Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Il vocabolario Gabrielli in rete e il “Si dice o non si dice?” (dello stesso Gabrielli, ci sembra, ma probabilmente ritoccato dai suoi revisionisti) non concordano sulla grafia (e, quindi, sulla dizione) dell’aggettivo “reboante”. Il vocabolario condanna, senza mezzi termini, la grafia (anche se in uso) roboante. Il “Si dice o non si dice?”, invece, la “promuove”. Che fare? Seguiamo le indicazioni del vocabolario: reboante (anche per una ragione etimologica, non esistendo il prefisso ro-).
Ecco il vocabolario: reboante
[re-bo-àn-te] err. roboante. agg. (pl. -ti) . 1 Rimbombante: suono, voce r.
CONT. sommesso. 2 fig., spreg. Altisonante, retorico, sonoro ma di poca sostanza: oratoria, prosa r.
Ed ecco il “Si dice o non si dice?”: Noi diciamo roboante, e non ci piove. Sicuri del nostro buon italiano, consideriamo chi usa reboante prigioniero di un italiano dialettale. E invece ha ragione lui. L’aggettivo deriva dal latino reboans, reboantis, participio presente di reboare, rimbombare, verbo composto del prefisso intensivo re- e di boare, risonare, echeggiare (da cui anche il nostro boato). Poiché un prefisso intensivo ro- non esiste nella nostra lingua, sembra inspiegabile la nascita di roboante e la sua vittoria su reboante (tutt’al più avrebbe potuto nascere ri-boante). Eppure è andata così. È la dimostrazione del fatto che la lingua non nasce sul tavolo dei grammatici ma in mezzo alla vita, a volte anche da inspiegabili incidenti. Ma se una spiegazione proprio vogliamo trovarla, ebbene diciamo che roboante è onomatopeico: quelle due o appesantiscono la parola, rendendo l’effetto di un maggior frastuono.
· Quest’ultima osservazione è convincente: teniamoci roboante. Ma nessuno potrà impedirci di fare i fighi (vedi giovani: una lingua “esagerata”) con reboante.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.