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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In questa trentottesima puntata, ci occuperemo degli stili di attaccamento e dei modelli operativi interni, cioè dei diversi modi di approcciarsi con le frustrazioni di allontanamento e abbandono.

Il migliore odore è quello del pane, il miglior sapore quello del sale, il migliore amore quello verso i figli. (Graham Greene)

Partendo da questa particolare riflessione vedremo, quest’oggi come, pur portando in sé tutto il bene del mondo verso chi si ama, è, purtroppo “fisiologico” commettere una serie di errori.

Ci siamo lasciati, nella scorsa puntata, parlando della Strange Situation della Professoressa Mary Ainsworth.

Questa grande scienziata dell’universo della psicologia infantile, partendo dall’osservazione di gruppi di bambini che si ricongiungevano alla madre, dopo essere stati separati, ha avuto modo di distinguere tre modalità di “risposta” emotiva:

  • un primo gruppo di bambini, manifestava sentimenti positivi verso la madre;
  • un secondo gruppo mostrava relazioni scarsamente empatiche;
  • un terzo gruppo appariva emotivamente ambivalente;

La strange situation si determina, tecnicamente, in venti minuti di osservazione, durante i quali si trovano, all’interno di una stessa stanza, il bambino, la mamma e un estraneo.

Osservando i diversi comportamenti e le reazioni emotive del bambino (alla presenza di un estraneo) dal momento della separazione dalla propria madre al suo ritorno, si sono evinti tre stili differenti di “attaccamento”:

  • sicuro;
  • insicuro evitante.
  • insicuro ansioso ambivalente;

In un secondo momento, si è riusciti a identificare anche lo “stile disorganizzato”

Partendo dall’assunto che lo stile di attaccamento che un bambino svilupperà, dalla nascita in poi, dipende in grande misura dal modo in cui i genitori (o altre figure parentali altrettanto importanti) si prendono cura di lui, andiamo ad analizzare cosa succede nel mondo interno del piccolo essere umano, per determinare i diversi “stili” di attaccamento

Nello “Stile” Sicuro

Il bambino si fida e si affida al supporto della figura di attaccamento, sia in condizioni normali sia di pericolo. In questo modo, si sente libero di poter esplorare il mondo.

Questa condizione è determinata dalla presenza di una figura “responsiva”, sensibile ai segnali del bambino, disponibile e pronta a concedergli protezione ogni qual volta venga richiesta.

I tratti caratteriali che connotano questa auspicabile (e fisiologica) situazione, sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di avere un valore, capacità di sopportare distacchi prolungati, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri.

Le emozioni prevalenti sono gioia, sicurezza, tranquillità

Lo Stile Insicuro Evitante

Nasce dalla convinzione del bambino che, alla richiesta d’aiuto, non solo non incontrerà la disponibilità della figura di attaccamento ma, addirittura, verrà rifiutato.

In questo modo, il bambino costruisce le proprie esperienze facendo esclusivo affidamento su sé stesso, senza il sostegno degli altri, ricercando l’autosufficienza anche sul piano emotivo, con la possibilità di arrivare a costruire un falso Sé (ad esempio, un’immagine di persona solitaria che non ha bisogno di nessuno che, in realtà, nasconde solitudine e timidezza).

Questo stile deriva da una figura di attaccamento che respinge costantemente il figlio ogni volta che le si avvicina per la ricerca di conforto o protezione.

I tratti caratteriali che maggiormente si individuano in questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amato, percezione del distacco come “prevedibile” e ineluttabile, tendenza all’evitamento della relazione per convinzione del rifiuto, apparente esclusiva fiducia in sé stessi e nessuna richiesta di aiuto.

Le emozioni predominanti sono tristezza e dolore.

Stile Insicuro Ansioso Ambivalente

Questa condizione nasce, nel bambino, per il fatto di non avere la certezza che la figura di attaccamento sia disponibile a rispondere ad una richiesta d’aiuto.

Per questo motivo, l’esplorazione del mondo è esitante, con angoscia di separazione.   Questo stile è consequenziale a una figura d’attaccamento che è disponibile in alcune occasioni ma non in altre e che, soprattutto (e purtroppo), crea frequenti separazioni con minacce di abbandono, usate come mezzo coercitivo.

I tratti caratteriali che maggiormente riscontriamo in questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere desiderato, incapacità di sopportare distacchi prolungati, ansia di abbandono, sfiducia nelle proprie capacità e fiducia nelle capacità degli altri.

l‘emozione predominante è quella della paura dell’abbandono.

Siccome, durante le sperimentazioni della “Strange situation”, sono stati osservati comportamenti non riconducibili a nessuna delle tre condizioni descritte, è stato coniato e definito un quarto stile di attaccamento da parte della dottoressa Mary Main: quello disorientato/disorganizzato.

Stile Disorientato/Disorganizzato

in questa condizione, il bambino manifesta ansia, pianto, si butta sul pavimento o porta le mani alla bocca con le spalle curve, gira in tondo, manifesta comportamenti stereotipati, e assume espressioni simili ad una condizione di trance, in risposta alla separazione dalla figura di attaccamento.

Sono anche da considerarsi casi di attaccamento disorganizzato quelli in cui i bambini si muovono verso la figura di attaccamento con la testa girata in un’altra direzione, in modo da evitarne lo sguardo.

Tutti i bambini sviluppano entro i primi 8 mesi di vita uno stile di attaccamento, che si completa entro il loro secondo anno. L’indicatore per eccellenza che il legame di attaccamento è stabilito, si identifica nell’angoscia da separazione.

Nell’adolescenza, l’attaccamento attraversa un periodo di transizione. L’adolescente si allontana intenzionalmente dalla relazione con genitori e familiari, per costruire relazioni nuove con coetanei: relazioni amicali e amorose.

Tutto quello di cui abbiamo parlato finora, deriva da quello che John Bowlby chiama Modelli Operativi Interni (M.O.I.), cioè, gli schemi cognitivi costruiti dal bambino con le prime esperienze affettive e in base alla disponibilità, della madre, ad intervenire nelle situazioni di pericolo e disagio.

Il figlio, sostanzialmente, introietta i comportamenti dei genitori, acquisisce un insieme di messaggi (corretti, scorretti, confusi e disturbanti), inconsapevolmente li fa propri e li esprime imitandoli.

Gli schemi interiorizzati del bambino, nei primi anni di vita, possono continuamente essere ridefiniti sulla base dei cambiamenti della realtà esterna e della relazione con la figura di attaccamento, che muta con il tempo e con lo sviluppo.

Per John Bowlby è importante che il legame di attaccamento si sviluppi in maniera adeguata, poiché da questo deriva uno sviluppo complessivo della persona, che lo aiuterà ad affrontare, al meglio, la vita..

La separazione precoce dalla figura di riferimento, evento traumatico per un bambino, può avere diverse ripercussioni sulla vita dell’individuo a seconda della durata e del periodo in cui si verifica questa separazione.

Lo stato d’animo del bambino, di fronte a questa situazione di separazione dalla figura di riferimento si snoda, secondo Bowlby, in tre momenti: la protesta per la separazione, la disperazione dovuta all’assenza della figura e il distacco finale.

La separazione può risultare meno dolorosa se vi sono alcune circostanze favorevoli come la presenza di figure sostitutive o di un ambiente accogliente.

Gli stati d’angoscia o depressione che possono manifestarsi nell’età adulta, è possibile che derivino da periodi in cui, la persona che  soffrirà di questi problemi, ha fatto esperienza infantile di angoscia e distacco dalla figura di riferimento.

Quindi, il modello di attaccamento sviluppatosi durante i primi anni di vita, deriva dalla relazione con la figura di riferimento e influenzerà il rapporto con la stessa anche durante l’infanzia. Successivamente, diviene un aspetto su cui si fonda l’assetto della “personalità dell’adulto che condizionerà, per forza di cose, le relazioni e i rapporti futuri.

L’immagine di noi stessi non è affatto l’immagine che ci restituisce lo specchio, ma quella che ci rimanda il corpo sociale, le persone che amiamo, che stimiamo, quelle che ci riconoscono un valore; lo specchio che conta è lo specchio che ci restituisce la dignità del nostro essere umani. (MASSIMO RECALCATI)

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale parleremo della “Valutazione Globale del Funzionamento”, per capire come ci si adatta sul piano sociale, occupazionale e psicologico, in risposta ai vari problemi nella vita.

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

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