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Il suo paese natale fu Cassino;

studiò nell’Ateneo napoletano

e, quando non fu più un ragazzino,

egli insegnò, poi, in quello romano.

Da giovane aderì all’Hegelismo,

però, più tardi, se ne allontanò,

perché, invece, poi passò al Marxismo

e, grazie a questo, la sua idea mutò.

Il cambiamento suo non fu immediato:

avvenne attraverso l’Herbartismo;

le idee di Marx in Italia ha portato,

non come fece, però, il Positivismo.

La “praxis” è da lui molto elogiata:

teoria e pratica vengono sommate

e la realtà, dunque, è trasformata,

perché le due non sono separate.

Se fossero divise, esisterebbe

un severo “adeguarsi” ad un modello;

libertà, allora, non si avrebbe

e vincolati si sarebbe a quello!

Labriola dice del materialismo,

di quello storico in particolare:

“Lo Scopo suo non è il moralismo

e neppure sarà il condizionare”.

Parlerà di un’ “autoeducazione”,

di cui ha diritto il proletariato;

se stesso educa, senza prigione:

in questi termini egli ne ha parlato.

E’ la “coscienza di classe” un suo ideale;

perch’essa nasce non dal “dio denaro”,

ma sol da una tendenza culturale,

che è un concetto veramente raro.

Il fattor economico, ci dice,

non è l’unica base della vita;

esisterebbe una realtà infelice…

…l’Educazione sarebbe, allor, finita!

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