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Pubblicato su Lo SciacquaLingua

Due parole, due, sul verbo “fare” perché viene adoperato in tutte le salse – come usa dire – e ciò non è affatto ortodosso sotto il profilo prettamente linguistico- grammaticale.

Occorre dire, infatti, che l’uso del verbo fare in luogo del verbo dire, per esempio, è linguisticamente accettabile solo quando nel corso di una narrazione o di un dialogo sottintende anche l’azione del gestire e vuole esprimere il concetto o, meglio, l’idea di un intervento repentino: m’incontra per strada, per caso, e mi fa (cioè: mi dice): “Quando sei tornato?” È bene evitare – sempre che si voglia scrivere e parlare rispettando le “leggi” della lingua – alcune locuzioni in cui il verbo fare è adoperato nella forma riflessiva apparente: farsi l’automobile e simili; farsi i baffi; farsi la barba; farsi i capelli; farsi le unghie; farsi un dovere; farsi cattivo sangue; farsene una passione; farsene una malattia e tante altre. In tutte le espressioni summenzionate il verbo fare può essere sostituito, correttamente, con un altro piú appropriato.

Farsi la barba, per esempio, si può sostituire con il verbo “radersi”, cosí come farsi i capelli si può sostituire con “tagliarsi” i capelli.

Vediamo altri esempi in cui il verbo fare può essere sostituito con un verbo più appropriato. In parentesi  il verbo “giusto”. Fare (eseguire) un compito; fare (esercitare) un mestiere; fare (sostenere) un esame; fare (porgere) gli auguri; fare  (arrecare) un danno; fare (consumare) la colazione; fare (prestare) attenzione; fare (infondere) coraggio. Il verbo fare, insomma, non è un verbo…  tuttofare

A cura di Fausto Raso

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