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A noi resta il dolore. Ma chi va, perde la vita.

Mesi difficili questi, di questo anno che avanza velocemente, fra la libertà ritrovata e lo scontro con la sofferenza  più profonda.

Mi ritrovo a pochissimo tempo di distanza nuovamente di fronte al dolore del distacco e mi accorgo di trovare una spiegazione a quel che accade con sempre più difficoltà. Non so se è un problema legato all’età oppure veramente troppo il supplizio che ha investito, senza alcun riguardo, l’essere umano. Gli esseri umani.

Mi sveglio in questo giorno difficile, mi tiro su a fatica. Un timido sole  offuscato da deboli nuvole si affaccia alla finestra dei miei pensieri. Il desiderio di correre subito in quel posto di disperazione regnante e, nello stesso momento, di contro, la voglia di restare, rifiutare, non accettare. Prevale il mio bisogno di salutare, per l’ultima volta.

Quante cose ci siamo dette in tutti questi anni?

Uno dei sentimenti più nobili nella mia vita, un porto cui approdare nei periodi di difficoltà senza alcun bisogno di spiegare, giustificare. Mai sentirsi giudicati, in compagnia, a casa, qualcuno che è lì a braccia aperte ad ascoltare.

Che fortuna essersi incontrate!

Da lontano intravedo volti a me conosciuti. Tanti. Su ognuno la stessa espressione di incredulità e tristezza, ci si abbraccia, si piange insieme.

Non ho paura di cadere nella banalità, quello che provo lo voglio trasmettere pur sapendo che non sarà mai abbastanza.

A me veloce nella mente tutto quello che insieme abbiamo vissuto. Il nostro, un po’ isolato dal resto, rifugio, decorato da una finestra aperta su  di un quadro di verde di campagna. Una semiluna di legno ad accogliere i nostri libri, i fogli dei nostri pensieri, le penne. La legge di Murphy al primo mattino di ogni mattino, per cominciare ridendo, le parole, il caffè, i propositi, gli sguardi.

Avanzo fra la gente e resto lì a lungo, in un angolo ma accanto, ho bisogno di sentirmi vicina, ancora una volta e da conservare per sempre nella mia di memoria. Nella disperazione e lacrime, prevale innaturalmente il silenzio. Cade come una lastra di ghiaccio a cristallizzare il momento, di dolore e dignità.

Cerco nei cassetti dei miei ricordi un quadro che possa accompagnarmi in ogni giorno. Non temo dimenticare ma ho bisogno di presenza, ancora di presenza. E la mente veloce ripercorre di nuovo le cose più belle che insieme abbiamo vissuto.

Sdraiati su di un prato profumato di verde,  il viso rivolto al cielo, accompagnati, nell’innaturale caldo dell’alta montagna, dalla più bella musica della “controra”.

Ancora, la giornata di acqua cristallina fra le rocce di un mare profumato in una calda estate. Immerse a lungo ed in serenità a raccontare e raccontarci. Casa.

E poi i lunghi silenzi, fatti solo di rassicuranti sguardi. Ci sono, ci siamo.

Ho imparato da lei a fare uscire le lacrime, a chiudere gli occhi nei momenti più difficili. Assecondare le palpebre in qualsiasi posto. Una mano affettuosa sulla mia di spalla ad offrire il suo aiuto.

Ed infine, in questo ultimo inverno, su di una panchina debolmente assolata ci fermiamo vicine aspettando questa primavera che ha fatto di tutto per non arrivare.

Non avrei mai voluto scrivere questa … ma il dolore è troppo forte per non voler ricordare.

A Nelide                                                                       30 maggio 2023

Fernanda

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