Posted on

Esistono delle storie che non hanno tempo, che vivono al di là di qualsiasi ragionamento logico e che non vogliono assolutamente essere catalogate. Si, perché noi esseri umani abbiamo un po’ questa tendenza a voler a tutti i costi dare un nome alle vicende che ci ritroviamo a vivere nella vita di tutti i giorni. E può essere per una qualsiasi cosa, una riflessione che nasce dalla lettura di un buon libro che ci prende, il gusto che si prova nell’assistere alla proiezione di un film che incanta con la nitidezza dei paesaggi e l’armonia che lega i personaggi e che per due ore scarse, prendendoci prepotentemente per mano, ci conducono in quella che spesso non è la realtà. Ma a volte è molto vicina.

Le cose spesso si complicano quando sopraggiunge la necessità!

È come se dovessimo arrenderci ad una realtà che non riusciamo in alcun modo ad accettare. Un po’ infastidisce perché la viviamo come un’intrusione nella parte più intima di noi stessi e non tolleriamo in nessun modo la presenza di altri. E qui non stiamo solo parlando di persone, ma anche di oggetti e cose, che a volte assumono un significato profondo…

Sfogliando qua e là la mia attenzione viene catturata da un qualcosa che in realtà è fuori dalla mia lista di interessi, ma il rosso, credo metallizzato, che riveste la copertina è invitante e così senza nemmeno accorgermene mi immergo nella lettura di una serie di caratteristiche tecniche che in fondo riguardano un oggetto.

Non riesco però in alcun modo a frenare il sorriso…

Le abitudini e le novità.

Come è possibile che ci affezioniamo alle cose che sono parte integrante della nostra persona, che invecchiano con noi fino quasi a diventare routine e nello stesso tempo siamo irrimediabilmente attratti dal nuovo, da quello che è tutto da scoprire? Quando siamo rapiti dall’ansia di voler provare un qualcosa che potrebbe non darci alcuna sicurezza, di cui poco sappiamo.

È un po’ di tempo che mi pongo continuamente delle domande, però non sento la impellente necessità di avere una risposta, è come se volessi inculcare, in me stessa chiaramente, il dubbio. Arriverà un momento di sicuro, dopo aver smontato ogni osservazione, in cui pretenderò le risposte tutte insieme. E di sicuro non sarà un buon periodo quello…

La pausa di riflessione nasce forse da un istante di confusione e se la cosa ti riguarda non personalmente è interessante stare ad osservare la contraddizione che accompagna questo momento di leggero sbandamento. Si attraversano un po’ tutte le fasi; la consapevolizzazione dell’evento, stranamente, viene per prima e accolta forse con un po’ di rabbia. Non è possibile che niente e nessuno al mondo sia in grado di comprendere e risolvere il contrattempo che conduce a provare non pochi fastidi! Quindi dopo aver inutilmente cercato una mano sopraggiunge la resa.

La mente viaggia a mille e non si placa, indipendentemente dalle atmosfere natalizie, dai botti di fine anno, dai regali da scartare e da ciò che è adagiato lì di fronte ai tramonti più belli ai quali ho assistito e che hanno emozionato.

Quindi una volta arresi c’è la ripresa. L’energia accumulata viene dissipata, anzi impegnata nella realizzazione di un nuovo progetto che possa sostituire, almeno temporaneamente e soprattutto alleggerire il dispiacere che accompagna la rassegnazione.

Questo discorso è in realtà molto contorto, è solo che non vorrei classificarlo in uno schema rigido e ben preciso. Mi piacerebbe che ognuno riconoscesse in questo percorso la propria pausa di riflessione, che può aver riguardato il distacco da un periodo di vita che ha segnato uno stile, un momento di relax da un impegno lavorativo, un amore o una forte passione. Perché è una verità incontrovertibile che tutti nella vita prima o poi si concedono questa famosa pausa!

Ma, ahimè, poter sostituire un qualcosa o un qualcuno al quale siamo legati nel profondo, che ha vissuto intimamente e condiviso i nostri pensieri fino quasi a diventare noi stessi, è un’illusione. È come un investimento che ci si ritrova a coltivare nel corso della propria esistenza, viaggia…con noi quotidianamente, lo arricchiamo di ogni particolare possa renderlo più unico e simile a noi e poi và abbandonato. È come rinchiuderlo nel garage delle cose passate, un archivio reale o virtuale che ognuno di noi possiede e così saltuariamente spolverarlo per alleggerire il profondo senso di colpa che ci pervade. E perciò la sostituzione viene immancabilmente vissuta con fastidio, comincia una ricerca affannosa per scrollarsi da dosso questa nuova responsabilità che ci siamo accollati e che limita di molto la nostra libertà individuale. Le prestazioni sono di gran lunga inferiori alle attese e pur avendo una stima dei vantaggi ottenuti il gioco non vale la candela!

I più coraggiosi, quelli che hanno la verità verso di sé affrontano la separazione e accettano la sconfitta, che immediatamente si trasforma in una sfida. La pausa si avvicina lentamente alla conclusione. C’è stato uno scombussolamento che è servito a riflettere, permeato da un forte senso di smarrimento per ciò che di tanto importante stava per perdersi.

A volte nella vita è necessario comprendere che alcune cose passano e tutti gli sforzi fatti nel tentativo di far tornare la normalità, intesa forse come sicurezza, potrebbero risultare vani. Mi viene in mente la famosa “minestra riscaldata”, che non pochi disagi ha causato a molti di noi… Il giorno dopo può essere confortante assaporare un piatto in cui gli ingredienti si sono ben amalgamati fra loro perché hanno riposato e rapprenderli sul fuoco dà quasi una sensazione di tranquillità. Ma il gusto che si prova quando un piatto viene servito fumante e profumato, appena sfornato…beh, non ha paragoni!

Fernanda (6 gennaio 2008)