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Hai ragione tu, lupo della steppa; mille volte ragione, eppure devi perire. Per questo mondo odierno, semplice, comodo, di facile contentatura, tu hai troppe pretese, troppa fame, ed esso ti rigetta perché hai una dimensione in più. Chi vuole vivere oggi e godere la vita non deve essere come te o come me. Chi pretende musica invece di miagolio, gioia invece di divertimento, anima invece di denaro, lavoro invece di attività, passione invece di trastullo, per lui questo bel mondo non è una patria…”. (Hermann Hesse, “Il lupo della steppa”)

Cari Lettori, ci siamo resi conto del fatto che non è per nulla semplice parlare di uno dei più conosciuti Maestri della comunicazione contemporanea che, da poco, ha interrotto il proprio “viaggio terreno”.

Maurizio Costanzo, infatti, ha scritto libri, copioni, testi musicali, biografie parlando di sé senza “dire” di sé qualcosa in grado di caratterizzarlo e tramandarlo ai posteri…

Eppure, a osservarlo, ha gestito ovunque la scena con perfetta regia. E, da quello che lui stesso scrive, ha favorito (in qualità di garante autorevole) accordi finanziari di particolare rilievo: “Mi ricoverano. Maria avverte Silvio Berlusconi del mio intervento chirurgico. Il pomeriggio del giorno dopo avevo in agenda un appuntamento, a Milano, con Rosella Sensi, Franco Baldini e Piersilvio Berlusconi per l’accordo sui diritti del digitale terrestre, da me sollecitato. L’incontro è trasferito nella mia stanza d’ospedale. È una delle trattative più surreali di ogni tempo. Io in vestaglia, forse morituro, loro che parlano di milioni di Euro, di tv digitale, di strategie…”

Una sorta di “consigliori” (senza offesa per nessuno) abile e discreto, che gode per conto terzi.

La psicoanalisi parlerebbe di “strategia del terzo escluso” che riguarda la “resa” del bambino, al termine del combattimento dell’Edipo, il quale osserva impotente il proprio padre “prendersi” ogni intimità con colei che riteneva proprietà esclusiva: la mamma.

Il dramma, in una simile circostanza, nasce da come si “attraversa” emotivamente questo cosiddetto “Edipo”. Perché, se non è chiaro quale sia il giusto posto (e il corretto ruolo) di ogni componente della triade familiare (Madre, padre e figlio), iniziano a manifestarsi i primi vagiti di perversione, attraverso il  godimento (ad esempio) nel sapere la mamma nelle braccia di un “altro”.

Tale condizione, determina una sorta di “incagliamento” della personalità, all’interno delle svariate sfumature di “borderline” che, facendo percepire di essere rimasti a metà del cammino del contrasto edipico, condannano alla visione di enormi voragini, soprattutto interiori, foriere di ossessioni compulsive nella speranza di attenuare la percezione di vuoti e di noia…

E allora forse, partendo dall’incipit inziale di Herman Hesse, possiamo capire il senso di un particolare ricordo di Maurizio Costanzo: “Da piccolo osservavo, da casa, i miei coetanei perdersi dietro a un pallone e, alitando sui vetri del balcone, io scrivevo: M’annoio!”

Quelle “punte” di timidezza compensate dal perfezionismo: chi era Costanzo

Mi invitò alla sua trasmissione per parlare di scritture, scarabocchi e simboli nell’adulto. Prima d’iniziare la trasmissione m’invitò nel suo camerino e mi sottopose la sua grafia dicendo “è solo per pura curiosità!” Tuttavia, la scrittura e la firma fecero emergere alcune caratteristiche del suo “territorio inconscio”, poco visibili, ma sempre presenti. Osservando la grafia e la firma di Costanzo emerge una personalità basata su una dinamica introversiva, con punte di timidezza che sono state nel tempo compensate da note di perfezionismo che hanno dato luogo a somatizzazioni.

Il pensiero appare ricco e fervido; la curiosità intellettiva gli permetteva di essere innovativo e insieme profondo. Egli amava, infatti, andare alla radice delle cose… peraltro tipica dei perfezionisti. Le capacità elaborative, l’introspezione e la profondità mentale gli hanno permesso di gestire con abilità e astuzia i rapporti risolvendo brillantemente situazioni anche complesse e riuscendo così a restare sempre a galla, anche perché non amava perdere.

L’impazienza e l’autocontrollo costanti provocano in lui dell’ansia che veniva poi proiettata e apparentemente risolta nella sua dolce e placida mole. L’acutezza di pensiero, inoltre, gli permetteva di captare gli intenti altrui, sia positivi che negativi, agendo di conseguenza.  (Evi Crotti, Psicopegogista, grafologa).

Cari Lettori, possiamo considerare l’angoscia come compagna costante. Probabilmente anestetizzata da aspetti caratteriali sarcastici e “cattivissimi” da cui è nato, ad esempio, il personaggio di “Fracchia” e (in parte) del “Professor Kranz, Tedesco di Germania” magistralmente interpretato da un esordiente Paolo Villaggio.

Forse per non dissimili motivi, nel suo “Grand’Italia” (evoluzione di “Bontà loro” e “Acquario” e precursore del “Maurizio Costanzo Show”), alla “solita” contrapposizione dialettica degli ospiti e alla forza narrativa delle personalità intervistate, aggiunse i “disturbatori”, ovvero dei figuranti che, vestiti da camerieri, nel corso dell’intervista, all’improvviso rovesciavano addosso all’ospite il contenuto di un vassoio (tazze colme di bevande, bicchieri…).

Probabilmente per una cattiveria intrinseca o, chissà, per il bisogno di sincerità, in fondo tentava di rivelare in qualche modo, partendo dalla reazione dell’ospite di fronte a questo gesto sgarbato, la sua vera natura al di là del personaggio.

E se il suo meritorio impegno nella lotta alla mafia (per cui ha rischiato di morire e far morire) avesse, alla base, la lotta contro oppressioni subite fin da piccolo?

Questo, spiegherebbe, almeno in parte, l’apparente incoerenza per l’appartenenza alla Loggia Massonica deviata “P(ropaganda) 2”: il tentativo di un nuovo “ordine” delle cose, secondo criteri meno confusionari: magari, come antidoto al “chiasso interiore” tipicamente borderline…

Eppure, nel complesso, l’uomo Maurizio è persona amabile anche se “difficile”, bisognoso di sentirsi “accolto”.

Devo alle donne della mia vita lo stimolo ad andare avanti, l’entusiasmo del cominciare e quello, ancora più gustoso, del ricominciare. Ho bisogno, se non di una musa, di uno sprone, di un’ispirazione.

Anche per questo, secondo noi, amava il sassofono,  che suonava nella trasmissione “Buona Domenica”, per la variabile bellezza del suo “accento” a volte grave e calmo, a volte passionale, sognatore o malinconico, o vago come “l’eco dell’eco”, come il pianto della brezza nei boschi; o, meglio ancora, come “le vibrazioni misteriose di una campana molto tempo dopo che è stata percossa”.

Nessun’altro strumento musicale esistente, a me conosciuto, possiede questa particolare sonorità, posta al limite del silenzio… la più bella voce grave fino ad oggi conosciuta in musica … suono pieno, morbido, vibrante, di forza enorme e suscettibile di essere dolce …  (Hector Berlioz)

Un autorevole influencer con l’animo genuino e ferito del bambino che si porta, dentro, una tanto ricercata quanto insostenibile solitudine

Di sbagli ne ho commessi. Per fortuna la memoria ti salva, perché cancella molti brutti ricordi. A volte penso che si avvicina il momento del congedo: la morte è una liberazione, il dispiacere è di lasciare le persone che ami.

Cari Lettori, a nostro avviso, quando si lascia la ribalta della vita ciascuno ha diritto al rispetto e al silenzio anche se riteniamo che l’uso secondo cui “de mortuis nisi bonum” (degli estinti bisogna dire solo bene) non ha nulla di veritiero ed educativo.

A noi, infatti, dovrebbe interessare additare esempi di vita contrassegnati da comportamenti corretti dal punto di vista legale e morale.

Resta sempre inarrivabile la lezione foscoliana mirante a ricordare coloro che sono di esempio agli altri.

Se non riscopriremo il gusto della qualità e la stima per coloro che ben “spendono” la propria vita difficilmente usciremo da questi tempi bui, contrassegnati dal fumo e dalla vacuità.

Forse siamo stati un po’ troppo chirurgici nell’analizzare un personaggio “coi baffi” come Maurizio Costanzo. Chiediamo scusa a chi dovesse aver sentito lesa la propria componente identificativa o proiettiva. Abbiamo solo cercato di accendere un po’ di chiarore dove c’era eccessiva oscurità.

L’intento principale, come sempre nei nostri lavori, è consistito nell’individuare la base caratteriale più nascosta e, quindi, maggiormente esposto alle sofferenze.

Se non fosse bastato quanto descritto finora, certamente risulteranno illuminanti due passi in cui, parlando dei “senzienti” che non consideriamo e di se stesso, delinea la propria sensibilità e vulnerabilità interiore.

“Occorre prestare attenzione al sacrificio che, spesso inconsapevolmente, richiediamo agli animali per sfamarci. Voi direte: è la catena alimentare. Io vi dico che è una catena alimentare non alla pari: un formichiere può mangiare solo formiche, un uomo può scegliere. La possibilità di scelta fa la differenza. Basterebbe ascoltare anche una volta sola come si lamentano le aragoste, per non aver più voglia di mangiarne nemmeno un boccone”.

“Auguro sempre e di cuore a chi abbandona un cane, un gatto o un qualsiasi animale domestico sul ciglio della strada, di patire un’eguale disavventura. Anzi, peggiore. Perché c’è un’aggravante in tutto ciò: un cane, un gatto, o anche una tartaruga, non hanno chiesto spontaneamente asilo in casa nostra, non hanno scelto di vivere con noi ma, al contrario, siamo noi che li abbiamo costretti a stare a casa nostra. L’animale, essendo dotato di buoni sentimenti, si è adattato e ha anche dimostrato di essere lieto di stare con noi, addirittura ci ha considerato suoi padroni e quindi amici, sempre pronti a stabilire un rapporto d’affetto. Noi questo rapporto lo mandiamo per aria abbandonandolo in un campo, oppure lungo una via molto trafficata, con il rischio molto concreto che vada subito sotto una macchina”.

“Sarò un romantico, ma per me il dono più bello che ho ricevuto dalla vita è di avere incontrato Maria e di essere rimasto con lei tutti questi anni. Noi festeggiamo ogni giorno per la fortuna che entrambi abbiamo avuto. Dopo tanti anni le coppie scoppiano, l’amore scompare. Io e Maria siamo una sola forza e ci regaliamo energia a vicenda. Voglio ripetere una cosa che dissi a lei prima di sposarci. Le dissi, tu sei la donna nella mano della quale vorrei morire”.

Cari Lettori, in ambito mitologico si narra che Hiram Abif  (indicato come l’architetto a capo della costruzione del Tempio di Salomone, edificato attorno all’anno 988 a.C.) assassinato da alcuni dei suoi operai sottoposti, fosse stato resuscitato dalle mani dei discepoli che, per questo, diverranno “Maestri”.

Il desiderio di “terminare nella mano” idealmente e simbolicamente, chiude un cerchio consentendo di ritornare all’equilibrio primordiale, nel  guscio intrauterino  di una donna, metà “lunare” complementare e indispensabile.

Nel 1963 Eduardo de Filippo, decide di scrivere una lettera d’Amore a sua moglie Isabella. A noi piace sovrapporre questi bellissimi versi al sentimento al cuore che Maurizio Costanzo, alla fine, ha mostrato senza più paure.

STO QUA

Sto ccà, Isabè, sto ccà…
Ch’è, nun me vide?
Già, nun me può vedé…
ma stongo ccà.
Sto mmiez’ ‘e libre,
mmiez’ ‘e ccarte antiche,
pe’ dint’ ‘e tteratore d’ ‘o cummò.
Me truove quann’ ‘o sole tras’ ‘e squinge
se mpizz’ ‘e taglio
e appiccia sti ccurnice
ndurate
argiento
grosse e piccerelle
‘e lignammo priggiato –
acero
noce
palissandro
mogano –
pareno fenestielle e fenestelle
aperte ncopp’ ‘o munno…
Me truove quann’ ‘o sole se fa russo
primmo ca se ne scenne aret’ ‘e pprete
ndurann’ ‘e rame ‘e ll’albere
e se mpizza
pe’ mmiez’ ‘e fronne,
pe se fa guardà.
Si no, me può truvà, scurato notte,
rint’ a cucina
p’arrangià caccosa:
na puntella ‘e furmaggio,
na nzalata…
chellu ppoco
ca te supponta ‘o stommeco
e te cucche.
Primmo d’ ‘a luce ‘e ll’alba
po’
me  trouve a ttavulino,
c’ ‘a penna mmiez’ ‘ ddete
e ll’uocchie ncielo
pensanno a chello ca t’aggio cuntato
e ca nun aggio scritto
e ca
va trova
si nun è stato buono
ca se songo perduto sti penziere
distratte
e stanche d’essere penzate
che corrono pe’ ll’aria nzieme a me.
E si guarde pe’ ll’aria
po’ succedere
ca si ce stanno ‘e nnuvole
me truove.
‘O viento straccia ‘e nnuvole
e comme vene vene,
e può truva ciert’uoccie
ca te guardeno
sott’ ‘a na fronta larga larga
e luonga
e ddoje fosse scavate…
‘e può truvà.

“Sto qua”

Sto, qua, Isabella, sto qua. Che c’è? Non mi vedi? Già, non puoi vedermi, ma sto qua…

sono in mezzo ai libri, tra le carte antiche, dentro ai cassetti del comò. Mi trovi quando il sole

entra di sguincio, s’intrufola di taglio e fa brillare queste cornici dorate
d’argento grandi e piccoline: di legno pregiato, acero noce palissandro mogano…
sembrano finestrini e finestrelle aperte sul mondo…
Mi trovi quando il sole si fa rosso prima che tramonti dipingendo d’oro i rami degli alberi

e s’infila tra le foglie per farsi guardare.
Altrimenti mi potrai trovare quando è notte in cucina, per cercare qualcosa da mangiare:
un pezzetto di formaggio, un’insalata, quel poco che ti sostiene lo stomaco
e poi te ne vai a letto.
Prima della luce dell’alba, poi, mi trovi alla scrivania,
con la penna tra le dita e gli occhi al cielo,
pensando a ciò che ti ho raccontato e non ho scritto.
E chissà se non sia stato un bene che, questi pensieri si siano persi,
distratti, e stanchi di essere pensati, che volteggiano nell’aria insieme a me.
E,  se guardi lassù, può succedere che, se ci sono le nuvole,
mi trovi.
Il vento straccia le nuvole e, così, come viene viene,
puoi trovare certi occhi che ti guardano.
Sotto una fronte larga larga e lunga
e due solchi lungo il viso…
sì, li puoi trovare.

(Sto ccà / Eduardo De Filippo / trasposizione in italiano di Titta Schiraldi)

“Hai paura solo se non sei in armonia con te stesso. Le persone hanno paura perchè non si sono mai impadronite di sé stesse. Un’intera società è composta di uomini che hanno paura dello sconosciuto che c’è in loro”. (Herman Hesse)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto per la collaborazione offerta 

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