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Pubblicato su Lo SciacquaLingua 

Le preposizioni “di” e “da” – chi non lo sa? – si adoperano per introdurre il complemento di moto da luogo. I classici, però, molto piú autorevoli dell’estensore di queste noterelle, non le adoperavano indifferentemente, facevano un distinguo.

Riservavano la preposizione “da” (il latino ‘ab’) per indicare propriamente l’allontanarsi dall’esterno di un luogo; la preposizione “di” (il latino ‘ex’ o ‘e’), invece, per indicarne piú spesso il partire dall’interno d’un luogo; l’uscirne fuori, insomma. Secondo questa “regola classica” – che ci sentiamo di consigliare a chi ama il bel parlare e il bello scrivere – la preposizione “di” si usa con i verbi “partire”, “fuggire”, “uscire”, “cadere”, “guarire”; la sorella “da” con i verbi “nascere”, “dipendere”, “derivare”, “degenerare”, “tralignare”, “scampare”. L’uso del “di” per “da” nel moto da luogo, insomma, è una di quelle “cosucce linguistiche” che ancora oggi – se adoperate correttamente – mettono all’occhiello dello scrivente o del parlante un bellissimo distintivo di classicità. E Giacomo Leopardi non mancò di… fregiarsene.

E con la medesima logica – i classici – distinguevano i modi “lontano da…” e “lontano a…”. Nel primo modo si percepisce lo spazio dal punto piú lontano da noi a quello piú vicino; nel secondo si percepisce lo spazio dal punto a noi piú vicino al punto a noi piú lontano.

A cura di Fausto Raso

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