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La cavallina storna

O cavallina, cavallina storna,

che portavi colui che non ritorna;

tu capivi il suo cenno ed il suo detto!

Egli ha lasciato un figlio giovinetto;

il primo d’otto tra miei figli e figlie;

e la sua mano non toccò mai briglie.

Tu che ti senti ai fianchi l’uragano,

tu dai retta alla sua piccola mano.

Tu c’hai nel cuore la marina brulla, tu dai retta alla sua voce fanciulla…

Qualcuno sostiene che, nei pomeriggi tristi di Vilar Perosa, Virginia Bourbon del Monte principessa amante dell’arte e della cultura, rimembrasse spesso i famosi versi di Giovanni Pascoli e, con lo sguardo rivolto alle bellezze della Natura, malinconicamente attendeva non più Edoardo, il giovane marito da poco morto per un tragico incidente, quanto quella “libertà” di pensiero e di azione, toltale dal suocero, il Senatore Giovanni Agnelli Senior, che mal sopportando quello spirito indomito, riuscì a privarla anche della potestà dei suoi sette figli.

In quest’aria di lutto mai profondamente elaborato, cresce il giovane Gianni Agnelli, a cavallo (come i suoi fratelli) fra l’amore della Poesia trasmesso dalla madre e la tetra mentalità mitteleuropea imposta dal nonno, militare in carriera e iniziatore dell’Impero della FIAT.

La passione per l’arte cresce con la maturità. Mio padre mi portava fin da bambino a visitare i musei perché riteneva che il bello educasse, che il gusto si affinasse dall’infanzia. E aveva ragione (Gianni Agnelli)

La psicoanalisi parla di “scudo paraeccitatorio” riferendosi all’enorme funzione protettiva dei genitori che, alla stregua dei supereroi, tranquillizzano i figli con la loro semplice presenza.

Cari Lettori, l’Avvocato (il suo nome d’arte, come  confessò al Cardinale Severio  Poletto) incarnava, piuttosto, l’immagine di un Monarca in stile “Riccardo cuor di Leone”….

Mettigli una corona in testa, mettilo su un cavallo: è un Re! (Federico Fellini)

E, in effetti, ricevute le redini della Fiat direttamente dal “Deus ex Machina”: il fondatore Giovanni (pur con la supervisione di Vittorio Valletta) è divenuto il nuovo sovrano sabaudo dopo la fine della dinastia dei Savoia.

La mia vita coincide per tre quarti con quella della fiat. E il mio rapporto con la fiat è per metà di memoria e per metà di vissuto.

Un re triste (anche se molto meno del fratello Umberto) con, se vogliamo, molte “luci” ma, anche, con più di qualche ombra. Soprattutto sul piano affettivo.

Io lo stimo. È un capitalista che fa il suo mestiere ma non è favorito dalla fortuna. (Luciano Lama)

Una sorta di Telemaco in attesa di un Ulisse che diventa (per volere del nonno) la stessa FIAT e che, in solitudine, assiste ad una terribile apertura e chiusura del cerchio della vita perdendo, tragicamente, due Edoardo: Il padre e il figlio.

Del primo, possiamo immaginare che gli restò il dispiacere di non averlo visto invecchiare all’ombra della sua figura di figlio “predestinato”.

Del secondo, probabilmente il rimpianto per non avergli detto “ti voglio bene” per come il cuore di un bambino (seppur seppellito dalla dura “terra” della Vita) è in grado di “donare”…

I genitori dovrebbero vivere in simbiosi con i propri figli insegnandogli a vedere, in loro, dei forti alleati e di non entrarvi mai in competizione perché, altrimenti, si potrebbe non saperne reggere il peso… (Gianni Agnelli)

Ma, nonostante la sfortuna che certo non lo risparmiò, Gianni Agnelli restò amante della dolce vita, riuscendo a coniugare i piaceri con i doveri del grande imprenditore.

In lui non c’era nulla di provinciale perché, nella sua piemontesità, era cittadino del mondo.

La mattina veniva segnalato in America a parlare, magari, con Henry Kissinger e, nella stessa giornata, finiva con essere protagonista di qualche evento di particolare rilevanza in una delle maggiori capitali europee.

Coi mezzi dell’epoca (macchine, aereo personale, elicotteri) cercava di annullare il tempo in ciò che a noi, comuni mortali, non era concesso neanche immaginare.

La psicoanalisi avrebbe tradotto  tutto ciò col bisogno, un po’ “borderline”, di allontanare la noia e il vuoto interiore che lo accompagnava sin da bambino…

Tutto quello che ho, l’ho ereditato. Ha fatto tutto mio nonno. Devo tutto al diritto di proprietà e al diritto di successione, io vi ho aggiunto il dovere della responsabilità.

Quando, giovanissimo, a nome della famiglia ereditò la Fabbrica Italiana Automobili Torino (la Fiat) all’incontro col Dominus Vittorio Valletta, esordì dicendo: “E’ lei che comanda, Professore!”

Salì sul “trono” al raggiungimento dei 45 anni.

Con tale modus vivendi poté dedicarsi alla vita mondana, alle macchine stupende e personalizzate, alle donne bellissime.

Già all’età di 26 anni divenne presidente della squadra di calcio che il padre Edoardo aveva portato al ruolo di “prima donna” nel calcio italiano: la Juventus e, come abbiamo già scritto, si spostava continuamente, in ogni dove, nel Mondo, frequentando i luoghi più mondani d’Europa, le persone più famose del jet-set internazionale: attrici, principi, magnati, uomini politici (i suoi rapporti di amicizia con John Fitzgerald Kennedy, allora senatore democratico, risalgono a quegli anni come pure la frequentazione dei banchieri David D. Rockefeller e André Meyer, conosciuti attraverso Enrico Cuccia)

Questo tipo di vita non disturbò, ufficialmente e apparentemente, la vita familiare, tanto che Marella, sua moglie, fu con lui sino alla morte.

A nostro avviso, c’è un episodio nella vita di Gianni Agnelli che ci dice molto del suo carattere coriaceo: l’incidente automobilistico che, per poco, non gli costò la vita.

Rimase una menomazione ad una gamba. Ma lui, con le opportune cure, non si fece mai condizionare nei decenni successivi dal problema della zoppia residua, continuando senza sosta.

La sua presenza, nei momenti critici, non è mai mancata: dall’esporsi, nell’operazione di finanziamento da parte di Gheddafi, alla “marcia dei 40.000 “ per le vie di Torino per dire “No” all’azione erosiva di alcuni sindacati, irrobustita anche dalla presenza brigatistica…

Chiamato a svolgere la funzione di senatore a vita, dal Presidente Cossiga, portò in Parlamento una acuta sensibilità verso quelli che riteneva essere gli interessi comuni della Società italiana

La creatività è il piacere più grande. È il solo vero valore aggiunto della vita, capace di comprendere tutti gli altri. (Gianni Agnelli)

Ne dà testimonianza il suo ultimo intervento pubblico, a Palazzo Giustiniani, un anno prima della sua scomparsa: “Per secoli, gli uomini hanno pensato che un destino diverso da quello altrui attendesse ogni comunità nazionale. E perché questo destino si avverasse, non hanno esitato ad utilizzare gli strumenti, anche i più cruenti, della conquista e del predominio. Oggi, la compagine mondiale ha fatto sua la convinzione che si può percorrere un cammino comune, nel reciproco rispetto e nella reciproca valorizzazione. Ha fatto sua la convinzione che esiste un destino comune nel conquistare insieme l’affrancamento da ogni genere di povertà e privazione materiale e immateriale”.

Cari Lettori, è chiaro che, di un personaggio così “vasto”, si può vedere più di un ambito nascosto, più di una di quelle verità “che il tacere è bello”…

Noi, però, da ricercatori dell’Anima, abbiamo tentato di capire cosa poteva celarsi all’interno di quel mondo austero, forte e, al tempo stesso, alla disperata ricerca di ritrovare i propri sogni di bambino che “attende colui che non ritorna,,,”

E ci è sembrato naturale accostarlo al Marco Visconti raccontato dalla Rai in una miniserie televisiva del 1975

Nella Milano del XIV secolo, il nobile condottiero Marco Visconti conosce la contessa Bice del Balzo, figlia di una donna, Ermelinda, da lui amata in gioventù, che gli fu impedito di prendere in moglie, perché la famiglia di lei impose a Ermelinda di sposarsi con il conte Oldrado del Balzo, con cui vive ormai da tempo a Limonta, sulle rive del lago. La straordinaria somiglianza della ragazza con sua madre fa in modo che Marco s’innamori follemente di Bice. ma Bice è innamorata e promessa in sposa al giovane cugino di Marco, Ottorino Visconti; Marco, tenta dunque di impedire le nozze, rapendo sia Bice che Ottorino, con l’aiuto del suo altro cugino, Lodrisio, e di Pelagrua. Su pressione di Ermelinda, Marco fa liberare i due ostaggi, ma è troppo tardi, perché Bice muore durante la prigionia gettandosi dalle mura del castello e Ottorino parte per le crociate, trovandovi la morte. (Fonte Wikipedia)

Ecco, cari Lettori, in ciò che Umberto racconta subito dopo la morte del fratello (negli ultimi giorni di vita, Gianni era angosciato per non essere riuscito a proteggere la creatura che amava tanto e mi chiese di prenderne il timone e, io, solo perché gli volevo bene, risposi, soffertamente, “si, va bene, lo faccio”. Lui si addormentò con un peso in meno) abbiamo ritrovato l’angoscia di Marco Visconti (interpretato da un Raf Vallone straordinariamente somigliante al nostro “Avvocato”) per la consapevolizzazione della propria, sopita, impotenza e abbiamo tentato di trasporlo in questo particolare lavoro, a 20 anni dalla sua morte, con la significativa immagine di copertina  e la sigla finale dello sceneggiato  televisivo…

Cavalli Ricamati

Cavalli ricamati

sull’arazzo del passato

passato che ritorna

su un accordo in si minore.

Leggende dove guerra

è sempre sposa dell’amore

amore che tu insegui

e non raggiungi quasi mai.

Io sono nato il giorno

che ho veduto il tuo sorriso

e fui ferito a morte

quando ti hanno rubata a me.

Le acque dei torrenti

Sono lacrime d’amore

e ogni lacrima mi dice

meglio vivere infelice

che felice senza averti vista mai.

Vivrò tutta la vita

per cantare il nostro amore

ed ogni trovatore

che il mio canto sentirà.

Lo porterà lontano

oltre monti ed oltre mare

il tempo può passare

questo canto durerà.

E volerà leggero

come polline di fiore

per secoli d’amore

altri amori sveglierà.

E immagino gli amanti

che lo cantano a memoria

e poiché saranno tanti

sull’arazzo della storia

qualche cosa di noi due

resterà.

“Non chiamatemi Senatore. Ogni volta che sento questa parola penso a mio nonno, che per me e la famiglia è tutto. Il Senatore è lui. Il mio nome d’arte è Avvocato Agnelli, ed è giusto così”.

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto per la collaborazione offerta 

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