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Sono le campanelle dell’inconscio che portano, il mio “io”, indietro nel tempo.

E i suoni dimessi di una chitarra sono sufficienti a riportare a galla la dolcezza nascosta dello spirito che rimbalza in incolti campi verdi di primavere passate e incancellabili del mio animo di fanciulla.

Nessuno potrà mai togliermi i ricordi, questo scrigno di emozioni, suoni, sapori, odori e certezze passate che affollano la mia mente.

Non riuscirò mai a spiegare con le aride parole la rotondità di certe musicalità nascoste che galleggiano nelle sensazioni più importanti.

0 forse si?

Scrivere è l’unico mezzo che ho per far sapere cosa c’è nel mio io, ed è come avere in mano solo un flauto, quando invece in testa rimbomba una sinfonia che abbisogna di mille e mille tonalità di tutti gli strumenti del mondo e di tutti i suoni che la natura può regalarci.

Il rollio del vento sul mare in tempesta, i tuoni roboanti e rotondi, le animosità delle foglie alla deriva in un pomeriggio d’autunno. E ancora l’acqua spumosa, e gli scogli, e il cielo plumbeo, e d’improvviso un raggio, in un squarcio fra i nembi attorcigliati a se stessi, in un mare latteo di tensione.

E la quiete dopo la tempesta.

E la frescura della brezza ristoratrice dopo lo sconvolgere dei sensi del passato temporale.

E il sole, e i gabbiani, felici e urlanti fra il blu del mare e il blu del cielo, macchie inconfondibili in questa sbronza di colori che acceca il cuore e annebbia i sensi.

E il mare, il mio mare, il mio posto, qui su questa spiaggia deserta, dirimpetto l’infinito, davanti il mondo che si staglia nella mia mente, nitido e vicino.

Io vivo, nella gioia del semplice esistere sulla terra, meraviglia di natura e di colori.

Tutti i miei sensi sono all’erta per convogliare le sensazioni verso gli organi tattili.

Voglio sentire il pizzicore del salmastro sulle mani e voglio che le piante dei miei piedi ricordino il movimento ondulatorio delle onde.

Tum, tum, tum, ecco…. anche il mio cuore ora sento….

Si sta mettendo in sintonia con il vento e ora è solo questo che conta, assieme alle lacrime che salgono ai miei occhi.

Tum.. tum.. tum….

Allargo le braccia verso il mare in un intimo abbraccio con il mondo.

Sarà doloroso abbandonare questo posto, e ancora più doloroso sarà ritornare e trovarlo cambiato, modificato, deturpato dallo scempio umano.

Io amo questo luogo, io vivo in sintonia con le essenze naturali che governano la sommità di questa collina di sabbia; io sono di qui e ho imparato a conoscere ogni lembo di questa terra sconsolata e arida.

La amo perché è la terra dei miei padri e qui antichi uomini hanno seppellito i loro morti ed eretto le proprie mura.

Qui antiche genti hanno portato le loro armi e le loro donne e hanno iniziato la nostra progenie.

Il mio animo è quello del viandante che anela il ritorno a casa, ma che vive nel viaggio.

Il mio io è nell’estro del ricordo e nella altura delle emozioni che fanno precipitare il cuore nello sconforto dei sensi e nella faticosità del riposo.

I miei avi erano guerrieri, naviganti, cantori e contadini.

Nella animosità della terra è la mia essenza, nel burrascare del mare è il mio animo, nella crudeltà della guerra è il mio spirito e nella dolcezza del ritorno a casa è il mio io. Spero di finire i miei giorni in un luogo che mi dia altrettanta felicità.

 Giacomina Durante – 27 febbraio 2009