che NON stai facendo e vieni al negozio… ho del lavoro per te!”

Avrei scoperto a mie spese che le parole (soprattutto quelle che ti vengono tirate addosso) sono vive, entrano nel corpo, bucano la pancia: perché, le parole, non sono solo mezzi per comunicare ma sono corpo, carne, vita, desiderio.

50 Euro la settimana… questa è l’offerta, un lavoro di autista “tuttofare” è la richiesta… “Ok accetto” è la mia risposta. 

A ripensarci oggi, trascrivendo tesi al computer (visto che me la cavo con l’informatica) avrei guadagnato certamente di più ma, la sensazione di un lavoro in un laboratorio artigiano, ti fa sentire più uomo: vuoi mettere?

…mah!

Le galere dei gladiatori non dovevano essere, dal punto di vista del rispetto umano, troppo diverse dal negozio di “zio”. L’antifona è quella solita di chi vuole “acquistare” soldi e agiatezza… pagando in svendita il lavoro dei sottoposti e considerando normale… lo sfruttamento altrui.

Nausea, vomito, ernia Jatale, malumore, tensione, ansia…

È lungo l’elenco dei disturbi che cominciano ad attanagliarmi dopo qualche settimana di “duro” (è proprio il caso di dirlo!) impegno in quella bottega dei disagi che è diventata la mia vita… e coinvolgo in tutto questo anche la mia compagna, una giovane professionista che non capisce in cosa io mi stia trasformando…

“Attento caro mio, più fai… più vogliono!”

il “duca”… mio amico d’infanzia, emiliano per parte di padre, orfano da piccolo e maestro di vita… quante volte gliel’ho sentito dire! E infatti, al negozio viene licenziato in blocco tutto il personale e resto io… il “tuttofare”… a 50 Euro la settimana… sempre più “tuttofare”… commissioni, lavoro, pulizie del locale, trasferte…

Capire il perché, poi, io continui a rimanerci… contribuirebbe a rispondere ai tanti quesiti della mia vita!

Il proverbio suggerisce di non mordere la mano che ti nutre. Ma forse dovresti farlo, se quella mano ti impedisce di nutrirti da solo” (Cit.)

Un altro divano, lo stesso telefono bordeaux, uno squillo…

È mio suocero in ospedale con un infarto del miocardio. “Forza, amore, che tutto andrà per il meglio!”. Cos’altro potrei dire? Provo a crederci anch’io! Sale d’attesa, centri di rianimazione… e, finalmente il recupero…

Ma, “io”, come sto?

Diviso fra il lavoro e le tante preoccupazioni, ho dimenticato di chiederglielo, ci pensano i disturbi a ricordarmelo! In meno di una settimana, il crollo… Quando la misura è colma, Filumena Marturano dice che “ti metti in agonia!”

Il solito divano, lo stesso telefono… questa volta mi squilla il cervello…

Rispondo: la depressione è in linea!

Un’amica che mi accompagna… non è un male oscuro… è stanchezza e rabbia insieme… senza entusiasmo, è svuotamento, languore… mi ricorda le sensazioni provate alla lettura del Nerone di Roberto Gervaso, quando si “vede” Seneca, nella vasca da bagno, con le vene dei polsi recise… spegnersi “dolcemente”.

Dovrei reagire?

Mi indicano un’analista. Ma io… NON SONO MICA PAZZO!

Altri disturbi, nuove suggestioni, continui disagi, solite preoccupazioni…

…e pasticche.

Dovrei reagire?

E va bene, mi licenzio, così potrò riposare!

Altri dubbi, nuove incertezze, insonnia e sensi di colpa, la mia ragazza che “preme”, i miei genitori che “vegliano” al mio capezzale… e nuove pasticche…

Dovrei reagire?

L’anima è la più angosciante spia che un nemico possa mandare…  Maledetta Emily Dickinson, hai dannatamente ragione!

E va bene… andiamo a conoscere questo novello Freud! In fondo me lo ha indicato mia zia, è il suo analista e lo stima molto…

Se va bene per lei che è così esigente!

Il divano… il solito, il telefono… la stessa scenografia… ma stavolta sono io a chiamare… 

“Pronto? Ho bisogno di aiuto!”

E vado… gli occhi della gente a giudicarmi… i miei condizionamenti… la vergogna… nemmeno stessi entrando in una casa di malaffare! Ad accogliermi c’è… un signore, che a guardarlo ti “ispira”, gentile, calmo con i suoi modi di fare. Mi invita ad entrare con un savoire faire d’altri tempi…

Decisamente shoccante!

Un mega acquario, le luci soffuse, i profumi dell’aria, la sua bella presenza… tutto contribuisce a disporti “bene”.

“Qual è il suo problema?”

Qual è il mio problema? Caspita, non me lo sono mai chiesto…

Qual è il mio problema!

Sono spiazzato… mi rendo conto che debbo “parlarmi” e, senza accorgermene, racconto di me… delle mie aspirazioni represse… delle mie incertezze… delle mie delusioni… dei miei perché… dei miei disturbi…

È fantastico… mi sto parlando… per la prima volta!

Molto probabilmente tutto questo mi basta e mi rende felice… finisco il colloquio, ascolto le sue valutazioni che “sanno di buono”, saluto e me ne vado…

e la parcella?

Mah, in fondo… con quello che guadagna!

E poi, mica mi ha chiesto di pagare!

Esco dallo studio, è notte, quella sicurezza sta svanendo come la “nebbia” che mi accoglie nell’oblio che conosco bene…

Forse mi sono illuso: però, adesso, ho fatto contenti tutti, sono andato anche dal famoso “dottore”!

Forse è questo l’obolo che il mio destino mi ha chiesto di versare…

Giugno e luglio trascorrono in mezzo ai tumulti delle liti con la mia “lei”…

Meno male che il mio compagno è accanto a me: quel maledetto divano! Quando non ti senti e parli sottovoce, sembra quasi lui ti ascolti e capisca. 

E arriva il ricovero…  E le analisi, e gli accertamenti… 

“Lei è sano come un pesce, giovanotto, calibriamo l’ansiolitico, aggiungiamo un blando antidepressivo e le sue manie andranno via! Nel caso di una recidiva, tuttavia, si potrebbe aggiungere un neurolettico…”

Che gli uccelli dell’ansia e della preoccupazione volino sulla vostra testa, non potete impedirlo; potete evitare che vi costruiscano un nido. (Proverbio Cinese)

Con questo cartello in mezzo ad un corridoio candido e profondo, “battuto” dall’aria condizionata e dagli effluvi dei disinfettanti, la clinica mi saluta e mi invita a non tornare.

Qualcuno, una volta, mi ha detto che ogni vita non vissuta accumula rancore verso di noi, moltiplicando le presenze ostili. In questo modo diventiamo spietati con noi stessi e con gli altri. Intorno a noi non vediamo che lotta, cediamo e soccombiamo alle perfide lusinghe dell’invidia. In questo modo, noi scompariamo dal nostro orizzonte e la vita che è stata perduta, all’ultimo, ci si rivolterà contro.

Dovrei reagire?

E io richiamo il “dottore”; l’analista, quel bravo signore… speriamo che non mi mandi al diavolo… 

Incredibile, con affettività professionale mi fissa un nuovo appuntamento! 

Vado. Ho i capelli corti, voglio iniziare una nuova vita, collaboro attivamente, lo bombardo di domande, scriviamo insieme degli articoli che mi “riguardano”… sono spinto a capirmi, accettarmi, adattarmi…  A darmi da fare, insomma!

Capisco, finalmente, che i miei sentimenti reali sono un desiderio disperato di conforto e ricordo, tristemente che, ogni volta che da bambino ho sentito un desiderio disperato di conforto e protezione, lungi dall’ottenerlo, ho ottenuto rifiuto e mortificazioni.

È stato normale quindi, il timore che, esprimendo il desiderio di avere conforto e protezione dal terapeuta (la prima volta che l’ho incontrato), lui si sarebbe comportato come i miei genitori, esprimendo rimprovero, disprezzo, scherno. Ed è stato per questo motivo che sono fuggito da lui: ho preferito restare con l’illusione di un possibile aiuto, piuttosto che scoprire l’amaro della delusione.

È proprio vero che il maggiore nemico dell’uomo è la paura, la quale ti appare sotto forme così diverse che la confondi con la vergogna, la gelosia, la collera, l’insolenza, l’arroganza… ma è soltanto mancanza di fiducia in se stessi.

“L’incapacità dell’uomo di comunicare è il risultato della sua incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto.” (Carl Rogers)

Sono passati molti lunghi anni, da allora.

A chi mi domandasse quanto ne sia valsa la pena, non sarei in grado di rispondere senza un minimo di dubbio. Il fatto è che, ora, ora ho scoperto che, per capire il senso profondo della vita bisogna pagare un prezzo: lo scontro con la verità, senza veli nè miti nè, tantomeno supereroi. Insomma, capita a tutti di sentirsi diversi in un modo o nell’altro ma, inequivocabilmente (e inesorabilmente), pur prendendo strade diverse, andiamo, tutti, nello stesso posto: il luogo delle disillusioni.

Probabilmente sto impattando col patchwork della vita, quell’insieme di istanti che “vanno a senso unico” colorando e dando un peso a quel misuratore indifferente che è il tempo, creandoci l’illusione di essere in quella condizione di fare ciò che piace e che fa star bene: la libertà.

Chi abita in solitudine è, in genere, molto più spiritualmente dotato di chi vive in branco. Sono i solitari a essere capaci di consegnare alla morte, una goccia di splendore. Chi non sa aiutare se stesso, in genere non sa aiutare neanche gli altri. Finge. (Fabrizio de Andrè)

Siamo realmente liberi nel decidere i nostri percorsi di vita?

Una delle cose con cui faccio i conti ogni giorno è che l’incertezza crea la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire quello di cui è capace ma, al tempo stesso, non basta l’intera esistenza, per capire se e quanto ne sia valsa, davvero, la pena.

Se, come diceva Bob Dylan essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro, io non saprei dire quanti anni mi sento, arrivati a questo punto del cammino…

Non mi resta che tornare a guardare il mare che, per me, è, al tempo stesso, una sorta di ripostiglio (in cui ritrovare un po’ di quello che abbiamo perduto, o che non abbiamo avuto) e una specie di collante, in grado di unire i luoghi che, apparentemente, separa.

Il fatto è che, a dirla tutta, mi sento in prima linea, all’interno di una metaforica trincea. Davanti a me non c’è più nessuno a coprirmi: devo agire da solo. Perché sono un adulto, ormai.

In questa sera d’agosto “Elettrica” e “veloce”, il mio risveglio, mi assapora di note agrodolci… guardo nel soggiorno…

…e non c’è più il divano!

È proprio vero, “Il Cielo ha dato tre cose agli uomini come contrappeso a tante difficoltà: la speranza, il sonno e il sorriso”.

Un buon inizio. Almeno per me.

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

Arrivederci alla prossima pillola di resilienza che avrà per titolo: “La vita che vorrei”

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