Sembra incredibile: molte persone ritengono i verbi “simulare” e “emulare” l’uno sinonimo dell’altro (e, quindi, aventi lo stesso significato).
Questa “convinzione”, probabilmente, è dovuta al fatto che i due verbi contengono la medesima terminazione: “-mulare”. No, i verbi in oggetto hanno in comune solo la provenienza latina. Il primo è pari pari il latino “simulare”, è un verbo deaggetivale, tratto da “similis” (simile) e vale, propriamente, “rendere, fare simile”. Simulare qualcosa significa, quindi, “far sembrare reale, vero ciò che in realtà non è”: Giovanni ha simulato un incidente stradale per truffare l’assicurazione.
Il secondo, sempre di provenienza latina, è tratto da “aemulus” (seguace, imitatore, competitore), significa, per tanto, “imitare, uguagliare una persona o qualcosa”: il piccolo Pietro emulava gli eroi dei cartoni animati.
A cura di Fausto Raso
Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.