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Ho sempre pensato, sin da quando ero uno studente, che un bravo insegnante dovrebbe essere, anzitutto, un valido incentivatore e un trascinatore morale (una sorta di “trainer” mentale) degli allievi, in quanto dovrebbe guidarli, stimolarli e valorizzarli in modo costante sul versante psicologico-emotivo. Un po’ come il trainer di una squadra (di calcio, rugby o volley), un termine del gergo sportivo proveniente dall’idioma anglo-sassone.

È una figura che non deve soltanto preparare in maniera adeguata i propri giocatori sotto il profilo atletico e fisico, o tecnico-tattico, bensì deve essere capace di caricarli e motivarli psicologicamente in qualsiasi circostanza, specie nei momenti di maggior difficoltà o di crisi, infondendogli la giusta dose di incentivi mentali per affrontare in maniera idonea ed agguerrita il difficile cimento agonistico di una gara.

Parimenti, un docente dovrebbe essere in grado di incrementare e poi di mantenere elevato il livello di autostima e fiducia personale degli allievi, per addestrarli a livello interiore, per assisterli, incoraggiarli a vincere le più aspre difficoltà quotidiane e le fatiche della scuola, per indurli a cimentarsi con profitto e costanza nello studio. È questo, molto probabilmente, il compito più arduo e delicato, quanto nobile e gratificante (direi più esaltante), della nostra professione. Non gli adempimenti di oneri burocratici, on-line e/o cartacei, vale a dire la compilazione di una montagna di scartoffie tanto inutili e vuote, quanto dispendiose.

Lucio Garofalo

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