Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Ci sono alcuni retaggi [il termine non è schiettamente italiano derivando dal gallico — francese antico — eritage, tratto dal verbo eriter e questo dal… latino hereditare (ereditare), eredità] scolastici duri a morire.
Molte persone sono convinte — come impararono, a suo tempo, a scuola, per l’appunto — che tutte le parole che finiscono in “-e” sono di genere femminile.
Non è tassativamente così (come apprendemmo alle elementari).
Ci sono alcuni vocaboli che, pur terminando in “-e”, possono appartenere ai due generi, e “asse” è uno di questi.
Il genere, però, non si decide tirando in aria la monetina: testa, asse femminile; croce, asse maschile.
Asse è di “sesso” femminile quando significa lista di legno, ricavata, naturalmente, segando il tronco di un albero. Sarà, invece, di “sesso” maschile quando indica il perno della ruota e nelle varie accezioni figurate: l’asse Roma-Berlino; l’asse ereditario; il lungo asse della politica estera; l’asse terrestre; l’asse stradale.
Sarà, altresì, maschile nelle accezioni della matematica, dell’ottica oltre che come unità monetaria. Vediamo, ancora, altre parole che terminando in “-e” possono essere sia maschili sia femminili e il genere lo “stabilisce” l’articolo: il giudice/la giudice; il custode/la custode; il nipote/la nipote; il vigile/la vigile; il cantante/la cantante; il consorte/la consorte; il contabile/la contabile ecc.
Altre, invece, sono tassativamente o di genere maschile o di genere femminile.
Sono di “sesso” maschile: il padre, il mese, il ponte, il pesce, il cane, il ristorante, il maiale, il re, il sole, il latte ecc.
Sono di genere femminile: la notte, la lezione, la canzone, la stazione, la serie, la lavatrice ecc. Si presti attenzione, dunque, ai vocaboli che finiscono in “-e” perché possono essere “indipendenti” o appartenere ai due generi.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.