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Una emozione, uno stato d’animo, una viva sensazione sulla pelle. Provo a fotografare con l’aiuto della penna dell’anima ma, a fatica, questa notte d’estate, le parole trovano forma.

E niente più …

Ritorno sul ricatto, sulla lama che incide senza spaccare definitivamente. Resta un po’ aperta la ferita a sanguinare, poco puoi muoverti, senza guardare.

Immagino sulla costa frastagliata illuminata dal debole tramonto la delicata sagoma. Un corpo esile, delicato. Poche le parole ma sincere, di verità, quella che arriva inaspettata dall’esterno e proprio non immaginavi che fosse tutto così semplice.

Semplice la spiegazione, terribile da accettare, come se per lungo tempo si fosse nascosta ma ad interferire. O ad ingannare.

Questa sera, come un tempo complice le righe di pochi anni fa, provo a riaffacciarmi e ad alzare gli occhi al cielo. Cerco un contatto nell’affetto più sincero e rifletto. Mi fermo a riflettere sulle convinzioni, sulle scelte, sui momenti da lasciare passare, su quelli da vivere intensamente. E a volte mi chiedo se si vive o si sopravvive.

Perdo il piacere del conforto e mi fermo.

E tutto si ferma.

Una voce calda e sofferente arriva a me nella sera tarda, nelle ultime calde dell’estate. Perdo il gusto di vivere e di vedere con occhi diversi e assisto impotente all’inevitabile divenire delle cose. Immagino il silenzio nel rumore più assordante e mi lascio andare.

La linea blu del cielo si congiunge all’orizzonte e si bagna delle fresche acque della sera.

Il nostro tempo. Ricorre spesso nelle giornate di questa estate insolita, ma ricca di pensieri e riflessioni.

E se ti fermi un attimo a guardare …

Un giorno, mille giorni, i profumi.

E se ti fermi un attimo a pensare …

Senza lasciare trapelare nella maniera più naturale.

Silenzio interrotto bruscamente dal forte brusio del vento che trova strada ai piedi della collina, in questa meravigliosa vallata cha ha dominato gran parte dell’estate.

Chiudo e fuggo via, alla ricerca della tranquillità perduta, con l’amarezza della consapevolezza e la certezza della verità.

Pezzi di anime in frantumi. Senza nessuna musica da sottofondo, al contrario il ronzio della voce che disturba, senza accorgersene.

Poche le ore di sonno in questi giorni.

Colori frammisti alla monotonia di quell’unico sfondo che proprio non vuole cambiare. Tante le pagine ancora da sfogliare e quindi ancora viva la speranza.

Mi lascio aiutare.

Scrivo in maniera compulsiva e senza fermarmi e, come per magia, trovo sollievo.

Urgente, pungente, fastidiosa fino al limite della sopportazione. Stremata e senza forze. Anche se non è la stanchezza ad avere la meglio.

Un salto, un pensiero a quello che non è stato.

A quello che non è più.

Con orgoglio e soddisfazione ripenso alle parole di gratitudine che ho ricevuto e ne sono fiera.

Curo con le mani ma ancor di più con la forza dell’amore le delicate foglie che non trovano radici. Ma vivono lo stesso.

La possibilità di restare se stessi, l’induzione alla riflessione. Non avevo pensato che quando questi due elementi si intersecano si creano le più belle relazioni fra esseri umani. Quelle fatte di rispetto e armonia, di parole non dette, di grandi momenti di crescita e miglioramento.

Non riconosco più. I giri di boa della vita diventano più amari quando i giorni che restano sono meno densi ma pieni di significato.

Si spegne il rumore, si apprezza il silenzio.

Dopo il dolore, si riconosce la gioia.

Dall’assenza, la presenza.

Semplice. Eppure mai ci avevo pensato così.

Fernanda (9 settembre 2015)

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