Posted on

Nelle ultime settimane, moltissime imprese e studi professionali hanno ricevuto dalla RAI, a mezzo posta, l’invito a provvedere al pagamento del c.d. abbonamento speciale, previsto per chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive al di fuori dell’ambito familiare, con la specificazione che l’obbligo del pagamento comprenderebbe anche la detenzione di computer connessi ad internet. Ciò in virtù del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246 che prevede all’articolo 1: “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento dei canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”, della disposizione dell’articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 21 dicembre 1944, n. 458, secondo cui “Qualora le radioaudizioni siano effettuate in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dell’ambito familiare, o gli apparecchi radioriceventi siano impiegati a scopo di lucro diretto o indiretto, l’utente dovrà stipulare uno speciale contratto di abbonamento con la società concessionaria.”, e della recente norma introdotta dal D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, art.17, che, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale, impone alle imprese ed alle società l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione per la detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni.

Immediate sono state le reazioni da parte dei destinatari della pretesa economica e le critiche da parte dei rappresentanti del mondo politico, di destra e sinistra, che hanno rilevato l’illegittimità della richiesta, fondata su una stortura interpretativa delle disposizioni in materia, e l’inopportunità di un ulteriore peso fiscale in un periodo di grave difficoltà per tantissime imprese, sollecitando il Governo ad intervenire su una questione, in realtà, oggetto di diverse interrogazioni, che hanno trovato risposta nella seduta del 23.02.2012, con i chiarimenti resi dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha affermato quanto segue: “La normativa in esame porta a riferire il pagamento del canone solo al servizio di radiodiffusione. Pertanto, non è possibile includere altre forme di distribuzione del segnale audio/video, per esempio web radio, web tv, altre forme che sono basate, come dicono i tecnici, su portanti fisici diversi. In linea generale sono quindi esclusi i personal computer, fissi o portatili, i tablet come gli “iPad” e gli smartphone, cioè gli strumenti suscettibili di per sé di connessione alla rete Internet………..dobbiamo circoscrivere il campo degli apparecchi soggetti al pagamento del canone a quelli utili alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre e su piattaforma satellitare. Tali apparecchi sono quelli caratterizzati da un sintonizzatore che ha la funzione essenziale di prelevare il segnale di antenna nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione e la capacità autonoma di erogare il servizio di radiodiffusione o, come veniva chiamato nel regio decreto che ho testé citato, di radioaudizione.”

Pertanto, la RAI, con un comunicato stampa, ha provveduto a fare un passo indietro precisando che non deve essere pagato il canone RAI per il mero possesso di un computer collegato alla rete, di smartphone e tablet, e che il canone speciale è dovuto da imprese, società ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori.

Erminia Acri-Avvocato

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *