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40 minuti, mancano solo 40 minuti e poi, come ogni giorno o quasi, è richiesta la piena attività. E non solo perché c’è un dovere che aspetta, ma anche e soprattutto per noi stessi.

Il famoso senso.

Finalmente ora ne capisco a fondo la necessità di averne uno, o più …

Siamo in una fase della vita nuova, quella fatta da non più accelerazioni improvvise del tono dell’umore, ma da una calma (reale o apparente?), descritta però non come pace dell’anima ma treno in corsa su di un corto binario. Quindi da una parte la necessità di correre, dall’altra la paura di non riuscire a fermarsi e schiantarsi su quello che al vicino orizzonte purtroppo non si vede.

Stato d’animo molto difficile da descrivere.

Tumulto sommerso su una linea piatta, sottile molto sottile.

Come se mettessi in dubbio ogni cosa fatta in tutta la vita, realizzata o non, e ancora molto da fare.

Già, ma fino a quando?

I dubbi si materializzano in uno stato di angoscia nuovo, che, come tutto quello che non conosciamo, spaventa e sfibra il corpo. E da qua la prima domanda. Ma è questo malessere incalzante ad indebolire oppure il naturale corso della vita?

Quello che non piace più.

Mi giro indietro e cerco un periodo cui rapportare questo nuovo, a trovare una soluzione, ma la verità sopraggiunge all’istante e dal di dentro arriva una esaudiente risposta.

Mai prima provata. E in fondo come in tutte le fasi di tutta la vita fino ad ora vissuta.

40 minuti. Quanto è possibile realizzare in questo tempo?

Mi rigiro cercando uno spiraglio di luce che possa incontrare il mio sguardo. La luce filtra prepotente dalle finestre solo un po’ socchiuse a ricordare quanto diversa è l’epoca in cui ci troviamo ora a vivere. Un brivido di paura mi assale.

Un attimo dopo. Quando la parola bene chiara ed impressa nella mente arriva alla voce un attimo dopo, quasi a ricordare che ad un certo punto nella vita è indispensabile prendere tutto il tempo di cui si ha bisogno.

Il solito suggerimento della mente che arriva dritto e senza ostacoli al corpo. Ma non deve più spaventare, mai, mai più.

Rifletto da una settimana o poco più su questo breve lasso di tempo di fronte alle tante ore di una giornata e, nonostante da sempre le ore, i minuti, i giorni che passano, hanno rappresentato, per me, una delle risorse più importanti di cui si dispone, forse ora è arrivato il momento di rivederne il senso. Di trovare un altro senso per capitalizzare quei 40 minuti che ci separano dalla piena attività richiesta.

Un minuto di silenzio all’interno di un pomeriggio di un febbraio caldo, quasi fosse la primavera che ogni anno aspettiamo arrivi. Potrebbe essere questo il senso di quel tempo che tanto breve sentiamo: un minuto di silenzio all’interno di giornate e anni dominate da parole in gocce e pensieri a fiumi.

Ritorna sempre a me il desiderio della ricerca, a dispetto della noia che accompagna la lentezza.

Il tempo.

Forse il tempo è solo una illusione della mente, illusione non bene organizzata all’interno della mente.

L’orizzonte da lontano come sempre a definire due paesaggi che fanno parte dello stesso quadro, ben distinti ma che ben si riesce ad apprezzare solo se divisi da una linea immaginaria che ne disegna i confini e nello stesso tempo li rende unici.

Le certezze.

Anche questa come le altre oppure veramente tutto nuovo?

Fernanda

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