Posted on

SOMMARIO

Il deterioramento della memoria e delle capacità logiche e di giudizio rappresentano il quadro clinico dei deficit cognitivi ed impediscono a chi ne è affetto di condurre una vita autonoma con gradi di compromissione sempre più rilevanti. Alla base di tutte le demenze vi è la presenza di un danno cerebrale che può insorgere in maniera acuta come nelle patologie di tipo vascolare oppure lentamente nelle patologie di tipo degenerativo come nella frequente Malattia di Alzheimer. È fondamentale saper riconoscere i primi segnali ed indagare su tutte le cause possibili per affrontare al meglio un percorso che a volte dipende da problematiche risolvibili o più spesso diventa lungo e penoso non solo per il paziente ma anche per i familiari. Oggi sono stati fatti numerosi passi in avanti e gli attacchi sono possibili su più fronti, farmacologico e psicoterapeutico il cui fine è quello di rallentare il decorso di una malattia invalidante.

INTRODUZIONE

Con l’allungarsi della vita media, si presta maggiore attenzione alle difficoltà correlate all’invecchiamento, tra cui i disturbi cognitivi assumono un posto di rilievo. Ma essere anziani non è sinonimo di demenza.

A causa di un processo denominato apoptosi (morte cellulare programmata), a partire dai 30’anni le cellule del cervello iniziano a degenerare. A 75 anni il cervello ha perso fino al 10% del suo peso e fino al 20% dell’irrorazione sanguigna e vi è una riduzione della connessione neuronale.

Nel normale invecchiamento si riscontra una limitazione nella velocità di elaborare le informazioni ed una diminuita efficienza fluida, vale a dire la capacità di risolvere nuovi problemi, trattare ed elaborare le informazioni; resta inalterata invece l’intelligenza cristallizzata cioè l’esperienza legata all’ambiente e dunque ai fattori sociali ed educativi.

NON SEMPRE DEMENZA

Il deterioramento delle funzioni cognitive non equivale sempre a demenza. Per questo motivo una diagnosi precisa richiede una valutazione accurata. Sintomi simili alla demenza possono manifestarsi nel corso di malattie acute febbrili, oppure in conseguenza a malattie croniche in fase di scompenso, in particolare patologie cardiache e polmonari. L’uso non corretto di alcuni farmaci (tranquillanti, sonniferi, antispastici ed altri) può essere responsabile di disturbi di memoria o confusione. Un’altra frequente causa di decadimento delle funzioni cognitive è rappresentata dalla depressione, la malattia psichica più diffusa nella popolazione anziana che nelle sue forme più severe può apparire indistinguibile da una demenza grave. Anche il trasferimento in ambiente ospedaliero o in una struttura residenziale (casa protetta o RSA) può provocare uno stress tale da produrre una condizione di apparente demenza.

DISTURBI COGNITIVI

La demenza non è una singola malattia ma una sindrome, cioè un insieme di segnali e di sintomi, caratterizzata dalla progressiva compromissione delle funzioni cognitive, in particolare della memoria, del ragionamento, del linguaggio e dell’orientamento. Possono essere presenti sintomi psichici quali l’ideazione delirante e le allucinazioni; compromissione dei disturbi comportamentali a carico della sfera emotiva e della capacità di rapportarsi correttamente alla realtà, manifestandosi con irritabilità o vera aggressività più spesso solo verbale, raramente fisica; disturbi somatici quali l’alterazione del ritmo sonno veglia, disturbi del comportamento alimentare e il controllo degli sfinteri.

Si distinguono demenze degenerative, demenze vascolari e demenze miste.

DEMENZE DEGENERATIVE
Sono caratterizzate da un normale aumento, per cause non ancora note, del processo di apoptosi neuronale (morte cellulare programmata). Tra le demenze degenerative la malattia di Alzheimer è la più frequente e rende conto di più del 50% dei casi di demenza. La seconda forma, in ordine di frequenza, è la demenza a corpi di Lewy. Più rara è la demenza frontotemporale.

DEMENZE VASCOLARI
Il meccanismo che le determina è il ripetersi di “ictus” cioè di lesioni cerebrali conseguenti ad alterata circolazione del sangue. Le cause riguardano un aumento della pressione arteriosa, il diabete, l’aterosclerosi dei vasi del collo, alcune malattie cardiache, alcune malattie del sangue.

DEMENZE MISTE 
Sono il risultato dell’associazione delle due problematiche precedenti.

DIFFUSIONE

La demenza è una malattia molto diffusa in età superiore ai 60 anni. Si stima che in Europa siano circa 6.000.000 le persone affette dalla malattia di Alzheimer e che in Italia vi siano circa 150.000 nuovi casi l’anno.

La malattia di Alzheimer rappresenta circa il 60% di tutte le demenze, la demenza vascolare circa il 20%, nel 15% dei casi le due demenze coesistono. La prevalenza delle demenze raddoppia ogni 5 anni interessando il 5% degli ultra 65enni per passare al 30-40% degli ultra 80enni con maggiore incidenza nel sesso femminile: lo 0,02% tra i 30 e i 59 anni, lo 0,3% tra i 60 e i 69 anni, il 3,2 % tra i 70 e i 79 anni.

La demenza ha una durata variabile, generalmente intorno a 10-12 anni, nel corso dei quali, in modo graduale o con improvvisi peggioramenti alternati a fasi di stabilità, si assiste alla progressione dei sintomi.

LA MALATTIA DI ALZHEIMER

Nelle fasi iniziali i sintomi sono spesso attribuiti all’invecchiamento, allo stress, a depressione. L’anziano può presentare modificazioni del carattere, essere meno interessato ai propri hobby o al proprio lavoro, oppure essere ripetitivo.

Gli indicatori più comuni sono le piccole dimenticanze, perdere il filo del discorso, dimenticare un appuntamento. Talvolta l’inizio della malattia è contrassegnato dalla sospettosità nei confronti di altre persone, accusate di sottrarre oggetti o cose che il malato nasconde per poi dimenticarsi di averlo fatto. Altre volte la malattia può iniziare in seguito ad un trauma, durante un ricovero ospedaliero o nei giorni che seguono un intervento chirurgico. Spesso i familiari tendono ad attribuire ad un evento la causa della malattia. In realtà queste evenienze costituiscono eventi stressanti che la rendono evidente.

In un secondo momento si passa al deterioramento della funzioni relazionali più complesse nelle quali è maggiore la competenza cognitiva, le cosiddette funzioni strumentali, quali gestire le finanze, utilizzare i mezzi di trasporto e di comunicazione, gestire la casa ed i farmaci, e con la progressione della demenza vengono compromesse anche le attività quotidiane di base (igiene personale, abbigliamento, mobilità, continenza).

Nelle fasi avanzate compaiono complicanze, quali cadute, malnutrizione, infezioni, che compromettono ulteriormente lo stato funzionale.

Per poter parlare di demenza, i disturbi debbono essere tali da interferire con le relazioni sociali e le attività lavorative.

SINTOMI COGNITIVI

1. La perdita della memoria che compromette la capacità lavorativa. Dimenticare un compito, una scadenza, il nome di un collega. La dimenticanza frequente segnala che c’è qualcosa che non va.

2. Problemi con le parole. Il malato di Alzheimer può dimenticare parole semplici o sostituirle con parole improprie rendendo quello che dice difficile da capire.

3. Difficoltà di orientarsi nel tempo e nello spazio. Il malato di Alzheimer può perdere la strada di casa, non sapere dov’ è e come ha fatto a trovarsi là.

4. Diminuzione della capacità di critica e di giudizio. Un malato di Alzheimer può agire in modo inappropriato. Può indossare il cappotto per andare al mare o mettere i sandali in un periodo freddo.

5. Mettere le cose nel posto sbagliato. Un malato di Alzheimer può mettere gli oggetti in luoghi inappropriati e non ricordarsi come siano finiti là.

6. Cambiamenti umorali o di comportamento. Nel malato di Alzheimer gli sbalzi d’umore sono particolarmente repentini e senza alcuna ragione apparente.

7. Cambiamenti di personalità. Un malato di Alzheimer può cambiare drasticamente, può diventare irascibile, sospettoso e diffidente.

8. Ridotta capacità di iniziativa. Il malato di Alzheimer perde progressivamente l’interesse nelle sue solite attività.

I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO

Al deterioramento delle funzioni cognitive si aggiungono altri problemi che rendono ancora più complessa e difficile la gestione dei malati da parte di chi se ne prende cura. Questi problemi sono definiti disturbi del comportamento o sintomi non cognitivi della demenza. Non tutti i disturbi sono contemporaneamente presenti in uno stesso malato e in ogni malato questi sintomi assumono espressioni diverse, sia per quanto riguarda la forma che la gravità e intensità del comportamento.

AGGRESSIVITÀ

Questo comportamento può manifestarsi sia con aggressività verbale, insulti, bestemmie, linguaggio scurrile, che, più raramente, con aggressività fisica: il malato picchia, scalcia, sputa, oppone resistenza.

ATTIVITÀ MOTORIA ABERRANTE

Si possono identificare due aree di espressione di questo disturbo del comportamento: il vagabondaggio e l’affaccendamento.

 Il vagabondaggio (Wandering) consiste sostanzialmente in un’attività di deambulazione incessante del malato che continua a camminare senza una meta e uno scopo precisi, rispondendo a un impulso interiore incontrollabile.

L’affaccendamento indica tutti quei gesti e comportamenti ripetitivi in cui il malato sembra indaffarato in attività prive di un fine logico che lo vedono ‘impegnato’ in azioni monotone, quasi automatiche.

AGITAZIONE PSICOMOTORIA

Quando è presente questo disturbo del comportamento il malato esprime ansia, tensione, inquietudine, paura. Il malato non riesce a stare fermo oppure continua a chiedere di qualcuno che deve arrivare, oppure manifesta timore per qualcosa di indefinito. Spesso si disorienta sia nel tempo che nello spazio. A volte può anche reagire in maniera eccessiva e spropositata. Questa modalità di comportamento è anche denominata reazione catastrofica, dal momento che il malato risponde ad uno stimolo, di per sé innocuo, come se si trattasse di una cosa pericolosa e allarmante.

DELIRI

Il malato appare convinto di qualcosa che non c’è e crede che cose non vere stiano realmente accadendo. Per esempio crede che qualcuno voglia fargli del male; crede che i familiari vogliano abbandonarlo; crede che il coniuge o qualcuno della famiglia non siano chi dicono di essere; crede che un personaggio della TV sia reale e dialoga con esso.

ALLUCINAZIONI
Il malato vede o sente cose che non esistono ed è pienamente convinto della reale esistenza di ciò che vede o sente. Questo disturbo del comportamento, così come i deliri, può verificarsi durante la fase acuta di alcune malattie organiche e in modo particolare quando sono presenti febbre e disidratazione. Così come per i deliri, l’assunzione di alcuni farmaci può essere implicata nel determinare la comparsa di fenomeni allucinatori.

COMPORTAMENTI ALIMENTARI

Possono verificarsi tutti i disturbi di tipo alimentare. Il malato chiede continuamente cibo anche se ha appena terminato di mangiare. Il malato può perdere l’appetito ed ipoalimentarsi. Sono possibili anche comportamenti in antitesi fra di loro quali mangiare con voracità oppure serrare la bocca e rifiutare di alimentarsi e di bere. Può accadere che il malato sputi il cibo più solido. Nelle fasi più avanzate della malattia, il soggetto può ruminare il cibo senza deglutire, anche per periodi brevi, prima di ritornare a periodi in cui ritorna a masticare normalmente.

CRITERI più utilizzati per la DIAGNOSI di MALATTIA di ALZHEIMER sono quelli proposti dalle nuove linee guida e dai criteri del DSM V.

Criteri diagnostici per la diagnosi di Demenza.

Presenza di sintomi cognitivi o comportamentali che:

  1. interferiscono con le capacità lavorative o le usuali attività e:
  2. rappresentano un declino rispetto ai precedenti livello di funzionamento;
  3. non sono dovute da un delirium o da una sindrome psichiatrica;
  4. il deterioramento cognitivo è rilevato e diagnosticato da una combinazione di
    a) colloquio con il paziente e con un informatore adeguato, b) esame cognitivo “bedside” (ove i test neuropsicologici necessitano quando i rilevi precedenti non permettono di giungere ad una diagnosi certa);
  5. il deterioramento cognitivo o comportamentale coinvolge un minimo di 2 delle sottostanti funzioni cognitive:

a) difficoltà di fissare e ricordare nuove informazioni come ripetitività nelle domande o nella conversazione, perdita di oggetti personali, dimenticanze di appuntamenti., perdere l’orientamento in strade familiari b) deterioramento del ragionamento e delle funzioni esecutive (compiti complessi), povere capacità di giudizio, – i sintomi includono: consapevolezza ridotta di rischi per la incolumità, incapacità di amministrare il denaro, ridotte capacità di prendere decisioni, incapacità di pianificare attività complesse e sequenziali c) abilità visuo-spaziali deteriorate – i sintomi includono: incapacità di riconoscere facce o oggetti comuni o di individuare oggetti a dispetto di una buona acuità visiva, incapacità di usare utensili semplici o di girare i vestiti nel giusto orientamento vestendosi d) deterioramento del linguaggio (parlare, leggere, scrivere) – i sintomi includono anomie (di parole di uso comune) esitazioni nel parlare, errori nel parlare, scrivere e) cambiamenti della personalità, del comportamento – i sintomi includono: insolite variazioni di umore come ansia, demotivazione, mancanza di iniziativa, apatia, perdita di interessi, ritiro e depressione, perdita di interessi in attività solite, perdita di apatia , comportamenti compulsivi o ossessivi, disinibizioni comportamentali

Demenza Alzheimer probabile

Presenza dei criteri precedentemente descritti ed in aggiunta:
A. i sintomi si sono sviluppati gradualmente, in mesi ed in anni, non improvvisamente;
B. storia clinica chiara di deterioramento cognitivo
C. i sintomi cognitivi si sono presentati in una delle seguenti modalità:
a) esordio mnestico (memoria anterograda) con almeno un altro dominio cognitivo danneggiato (v. lista precedente)
b) esordio linguistico. Il deficit principale è l’anomia ma sono analogamente presenti deficit in altri domini cognitivi
c) esordio visuospaziale. I deficit principali sono nell’orientamento spaziale, agnosia per gli oggetti, difficoltà nel riconoscimento di volti, simultanagnosia, alessia. Analogamente sono presenti deficit in altri domini cognitivi
d) esordio esecutivo. I deficit principali sono nel ragionamento, giudizio e problem solving. Analogamente sono presenti deficit in altri domini cognitivi
D. La diagnosi di AD non deve esser fatta quando vi è evidenza di un concomitante patologia cerebrale, stroke legato temporalmente al deterioramento o presenza di infarti multipli o severe anomalie nella materia bianca o segni caratteristici di Demenza Corpi di Lewy o
c) caratteristiche di demenza fronto temporale
d) caratteristiche di afasia primaria progressiva e varianti o
e) evidenza di altra causa neurologica o medica o farmacologica che potrebbe avere effetti sul versante cognitivo.
Demenza Alzheimer probabile con documentato declino
Presenza dei criteri precedentemente descritti ed in aggiunta:
Evidenza di progressivo declino cognitivo basato su informazioni di caregiver e test cognitivi in un contesto di valutazione neuropsicologica o di esami cognitivi standardizzati
Demenza Alzheimer probabile in un soggetto portatore di mutazione genetica
Presenza dei criteri per AD probabile ed in aggiunta evidenza di mutazione genetica (in APP, PSEN1, or PSEN2), aumenta la certezza che la sintomatologia sia causata dalla malattia di Alzheimer.
Demenza Alzheimer possibile
Una diagnosi di AD possibile può esser proposta quando vi sono i deficit cognitivi caratteristici ma un esordio improvviso della sintomatologia o insufficienti dati relativi alla progressività del declino (sviluppo atipico). Oppure la diagnosi è possibile in caso di presentazione mista, quando vi è evidenza dei criteri relativi all’ AD ma vi è un concomitante malattia cerebrovascolare, uno stroke, infarti multipli o danni con iperintensità della materia bianca o caratteristiche legate alla Demenza con Corpi di Lewy o altre malattie neurologiche, mediche o assunzione di farmaci che possono influire sulla cognizione.
Demenza Alzheimer probabile con evidenze di patofisiologia
Si includono i biomarker dei processi patofisiologici nei criteri diagnostici. Le due classi principali sono:
1. Biomarkers of brain amyloid-beta (Ab) protein deposition
2. biomarkers of downstream neuronal degeneration or injury.
Seppur l’uso dei biomarker aumenti la certezza diagnostica, vi sono varie ragioni per impiegarli solo nei trials clinici ed in studi investigativi come in singoli casi appropriati.
Demenza Alzheimer possibile con evidenze di patofisiologia
Questa categoria riguarda i casi che riguardano una diagnosi di non – Ad demenza ma che hanno entrambi i biomarker significativi per AD o AD processi fisiopatologici già descritti sopra di co-morbilità o con segni fisiopatologici di AD. Ad es. possono esser inclusi casi di pazienti con Demenza con Corpi di Lewy o FTD che hanno biomarker positivi per Ad o una autopsia congruente con AD. Si tratta di casi ove probabilmente sono presenti due patologie.
Demenza Alzheimer con evidenze di patofisiologia
La diagnosi viene fatta quando sono soddisfatti tutti i criteri clinici, cognitivi e neuropatologici
Demenza non dovuta a AD
Non vengono rispettati i criteri clinici per la demenza AD oppure nonostante il rispetto di evidenze cliniche vi sono sufficienti evidenze di HIV demenza, Huntington Disease o, raramente, un overlap con l’AD. Inoltre vi è il caso di rispetto dei requisiti diagnostici clinici, ma entrambe le classi di biomarker sono negative.

Nel DSM 5 c’è stata una sostanziale modifica nella definizione. Il sottotipo della malattia di Alzheimer rientra nei nuovi disturbi neurocognitivi, differenziati in Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori laddove maggiore o minore è dettato dalla gravità della condizione.

DISTURBI NEUROCOGNITIVI MAGGIORI
sono disturbi con un alto grado di danneggiamento cognitivo in almeno uno dei seguenti:

  1. Attenzione complessa (pianificazione, presa di decisioni, memoria di lavoro, risposta correttiva a un feedback di errore, abitudini predominanti, flessibilità mentale);
  2. Abilità esecutive (pianificazione, presa di decisioni, memoria di lavoro, risposta correttiva a un feedback di errore, abitudini predominanti, flessibilità mentale);
  3. Apprendimento e memoria (memoria immediata, memoria di richiamo);
  4. Linguaggio (espressione e comprensione);
  5. Abilità percettive (visuali e costruttive);
  6. Cognizione sociale (riconoscimento di emozioni, teoria della mente, regolazione del comportamento)

I criteri per questa diagnosi:

  1. Evidenza di un significativo declino cognitivo rispetto a un precedente livello di performance, in uno o più dei domini, basata su:
  1. Report compilati dal paziente stesso o da informatori, o osservazione da parte dei clinici, o un declino nelle abilità in domini specifici
  2. Chiari deficit nei domini prevalenti (generalmente più di due) risultati dall’assessment oggettivo rispetto ad appropriati riferimenti circa la popolazione di appartenenza (età, sesso, educazione, livello premorboso, ecc)
  1. Il deficit deve essere tale da interferire con l’autonomia e l’indipendenza funzionale del paziente.
  2. Il deficit cognitivo non si manifesta esclusivamente nel contesto di un delirium
  3. Il disturbo cognitivo non è principalmente dovuto ad un altro disturbo di asse I

DISTURBI NEUROCOGNITIVI MINORI
questi disturbi riconoscono quei pazienti che hanno un lieve deterioramento cognitivo in uno o più degli stessi domini dei Disturbi neurocognitivi maggiori, ma hanno conservato un funzionamento autonomo e l’indipendenza nello svolgimento delle attività quotidiane. L’assessment di questa tipologia di disturbi è più complesso e delicato, poiché non esistono report sul lieve danneggiamento cognitivo, inoltre una variabile di fondamentale importanza qui diviene il livello di funzionamento premorboso.

I criteri sono

  1. L’evidenza di un declino cognitivo minore da un precedente livello di performance, in uno o più dei domini prevalenti, basata su:
  1. Report compilati dal paziente stesso o da informatori o osservazione da parte dei clinici, o un declino nelle abilità in domini specifici
  2. Un lieve deficit nei domini prevalenti risultante dall’assessment oggettivo rispetto ad appropriati riferimenti circa la popolazione di appartenenza (età, sesso, educazione, livello premorboso, ecc)
  1. Il deficit non è tale da interferire con l’autonomia e l’indipendenza funzionale del paziente, sebbene queste vengano conservate con grande sforzo e con strategie compensatorie
  2. Il deficit cognitivo non si manifesta esclusivamente nel contesto di un delirium
  3. Il disturbo cognitivo non è principalmente dovuto ad un altro disturbo di asse I

DIAGNOSI DI DEMENZA: gli esami di laboratorio sono necessari e da eseguire di routine:

  • Emocromo con formula
  • Elettroliti
  • VES
  • Glicemia
  • Azotemia
  • Creatininemia
  • Esame delle urine
  • Funzionalità tiroidea
  • Vitamina B12 e Folati
  • Lue
  • Funzionalità epatica
  • HIV 1
  • RX torace ed emogasanalisi
  • Metaboliti urinari di sostanze d’abuso
  • Escrezione urinaria di metalli pesanti
  • Autoanticorpi per la ricerca di malattie autoimmunitarie

NEUROIMAGING CEREBRALE

Gli esami di neuroimaging cerebrale al momento della prima diagnosi comprendono

  • TC scan
  • RM

Altri esami come la SPECT o la PET, che possono fornire informazioni sullo stato funzionale cerebrale, sono di grande interesse per fini di ricerca.

TEST SOMMINISTRATI: l’intervento sul paziente vede l’applicazione di protocolli di test MMSE, GDS, ADAS-Cog, test di fluenza verbale, REY, ripetizione di cifre in avanti, riconoscimento di figure, MODA, fondamentali per la valutazione cognitiva e neuropsichiatrica del caso. Con questi test si valuta l’orientamento nel tempo, nello spazio e verso le persone, la memoria a breve e lungo termine, le abilità visuo-spaziali, la capacità di associazione e comprensione di concetti, la logica. Inoltre una valutazione psichiatrica individua eventuali disturbi dell’umore o del comportamento che influenzano negativamente i deficit cognitivi. Si valuta poi l’ambiente e l’interazione dell’anziano con esso attraverso l’utilizzo di test come ADL, Barthel index, IADL.

IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLE DEMENZE

Il trattamento della demenza comprende una serie di interventi farmacologici rivolti non solo al controllo dei Deficit Cognitivi, ma anche alla cura dei Sintomi Comportamentali, delle malattie coesistenti, o mirati a fornire un supporto al paziente ed alla famiglia durante il decorso della malattia. In particolare gli inibitori dell’AChe nei pazienti responder in stadio lieve e moderato, rallentano il decorso della malattia di 7-12 mesi; la memantina nei pazienti in stadio moderato e grave. Per i sintomi comportamentali i farmaci sono indicati solo quando gli approcci non farmacologici hanno fallito e quando i farmaci sono assolutamente necessari a garantire la sicurezza del paziente e degli altri. I farmaci comunemente usati sono gli antidepressivi e gli ansiolitici. Particolare attenzione e cautela va usata per gli antipsicotici.

IL TRATTAMENTO DELLE DEMENZE – Riabilitazione cognitiva

PRINCIPALI METODICHE DI RIABILITAZIONE COGNITIVA

Terapia di Orientamento alla Realtà (ROT)

3R Therapy (ROT, Reminescenza e Rimotivazione)

Terapia di Reminescenza

Validation Therapy

Memory training

Metodo dei loci

Associazione nome-faccia

Pegwords (parole appiglio)

Terapia occupazionale

Le MNEMOTECNICHE, la STIMOLAZIONE DELLA MEMORIA PROCEDURALE e la TERAPIA DI ORIENTAMENTO DELLA REALTA’ trovano spazio nelle fasi iniziali di malattia.

La terapia di REMINESCENZA e di RIMOTIVAZIONE nelle fasi iniziali ed intermedie.

La terapia di VALIDAZIONE nelle fasi intermedie ed avanzate di malattia.

Alcuni di questi approcci riabilitativi come MEMORY TRAINING e MNEMOTECNICHE sono focalizzati in modo specifico sui deficit mnesici mentre la REALITY ORIENTATION THERAPY (ROT), la 3R (ROT, REMINISCENZA e RIMOTIVAZIONE) e la VALIDATION THERAPY affrontano anche le implicazioni affettive dei deficit cognitivi. E’ noto infatti che lo stato emotivo del paziente ha un impatto rilevante sulle funzioni cognitive e sulla qualità della vita.

Uno degli obiettivi più importanti è costituito dal controllo della DEPRESSIONE, poiché le condizioni affettive del paziente influenzano profondamente la memoria, le attività cognitive e la capacità di mantenere un contatto stimolante con l’ambiente. In questa ottica si propone anche la TERAPIA OCCUPAZIONALE.

La ROT: La Terapia di Orientamento alla realtà è stata ideata da Folsom nel 1958 e successivamente sviluppata da Taulbee e Folsom negli anni ’60. La ROT è finalizzata a ri-orientare il paziente confuso rispetto al sé, alla propria storia personale e all’ambiente circostante. Tramite ripetitive stimolazioni multimodali: verbali, visive, scritte, musicali, si prefigge di rafforzare le informazioni di base del paziente rispetto alle coordinate spazio temporali e personali.

Si distinguono due principali modalità di ROT: informale e formale.

La ROT informale prevede un processo di stimolazione continua che implica la partecipazione di operatori sanitari e familiari, i quali, durante i loro contatti col paziente, nel corso della giornata, forniscono ripetutamente informazioni al paziente.

Come intervento complementare alla ROT informale, è stata sviluppata una ROT Formale che consiste in sedute giornaliere di 45 minuti, condotte con gruppi di 4-6 persone, omogenee per grado di deterioramento, durante le quali un operatore impiega una metodologia di stimolazione standardizzata.

I dati più recenti confermano che la ROT è in grado di rallentare la progressione dei sintomi cognitivi nel paziente con compromissione lieve-moderata e senza rilevanti disturbi comportamentali.

Alcuni pazienti possono mostrare segni di irritabilità come effetti collaterali.

MEMORY TRAINING

Sulla base della dimostrazione che nelle fasi iniziali della malattia la memoria procedurale risulta risparmiata, sono state proposte tecniche finalizzate a stimolare l’apprendimento procedurale motorio, sensoriale e cognitivo. Le tecniche proposte migliorano i tempi di esecuzione di alcune attività della vita quotidiana come lavarsi, vestirsi, preparare la colazione, con un training di 1 ora al giorno per 5 giorni settimanali.

La TECNICA DI SPACED-RETRIEVALÈ è caratterizzata dal recupero della medesima informazione ad intervalli di tempo crescente. Si usa l’associazione nome-faccia, la identificazione di oggetti e la loro collocazione. 

L’IMPIEGO DI AUSILI MNESICI ESTERNI  come diari, segnaposto, suonerie. Si è dimostrato utile, nei pazienti con malattia di Alzheimer lieve moderata per favorire il livello di interazione sociale del paziente.

TERAPIA DI REMINESCENZA 

L’anziano ha una naturale tendenza a rievocare il proprio passato. Da ciò si può trarre il beneficio di stimolare le risorse mnesiche residue per sentire piacere e soddisfazione nel ricordare il proprio ruolo sociale e favorire l’autostima.

Con la denominazione di LIFE REVIEW ci si riferisce invece ad una forma di REMINESCENZA che riguarda il lato doloroso, offre la possibilità di riflettere sulla propria vita per risolvere conflitti e sensi di colpa.

RIMOTIVAZIONE è una tecnica cognitivo-comportamentale (Janssen e Giberson 1988) strutturata in brevi incontri in cui si dialoga su un tema di attualità. È indicata per pazienti con depressione non grave e sintomi cognitivi lievi con l’obiettivo di riattivare gli interessi per il mondo esterno e le relazioni interpersonali.

TERAPIA DI VALIDAZIONE proposta da Feil nel 1967, si rivolge a pazienti con una compromissione moderata o severa e non ha l’obiettivo di riportarli nella realtà oggettiva ma si basa su un rapporto empatico dove la realtà nella quale il paziente vive ed i suoi sentimenti vengono convalidati ed accettati anche se questi sono collocati lontano nel tempo. Prevede un incontro a settimana di 30-60 minuti e si può applicare anche in gruppi di 5-8 partecipanti.

INTERVENTI COGNITIVO-COMPORTAMENTALI NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER CON SINTOMI DEPRESSIVI

Nelle demenze in fase lieve e moderata, quando il paziente è consapevole della condizione di malattia e della perdita progressiva della propria autonomia, possono intervenire sintomi tipici della depressione poiché il paziente sperimenta sempre maggiore inadeguatezza e frustrazione che si mantiene per assenza di esperienze coinvolgenti e piacevoli. Nel paziente che conserva un buon grado di cognitività l’approccio è orientato in senso cognitivo e comportamentale, mentre quando la consapevolezza di malattia è assente gli interventi attuati sono di tipo comportamentale.

Una delle tecniche comportamentali più usate è quella del RILASSAMENTO, in particolare la RESPIRAZIONE PROFONDA ed il RILASSAMENTO MUSCOLARE PROGRESSIVO.

Un ruolo di rilievo è svolto dalla TERAPIA OCCUPAZIONALE con attività come mestieri, pittura, giochi di gruppo, occupazioni domestiche per recuperare e potenziare le abilità cognitive e funzionali residue, aumentare l’autostima. Un intervento di grande efficacia si è dimostrata la MUSICOTERAPIA utilizzata per recuperare i ricordi, favorire le relazioni, indurre il rilassamento e conciliare il sonno.

Un altro valido approccio è costituito dalle ATTIVITÀ MOTORIE effettuate in gruppo. Migliorano notevolmente il tono dell’umore e riducono i disturbi comportamentali, stimolano l’appetito e migliorano il ritmo sonno-veglia.

LA MILIEU THERAPY (terapia contestuale) applica i principi del condizionamento operante con l’uso di rinforzi positivi per ottenere e mantenere comportamenti adattivi adeguati, e di rinforzi negativi per scoraggiare il ripetersi di atteggiamenti maladattivi.

STRATEGIE EFFICACI PER RIDURRE I DISTURBI COMPORTAMENTALI NEI SOGGETTI DEMENTI

 DELIRI E ALLUCINAZIONI

• Ignorare le false accuse

• Correggere eventuali difetti sensoriali

• Mantenere una regolare attività fisica e programmi di socializzazione

• Distrarre il paziente dall’idea dominante spostando la sua attenzione su altri oggetti, attività o luoghi

• Mantenere l’ambiente stabile, posizionando gli oggetti in posti abituali

• Creare un ambiente tranquillo, rassicurante

• Confortare e riassicurare il paziente con il tono della voce e con il contatto fisico

 AGITAZIONE

• Evitare gli eventi che precipitano il comportamento

• Rimuovere gli stimoli precipitanti

• Distrarre il paziente

• Fornire supporti di tipo affettivo ed emotivo

• Creare un ambiente tranquillo, rassicurante

 DEPRESSIONE

• Utilizzare rinforzi positivi per aumentare l’autostima

• Evitare situazioni stressanti

• Assicurare un ambiente tranquillo

• Stimolare attività fisica, hobby ed occupazioni

 INSONNIA

• Assicurare un ambiente tranquillo

• Evitare i riposi diurni

• Stimolare attività fisica, hobby ed occupazioni

• Evitare l’assunzione serale di composti stimolanti (caffè, the, tabacco)


ALTRE TERAPIE

1) MUSICOTERAPIA evoca ricordi, suscita emozioni, esercita effetti rilassanti o stimolanti.

2) TERAPIA CON LE BAMBOLE favorisce la diminuizione di alcuni disturbi del comportamento. Tramite l’accudimento e il maternage della bambola il paziente attiva relazioni tattili e affettive.

3) SNOEZELEN TERAPY introdotto negli anni ’70 in Olanda come intervento per persone con disturbi dell’apprendimento al fine di ridurre gli effetti della deprivazione sensoriale, negli anni acquisisce una validità documentata nel promuovere il rilassamento e comportamenti adattivi, capitalizzare le abilità sensoriali e motorie residue, migliorare il tono dell’umore, facilitare l’interazione e la comunicazione, promuovere la relazione con il caregiver. Il trattamento Snoezelen avviene in un ambiente multisensoriale in cui vista, udito, tatto e odorato sono stimolati tramite l’utilizzo di effetti luminosi, musicali, con aromi, forme e superfici tattili.

4) TERAPIA RICREAZIONALE pet terapia, attività ricreative, giardinaggio, giochi da tavola, permettono la socializzazione e mantengono attivi. Il rapporto affettivo con un animale da compagnia può intervenire positivamente in situazioni di squilibrio dell’affettività e costruire un tramite molto utile per ripristinare canali di comunicazione e socializzazione. Il rapporto di cura con un animale comporta effetti di responsabilizzazione, organizzazione dei ritmi quotidiani, impegno in attività che possono essere utili per superare situazioni di depressione e isolamento. La relazione di tipo empatico è più facile tra uomo-animale perché prescinde dalle funzioni più compromesse dalla malattia: linguaggio, orientamento, memoria, capacità critica e di giudizio.

5) MINDFULNESS significa prestare attenzione in un particolare modo: – con intenzione, -nel momento presente, -in modo non giudicante. I benefici della mindfulness hanno riscontro nella riduzione della ruminazione, migliora la memoria e la capacità di focalizzazione-attenzione, riduce la reattività emozionale, dona maggiore flessibilità cognitiva e soddisfazione nelle relazioni.

INTERVENTI RIVOLTI AI FAMILIARI E CAREGIVER

  1. Terapia familiare
  2. Gruppi di supporto
  3. Gruppi psicoeducativi
  4. Gruppi di auto aiuto
  5. Respite
  6. Interventi cognitivo comportamentali (depressione)

CONCLUSIONI
“La demenza è la manifestazione più crudele dell’invecchiamento, quella che inesorabilmente cancella tutto ciò che fa di noi individui e persone”(Lancet 2008)

Ne emerge la necessità di sensibilizzare affinchè si comprenda l’importanza di una diagnosi precoce, necessaria per una efficace gestione di una patologia di lunga durata che condiziona il malato, la sua famiglia e gli operatori in una relazione assidua e impegnativa.

Dottoressa Adriana Antoniella GrecoMedico Geriatra, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale (9 OTTOBRE 2015)

BIBLIOGRAFIA

Spagnoli A., (2005), L’età incerta e l’illusione necessaria – Introduzione alla psicogeriatria. UTET, Torino

Marco Trabucchi, (2005), I vecchi, la città e la medicina. Il Mulino, Bologna

Marco Trabucchi, (2002), Le demenze. Utet Div. Scienze Mediche. Cernusco sul Naviglio (Milano)

Rossana De Beni, (2009), Psicologia dell’invecchiamento, il Mulino, Bologna

Carbone G., (2007), Invecchiamento cerebrale, demenze e malattia di Alzheimer. Una guida informativa per i familiari e gli operatori. Franco Angeli, Milano

Gabelli C., Gollin D.(a cura di), (2006), Stare vicino a un malato di Alzheimer: dubbi, domande, possibili risposte. Il Poligrafo, Padova

Mecocci P., Cherubini A., Senin U., (2002), Invecchiamento cerebrale, declino cognitivo, demenza: un continuum? Critical Medicine Publishing, Roma

Passafiume D., Di Giacomo D.(a cura di), (2006), La demenza di Alzheimer. Guida all’intervento di stimolazione cognitiva e comportamentale. Franco Angeli, Milano

Vigorelli P., (2008), Alzheimer senza paura. Rizzoli. Pozzuoli

Salza C., (2007), Arteterapia e Alzheimer. NodoLibri, Como

Linee Guida dell’A.A.N. American Academy of Neurology, 2000

Linee Guida NICE, 2011

Belloni Eleonora, Ferrari Arianna, Cozzi Federica, Gollin Donata, C. Gabelli, (2012), “La palestra per la mente: studio prospettico non farmacologico sui pazienti affetti da demenza”, AIP Gardone, pubblicato su Psicogerontologia

D. Gollin, A. Ferrari, E. Talassi, (aprile 2010), “Efficacia dell’intervento di attivazione cognitiva sulle abilità della vita quotidiana”, Giornale Psicogeriatria

Katz S, Ford AB et alJAMA 1963;185:914-919

Mahoney FI, Barthel DW: Mar.St.Med.J. 1965;14:61-65

Lawton M.P. e Brody E.M., Gerontologist, 9:179-186, 1969

Folstein M.F., Folstein S., McHugh P.R., J.Psychiatr.Res;12:189-198, 1975)

G.B.Frisoni, R.Rozzini, A.Bianchetti, M.Trabucchi: Principal lifetime occupation and MMSE score in elderly persons. Journal of Gerontology: Social Sciences 48:S310-S314, 1993

Yesavage JA, Rose TL, Lum O, Huang V, et al., Development and validation of geriatric depression screening: a preliminary report. J Psychiatr Res 1983;17:37-49

Adattata da Sheikh JI, Yesavage JA: “Geriatric depression scale (GDS): Recent evidence

and development of a shorter version,” in Clinical Gerontology: A Guide to Assessment

and Intervention, edited by TL Brink. Binghamton, NY, Haworth Press, 1986, pp. 165-173.

© By The Haworth Press, Inc.

Ott B.R., Lafleche G., Whelihan W.M., Buongiorno G.W., Albert M.S., Fogel B.S.: Impaired awareness of deficits in Alzheimer’s Disease. Alzheimer Dis. Assoc. Dis. 1996;10: 68-76

Vallotti B, Zanetti O, Bianchetti A, Trabucchi M., L’insight del paziente demente: riproducibilità di due strumenti di valutazione. Giorn Geront 1997;45:341-345

Cummings JL, Mega M, Gray K, Rosemberg-Thompson S, Carusi DA, Gornbei J: Neurology 1994;44:2308-231

Binetti G, Mega MS, Magni E, Padovani A, Rozzini L, Bianchetti A, Cummings J, Trabucchi M.: Behavioral disorders in Alzheimer’s Disease: a transcultural perspective. Arch Neurol 1998; 55:539-544; Bianchetti A, Metitieri T: Il controllo farmacologico dei sintomi comportamentali. Geriatria 11(S1): 89-98

Pradelli S., Faggiani S., Pavan G., (2008), Protocolli di intervento per le demenze. Terapie farmacologiche e cognitivo – comportamentali per fronteggiare i sintomi del deterioramento. Franco Angeli, Milano

Scocco P., De Leo D., Pavan L. (a cura di), (2001), Manuale di psicoterapia dell’anziano. Bollati Boringhieri, Torino

Claudia Caracciolo, Gregorio Deinite, P. Paolo Longhin,(2009), Psicogeriatria clinica e riabilitazione. Cortina, Torino

Luciana Quaia, (2006), Alzheimer e riabilitazione cognitiva. Esercizi, attività e progetti per stimolare la memoria. Carocci, Roma

Maria C. Quattropani, Emanuela Coppola, (2013), Dimenticare se stessi. La continuità del Sé nei pazienti Alzheimer. Piccin, Padova

Tahar Ben Jelloun, (2006), Mia madre, la mia bambina. Giulio Einaudi editore, Torino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *