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Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente, riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati diventano presenti, futuri, eterni. Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare. (Janusz Korczak)

Sir, excuse me. I’m spoiling your job…” (“Signore, mi scusi, sto rovinando il suo lavoro”). Caro Sergio, abbiamo inziato cominciato ad apprezzarti leggendo quello che, d’istinto, hai detto all’ultimo degli inservienti, chino sui brillanti pavimenti del dipartimento del Tesoro Americano, a Washington, una sera di fine marzo 2009, dopo la riunione cruciale per l’acquisizione di Chrysler da parte di Fiat. 

Una questione di pregiudizi nei tuoi confronti. ci spiace esserci arrivati così tardi.

Oscuro personaggio presente (in giacca e cravatta) nel consiglio di amministrazione FIAT già nel 2003, gli unici a conoscerti (mentre dirigevi una società, in Svizzera, che si occupava di certificazioni) pare fossero Umberto Agnelli e Gianluigi Gabetti (stretto collaboratore di Gianni Agnelli).

Nessuno sapeva chi tu fossi anche quando, nel 2004 (questa volta, col maglioncino scuro) salisti il gradino del comando. Al punto che potesti testare personalmente la scarsa efficacia dei dipendenti di una nota concessionaria, proprio a Torino, senza il rischio di essere scoperto.

Chissà lo stato d’animo del responsabile quando, chiamandolo in disparte gli hai detto: “Piacere, sono Sergio Marchionne, l’Amministratore delegato della Fiat… lei è licenziato!”

Pur riconoscendoti Uomo Forte e capace di aver salvato la più grande industria nazionale (o meglio, di averne evitato il fallimento “disperdendola” all’interno di una galassia che, fra poco prenderà il nome, appunto, di “Stellantis, ulteriormente confusa all’interno del gruppo automobilistico PSA), non abbiamo mai avuto grande simpatia per te.

Sarà perchè il tuo linguaggio ricalcava un modello “pane al pane e vino al vino” più Canadese che Italiano (grave ad esempio, a nostro giudizio, screditare oltre misura il prodotto che rappresentavi: “A chi ha comprato l’Alfa Romeo 159, dovremmo restituire i soldi” – “La Lancia non ha futuro; ho provato con tutte le mie forze ma, proprio, non le vuole nessuno!” – “La Fiat, alla lunga, potrà vendere solo le 500 e, forse, la Panda…”), sarà perchè ti abbiamo visto stracciare il Contratto Collettivo di Lavoro e costringere (soprattutto a Pomigliano d’Arco) gli operai a turni massacranti, sarà perchè ti abbiamo valutato troppo attendista nell’impiegare anni (a cavallo della crisi post 2009) prima di mettere in cantiere un nuovo modello di automobile. 

Nei ricordi di ogni uomo ci sono certe cose che egli non svela a tutti, ma forse soltanto agli amici. Ce ne sono altre che non svelerà neppure agli amici, ma forse solo a sé stesso, e comunque in gran segreto. Ma ve ne sono infine, di quelle che l’uomo ha paura di svelare perfino a sé stesso e, ogni uomo perbene, accumula parecchie cose del genere.” (Fëdor Dostoevskij)

Ci sei sembrato fastidiosamente molto diverso, insomma, dal sanguigno Luca Cordero di Montezemolo che hai, addirittura, defenestrato da Capo della Ferrari, senza (apparente) riconoscenza per il fatto che, da Presidente della FIAT (nei tragici momenti del 2004) all’indomani della morte di Gianni e Umberto Agnelli (scomparso anche il rampollo “Giovannino”) ti ha voluto (con il benestare di Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens) come comandante in campo (Amministratore Delegato) di ciò che restava di un grande Impero.

E, ad oggi, ciò che resta della “grande armata rossa” in Formula Uno, somiglia ad un esercito in cui operano molti volenterosi e competenti ma nel quale, nessuno di loro sarà mai in grado di cavalcare verso il nemico seguito dalla fede di chi crede in lui (o in lei)…

Nessuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la potenza dell’umano intelletto, né l’altezza e nobiltà dell’uomo, che il poter l’uomo conoscere e fortemente sentire la sua piccolezza. (Giacomo Leopardi)

Per la correttezza che dobbiamo a noi stessi e vista la professione che ci vede introspettivi “sine die”, non abbiamo potuto esimerci dal capire i motivi di questa sorta di nostro “controtransfert negativo” nei tuoi confronti, pur riconoscendo una comune appartenenza a un mondo di prevalente Solitudine e la stessa importanza che abbiamo dato al modello di studio “matto e disperatissimo” come unica via per riuscire a centrare obiettivi importanti.

Sono trascorsi 5 anni da quando hai spento il tuo motore ma ci piacerebbe molto che fossi qui…

Potremmo confrontarci sul reciproco concetto di Patria, che tu conosci bene in quanto figlio di un maresciallo maggiore dei carabinieri, nonché segretario (dal 1982 al 1985) dell’Associazione dei Carabinieri a Woodridge (in Canada) che porta il nome di tuo padre Concezio (emigrato, con voi, per offrirvi un futuro migliore) e con una madre orfana per via di quella vergogna chiamata “Foibe”.

Si, perchè, quando sentiamo chi ti acclama come salvatore di un “bene” Nazionale (la Fiat, appunto), noi vorremmo rispondere che, in realtà, hai preso un piccolo reduce tricolore morente (la Fabbrica Italiana Automobili Torino) e lo hai proiettato in un Universo globale che ha (ci sembra) sede legale in Olanda e domicilio fiscale in Gran Bretagna, è oramai in mano ai Francesi del gruppo PSA e, in parte, controllata dal Gruppo Exor (cassaforte degli Agnelli), si chiama STELLANTIS, ha “sganciato” (per questioni di “cassa”) la Ferrari e (come logica di Mercato vuole) sta “Francesizzando” ogni nuovo modello, dopo aver chiuso tutte le commesse industriali alle realtà italiane che collaboravano con voi, come fornitori di componenti.

Insomma, un’idea di Patria molto diversa da quella che, a scuola, ci hanno spiegato essere derivante, etimologicamente, dal concetto di “Terra dei Padri”

Eppure, siamo convinti che, insieme, concluderemmo che un “Luogo Sovrano”, viene connotato da un ambito territoriale, tradizionale e culturale, cui si riferiscono le esperienze affettive, morali, politiche di ciascuno in quanto appartenente a un Popolo.

E la mente va ai tanti martiri dell’Unità Nazionale, ai moti risorgimentali, alla Repubblica Napoletana, ad Armando Diaz, alla divisione Acqui massacrata dai nazisti a Cefalonia all’indomani dell’armistizio del 1943…

Non volercene Sergio

Ma ti abbiamo paragonato, a lungo, a un “bean counters” (“contatore di fagioli” che si limita a far tornare i conti, senza passione alcuna per il proprio lavoro) piuttosto che ad un “car guys” (che ama il prodotto che crea).

Siamo arrivati, addirittura a sovrapporre la tua immagine a quella del Re (a nostro giudizio, “vigliacco”) Vittorio Emanuele Terzo, gracile nel fisico, debole nel carattere con due macchie indelebili nella sua carriera (l’aver sempre assecondato il volere di Mussolini e l’aver lasciato il Paese allo sbando dopo l’8 settembre 1943).

Per quel che ti riguarda, sei apparso un Tycoon “drogato di Capitale” e incline a fonderti (senza morale ma con un’idea affine al meretricio) col migliore offerente.

E, forse, ci sbagliavamo…

Non so se la filosofia mi abbia reso un avvocato migliore o mi renda un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli occhi, ha aperto la mia mente ad altro (Sergio Marchionne)

Sì, perchè, da buon Filosofo (ma, anche da avvocato ed Economista) avevi fatto tuo il pensiero di Euripide, in base al quale “così come tutto l’aere è attraversabile per l’Aquila, tutta la Terra è Patria per l’uomo nobile

Ci consideriamo dei discreti analisti degli eventi storico – politico – sociali che hanno “fatto” l’Italia e abbiamo vissuto i moti rivoluzionari studenteschi degli anni ’70 ma, probabilmente ci siamo “distratti” un po’ da quando, negli anni ’90, siamo stati rapiti dai meandri dell’inconscio individuale inteso come costola di quel grande Inconscio collettivo che, su basi di Leggi di Natura, ci ha portato ad essere l’evoluzione di quello che è accaduto dal Big Bang ad oggi.

Dunque, facciamo un po’ di conti…

La Fiat nel 1984 con la UNO si ritrovava un prodotto tra i più venduti dell’auto europea. Al punto che, grazie a lei, Torino poteva competere con Wolfsburg, sede dalla Volkswagen, per il primato continentale. Già da tempo la Olivetti del Grande Adriano aveva l’M24, il pc più venduto al mondo e, ciliegina sulla torta, i grandi sarti Italiani (da Giorgio Armani a Valentino, passando per Gianni Versace), aprivano le loro boutique nelle città internazionali più prestigiose e, il made in Italy incideva sui consumi e sull’idea di bellezza…

Caro Sergio…

Forse, “quel” 1984 segna il punto di arrivo di una industrializzazione partita quasi 100 anni prima, evolutasi come modello di “successo democratico” negli anni ’50 (in cui fioriscono le “fabrichette”del nord est capaci di rendere forti imprenditori, degli artigiani volenterosi), sopravvissuta al piombo degli anni ’70 (epoca del modello “Fordista” della sottomissione dell’uomo alla fabbrica) ma che inizia a Scricchiolare senza che, i più, se ne rendano conto.

Da “addetto ai lavori”, avrai ascoltato (con non poca apprensione) la celebre l’affermazione di Gianni Agnelli agli azionisti (e siamo ai primi anni ’90): “La festa è finita!”

Come già spiegato in altri editoriali, riteniamo che nell’immaginario collettivo dell’Italia di quei tempi, la figura dei Savoia del dopo 1860/1870 sia stata incarnata dagli Agnelli; con molte similitudini (in chiaro scuro) perchè, se da una parte (con gli stabilimenti di Mirafiori) si è offerta opportunità di lavoro alla gente del Sud (così come, nel secolo precedente, gli si era stata data una Unità Nazionale con Garibaldi), da un’altra parte, si è impoverito ancora di più un comparto geografico già punito e ridimensionato (nella sua ricchezza culturale, economica e industriale del Regno delle due Sicilie) dal rigore ottuso dei “Piemontesi” Risorgimentali.

L’intera Finanza italiana, sotto la “protezione” e la “direzione” di Enrico Cuccia e della sua Mediobanca ha vivacchiato con la complicità della Democrazia Cristiana e (in parte) del Partito Comunista dell’epoca.

Ma perché è cambiato Tutto? E soprattutto, da cosa nasce il Mondo Globalizzato?

Per quanto strano possa sembrare, tutto è cominciato dopo che il 9 novembre del 1989 i berlinesi accorsero armati di piccone per demolire una volta per tutte l’odiato muro, il cui crollo fu universalmente interpretato come un segno del fatto che la divisione in due blocchi dell’Europa stava definitivamente finendo.

Si, perchè, fino ad allora l’Europa (ma, di fatto, l’intero globo terracqueo, sul piano Politico) era divisa in due blocchi contrapposti con, al centro, l’ITALIA a fare da cerniera fra America e Unione Sovietica e a rappresentare una propaggine nel Mediterraneo (con “basi” politico economiche in Tunisia e Libia) con buoni rapporti verso Israele e legami ancora migliori con i Palestinesi di Yasser Arafat.

Una potenza, resa tale dai soldi (e dalla convenienza ricavata) delle due superpotenze: Stati Uniti e URSS

E così, la nostra Politica della Prima Repubblica ha tratto vantaggi enormi passando dalla stanzialità della Democrazia Cristiana e dal “molossismo” comunista verso la supremazia di Milano con il ridimensionamento di Torino e dei vecchi “salotti buoni”, con i Socialisti di Bettino Craxi prima (i quali, più degli altri, hanno confuso i bilanci del partito con le rendite personali) e con Silvio Berlusconi (che ha fuso definitivamente politica, economia, aziende e Televisione commerciale di Basso profilo) all’alba della Seconda Repubblica.

Nel mentre, il MONDO liberatosi dai ferrei confini della gelida “Cortina di ferro” del blocco Sovietico cambiava a ritmi vertiginosi consegnando sempre più la Politica (intesa come la Scienza e la Tecnica, che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica) al potere economico. Attualmente, per quel che ci riguarda potremmo parlare di terza o, addirittura quarta Repubblica (?) che neanche la pandemica e paradossale opportunità del COVID -19  è riuscita a far risalire un precipizio senza ritorno (e senza fine) grazie agli aiuti di “solidarietà europea” (vedi P.N.R.R.)

Un uomo che ha figli, dona ostaggi alla fortuna (Paul Getty Senior)

Caro Sergio, una mente raffinata come la tua, non potrà convenire con noi che, il modo di pensare di chi vuole soldi non come mezzo (per ottenere dell’altro…) ma, semmai, come finalità compulsiva atta a produrre altro danaro a scapito del bene collettivo, ha trattato la finanza in maniera diversa da quello che intendeva, di base, l’economia (ossia, l’organizzazione dell’utilizzo di risorse al fine di soddisfare, al meglio, i bisogni individuali e collettivi).

Quando si diventa ricchi, si scoprono opportunità e si aprono le porte dell’abisso che inghiotte ogni cosa (Paul Getty Senior)

A queste condizioni, un po’ alla volta, sfruttando la possibilità di un Mercato Globalizzato su cui non tramonta mai il sole, la Dittatura perfetta (con sembianze di democrazia) ha creato un sistema dove, grazie ai consumi e al divertimento (sulla scorta del “Panem et circenses” di antica memoria) gli schiavi amano la loro prigione senza (apparenti) mura al punto tale da non pensare assolutamente di fuggire, in quanto completamente dipendenti da essa…

E, nel 2004 (quando il futuro era già dell’Information Technology e delle start up agguerrite) sei arrivato tu al capezzale di una struttura non più rispettata, semismantellata, senza un modello di automobile in grado di competere con la concorrenza (che, nel frattempo aveva visto l’invasione della case asiatiche sempre più attente ai gusti occidentali, a prezzi molto concorrenziali) e capace di perdere 5 milioni di Euro, ogni giorno.

Dicono che sia addirittura riuscito a sostituire, (quasi) ogni componente della tribù improduttiva degli Agnelli (tranne l’operoso e volenteroso John Elkan che hai voluto alla Presidenza della  FCA e che dovrebbe restare alla guida del nuovo mega gruppo Stellantis).

Alla luce di ciò, mi sembra che tu sia andato oltre l’opera di chi ha sostituito il Generale Cadorna dopo la sconfitta di Caporetto, mostrandoti capace di inglobare la terza casa automobilistica americana (la Chrysler) per realizzare un soggetto unico a dimensioni planetarie perchè, nel frattempo, Patria è divenuto quel posto ubiquitario in cui (per dirla alla Stendhal) incontriamo tante persone che ci somigliano.

Forse, è anche per questo che hai incarnato il tuo essere “personaggio” attraverso un anonimo maglioncino scuro (anche se di ottima fattura e con un po’ di narcisismo).

Io sono così. Il tizio con il maglione. Almeno non mi confondo la mattina nell’armadio. I miei maglioni hanno un piccolo tricolore sulla manica. E lo porto con orgoglio, io

Se è vero che “i destini individuali e la quotidianità delle famiglie sono piccoli alberi nella foresta della Storia (Paolo Bricco – “Marchionne: lo straniero” – Rizzoli 2018), dicono di te che (pur avendolo nascosto all’interno di una Privacy blindatissima) i tuo sacri Lari siano stati il Rigore della figura del Carabiniere, il calore e la Forza della Famiglia e l’Importanza dello Studio: quindi, non sbaglierei di molto se dicessi che hai portato, nel tuo cuore, l’idea di quella Patria lasciata a tredici anni e ritrovata dapprima negli Italo Canadesi e, poi, ovunque ci fosse un interlocutore col quale parlare in maniera “dura ma giusta”.

Noi tutti siamo fatti di parole, siamo fatti di linguaggio, ma siamo fatti delle parole e del linguaggio dell’Altro, di come i nostri genitori – che sono il nostro primo grande Altro – ci hanno non solo chiamati, ma ci hanno offesi, ci hanno colpiti con le parole, ci hanno feriti, ustionati, ci hanno amati, ci hanno deliziati, ci hanno resi insostituibili. Noi siamo fabbricati, il nostro corpo, il nostro essere, la nostra anima sono fabbricati dalla parola dell’Altro…  (Massimo Recalcati)

E accanto alle sofferenze patite da chi non ha retto i tuoi ritmi (e che ti hanno reso particolarmente inviso) trovo un ragazzo che, durante un dibattito pubblico con Ferruccio de Bortoli (allora direttore de “Il Sole 24 Ore”) dice: “Se non fossi diventato un Manager, mi sarebbe piaciuto studiare Fisica, giusto per capire le traiettorie e movimenti della pioggia; perchè, fin da bambino, mi ha affascinato la pioggia che cade”.

Nel 2004 perdevamo cinque milioni di euro al giorno, ma quando andai in ufficio in Italia ad agosto non c’era nessuno. Così chiedo: ‘ma dove sono tutti?’ e mi dicono: ‘in ferie’. ‘ma in ferie da cosa?’, dico io. Nel mondo se ne fregano d’agosto. In Brasile, negli Stati Uniti ad agosto lavorano. E noi? Noi siamo convinti che siamo la Fiat e tutti ci aspettano… A quel tempo perdevamo 5 milioni di euro al giorno, 5 milioni, ed io ero in ufficio da solo…;

Caro Sergio, avresti potuto scegliere qualsiasi facoltà economica o scientifica per attrezzarti armonicamente nel mondo della industria e della tecnologia.

Certo, ti sei perfezionato in altri studi accademici di alto profilo ma resta il fatto che sei partito dalla Filosofia, addirittura contro il parere dei tuoi (“Dopo la prima laurea in filosofia mio padre aveva già scelto il colore del taxi che voleva farmi guidare perché diceva che non sarebbe servita a nulla”).

Cosa ti ha spinto?

A nostro avviso, ti sei basato sull’aver capito che, prima di preoccuparti di qualsiasi campo, è basilare preoccuparsi del pianeta “Essere Umano” nelle sue varie declinazioni personali e sociali.

Solo curando lo sviluppo del pensiero si può essere stimolati per entrare in campo in modo fruttuoso nelle dinamiche sociali e industriali.

La filosofia, se adeguatamente frequentata, è, ci si passi l’audacia, come un drone che dall’alto offre una visione completa e di insieme consentendo di “osservare” ciò che moltissimi non vedono.

Tanti si sono preoccupati di strategie industriali ma, coinvolti nel processo, non sono stati in grado di leggere ciò che il futuro avrebbe richiesto e premiato.

Solo il grande manager che “legge” il futuro può fare delle scelte nuove e “pensare” i cambiamenti di un grande gruppo, in modo rivoluzionario e vincente.

Quindi, ammaliato dai tanti progetti che avrebbero avuto successo e fatto scuola, non avevi il “culto” delle vacanze, almeno per come tradizionalmente le intende chi lavora per tutto l’anno e aspetta il mese di ferie per “essere sé stesso” e fare chissà cosa.

Il lavoro creativo, per te, era esso stesso vacanza, perché tendeva a realizzare degli obiettivi che avrebbero evitato crisi grandiose, per tutti dannosi e, in primis, al fattore umano presente in ogni azienda.

Probabilmente, chi ha responsabilità di alto livello deve vivere secondo codici di comportamento che tengano conto di come, dalle scelte fatte, dopo adeguata ponderazione, dipenderà il futuro di tante persone.

Il termine “vacanza” è legato all’idea di libertà.

Per un grande manager, la libertà è avere il privilegio e l’onere di scegliere non solo per sé ma, soprattutto, per tanti altri.

La libertà a cui aspira l’uomo moderno non è quella dell’uomo libero, ma quella dello schiavo nel giorno di festa. (Nicolas Gomez Davila)

E forse, allora, è questo il motivo per cui Vacanza e lavoro sono stati, per te, sinonimi speculari.

E, alla fine, anche per te è giunto il momento di “andare”.

Un amico ci ha scritto: “Tutto può finire in un attimo. Ma non hanno aspettato neanche il decesso. Ha perso i diritti civili e se ne sono sbarazzati”, io ho risposto: “Penso che abbia rappresentato l’emblema del nuovo modo di essere Sistema e, cioè, un organismo fagocitante con l’unico obbiettivo di autoalimentarsi (al riparo da evoluzioni utili), capace di sostituire ogni pezzo. Senza rimpianto o emozione. Con l’intento del profitto. In questo, i suoi discepoli lo hanno superato, sostituendolo senza rispetto alcuno”.

Caro Sergio, come qualunque grande realizzatore, ci sono state diverse decisioni per le quali sei stato aspramente criticato e che ti hanno chiuso in un mondo di austera, profonda anche se produttiva Solitudine…

“Sono nato in Abbruzzo, a Chieti ma per motivi familiari sono vissuto all’estero la maggior parte dei miei anni. Ho dovuto abituarmi troppo presto a cambiar casa, abitudini e amici, Avevo 14 anni quando la mia famiglia si è traferita in Canada e confesso che non è stato facile. Non è mai facile iniziare tutto da capo, in una terra sconosciuta dove si parla una lingua straniera, imparare a gestire la solitudine di alcuni momenti. Non è facile lasciare le certezze del tuo mondo abituale per le incertezze di un mondo nuovo. Aveva ragione Cesare pavese quando disse che viaggiare è una brutalità perché obbliga ad avere fiducia degli stranieri e a perdere di vista il confort familiare della Casa e degli Amici… Ci sente costantemente fuori equilibrio in una dimensione nella quale nulla è nostro tranne le cose essenziali: l’aria, il sonno, i sogni, il mare e il cielo…”

Qui finisce la tua storia di uomo. Pare, infatti che, queste parole siano state le ultime pronunciate in un pubblico e vasto consesso

Ciao Sergio. E buona continuazione di viaggio in quella dimensione galattica che, forse, ha ispirato il nome della Holding (veramente) globalizzata che si chiama, appunto, “Stellantis”.

La tua vita non è stata affatto facile, fin da quando hai lasciato i luoghi che amavi e hai perso, tragicamente, la tua sorella minore; ora, io vorrei solo ricordarti che ho letto da qualche parte (e ne sono convinto) che “Quando un Uomo bussa alla dimora della solitudine, ad aprirgli la porta è sempre Dio”.

Cari Lettori, ci scusiamo se vi siete sentiti trascurati da questa intima conversazione. Non è stato l’equivalente di guardare lontano dall’obiettivo che ti riprende mentre il pubblico fissa il monitor. Abbiamo inteso, semmai, realizzare una circolarità di emozioni in cui coinvolgere, innanzitutto, voi che ci leggete e che, per questo siete nei nostri cuori.

In conclusione di questa passeggiata, insieme, vorremmo salutarvi con un bellissimo brano che ricalca il senso di questo particolare editoriale e nel quel, siamo certi, ci ritroveremo tutti.

Ho imparato a sognare

Ho imparato a sognare, Che non ero bambino, Che non ero neanche un’età
Quando un giorno di scuola, Mi durava una vita E il mio mondo finiva un po là
Tra quel prete noioso Che ci dava da fare E il pallone che andava
Come fosse a motore
C’era chi era incapace a sognare E chi sognava già
Ho imparato a sognare E ho iniziato a sperare
Che chi ha, da avere, avrà
Ho imparato a sognare Quando un sogno è un cannone
Che se sogni, Ne ammazzi metà
Quando inizi a capire, Che sei solo e in mutande
Quando inizi a capire Che tutto è più grande
C’ era chi era incapace a sognare E chi sognava già

Tra una botta che prendo E una botta che dò
Tra un amico che perdo E un amico che avrò
Che se cado una volta Una volta cadrò
E da terra, da lì m’alzerò

C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

Ho imparato a sognare Quando inizi a scoprire
Che ogni sogno Ti porta più in là
Cavalcando aquiloni Oltre muri e confini
Ho imparato a sognare da là
Quando tutte le scuse Per giocare son buone
Quando tutta la vita È una bella canzone
C’era chi era incapace a sognare E chi sognava già

Tra una botta che prendo E una botta che do
Tra un amico che perdo E un amico che avrò
Che se cado una volta Una volta cadrò
E da terra, da lì m’alzerò

C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

“Siate come i giardinieri, investite le vostre energie e i vostri talenti in modo tale che qualsiasi cosa facciate duri una vita intera o perfino più a lungo” (Sergio Marchionne)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la preziosa disponibilità

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