Posted on

Big Bang, è il termine coniato da Sir Fred Hoyle (Fisico, Matematico, Astronomo britannico) nel marzo del 1949 per delineare la teoria in base alla quale, attraverso un “grosso botto” si sia espanso (per “liberazione” da una piccolissima massa ad altissima densità) l’intero Universo.

Cari Lettori, quale che sia la vera origine dell’elemento che ci contiene tutti, non possiamo dimenticare la descrizione fatta da un parroco, a proposito della Creazione Divina, avvenuta (a suo dire) a colpi di “Luce” scagliata come un maglio da un Dio indeciso se offrire o meno un’opportunità a chi volle disegnare a propria immagine e somiglianza…

A distanza di molti anni da allora, abbiamo imparato che la vita, per come la conosciamo, è il risultato di scontri (da cui nascono “scintille”) di particelle che si respingono per via della stessa carica elettrica.

L’esistenza dell’atomo, ad esempio, è resa possibile dalla coabitazione “forzata” dei quark nei protoni e nei neutroni e, volendo scendere in qualcosa di più idoneo alla portata dei nostri sensi, il principio di funzionamento dei super treni (I Maglev, da oltre 600 km/h) si basa su campi di repulsione e attrazione elettromagnetica.

Nei testi Sacri, si spiega la nascita delle varie lingue parlate e scritte, come punizione conseguente alla presunzione degli umani di voler costruire una torre capace di riportarli in quel Paradiso da cui furono scacciati per aver disobbedito alla Parola del Padre…

Io l’ho lasciata parlare. Ora, lei, mi lascia parlare!”

Questo è l’imperativo categorico con cui si “dialoga”, nelle sempre più inutili tribune pseudo economico – politico sanitarie che imperversano su ogni tipo di emittente. 

Con considerevole evidenza, il livello qualitativo culturale, politico e sociale che manifesta pubblicamente chi dovrebbe rappresentare (nel vero senso della parola) il popolo italiano (ma anche quello di altri Paesi del Globo terracqueo), ha raggiunto dosaggi da analisi cliniche per le “determinazioni ormonali” (siamo nell’ordine del milionesimo di grammo).

Forse è per questo che, l’ex numero due della CEI, Mons. Mariano Crociata, ha avuto modo di dichiarare (a proposito di comportamenti molto poco “onorevoli” di nostri rappresentanti della Politica): Siamo di fronte a un disastro antropologico; fermiamoci in tempo prima che degeneri ancora di più. Proviamo a superare le risse, le guerre di tutti contro tutti”. 

Una simile affermazione (che riprende il pensiero di Papa Bergoglio) descrive una (apparente) condizione di sconfitta che comporta un grave danno, una rovina completa sul quel piano che riguarda la condizione umana.

Siamo angeli in cerca di un sorriso e, nel frattempo, ci inventiamo la vita alla meno peggio

E ci sovviene l’amaro spaccato dell’opera diretta da Nanni Moretti nel 1985 nella quale, il giovane don Giulio scopre che tutto, nella Società, tende a seguire le vie del disordine entropico e che, il tentativo di riordine entalpico attraverso una evangelizzazione non al passo coi tempi, può far pensare che La Messa è finita”.

Ite, Missa Est!

Formula di congedo dopo essere apparsi davanti a un Superiore che, nella Liturgia Cristiana, diventa il sacrificio del corpo e del sangue di Cristo, secondo il rito prescritto. La rivisitazione emozionale attraverso un atto sacro compiuto affinchè l’Umanità, tutta, ne diventi degna. Questo dovrebbe essere il vero significato del termine “Messa”.

Probabilmente, la necessità di razionalizzare la frustrazione delle autolimitazioni come presupposto di convivenza, ha spinto a immaginare un Dio che impone i Comandamenti e che poggia il Creato sulle Leggi di Natura il cui mancato rispetto sottopone alla pena della sofferenza come forma di redenzione (quando la si vive come spinta al risveglio interiore) o di perdizione (quando si “sceglie” di inaridirsi).

Da simili esigenze, le correnti filosofiche e psicologiche hanno osservato la funzione (indipendente dall’identità di genere) della Madre (come “cuscinetto” protettivo) e del Padre come induttore prodromico al senso di responsabilità.

La saggezza è saper stare con la differenza, senza eliminare la differenza. (Gregory Bateson)

Maturità e saggezza…

La parola Maturo” ha una derivazione etimologica complessa ed è riferito a ciò che è giunto a compimento, nel tempo giusto ed aspetta di essere utilizzato”. 

La Saggezza”, invece, si evidenzia in quelle persone che hanno sviluppato la capacità di gustare il vero sapore della vite e, di conseguenza, la sanno apprezzare, valutandola nel suo complesso.

E che differenza c’è?

L’individuo maturo ha consapevolezza delle sue capacità sviluppate e vorrebbe utilizzarle perché glielo impone la dinamica della stessa energia. Si infastidisce molto quando impatta con le limitazioni degli altri ed è costretto a rallentare o a deviare dai suoi intendimenti ritenuti, a ragione, corretti. 

Il saggio, invece, sa ciò che lo attende in una Società controversa e conflittuale come la nostra e, di conseguenza, calibra nella giusta misura l’impegno da profondere nel raggiungimento dei suoi obiettivi, valutando la possibilità di eventuali ritardi nell’attuazione, non dipendenti dalla propria volontà.

– Miriàm, sai cos’è la grazia?

– Non di preciso, risposi.

– Non è un’andatura attraente, non è un portamento elevato bene in mostra. E’ la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi.

(Erri De Luca – da “In nome della madre”)

Elogio della mitezza

Cari Lettori, ciò che ha colpito e unito schieramenti di diversi “intendimenti”, di fronte alla scomparsa (poco più di un anno fa) del Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, è stata la sua naturale propensione alla signorilità, all’educazione e ai valori, riuniti e ritrovati all’interno di una carattere capace di esprimere il senso della mitezza, nel senso più pieno e più vero.

 “la mitezza è il modus vivendi et operandi più efficace e denso di risultati in un mondo pur così violento e sanguigno nel quale ci è capitato di fare il nostro involontario viaggio sulla terra. L’umile è un testimone, nobilissimo e senza speranza, di questo mondo, il mite, invece, è l’anticipatore di un mondo migliore. L’umiltà è qualcosa che riguarda se stessi, la mitezza è un modo di vivere verso l’altro. La tolleranza ha, infatti, sempre limiti, per così dire, obbligati e prestabiliti, la mitezza è una donazione senza limiti”.

In sostanza, “il mite si sforza di muoversi nel pessimismo dell’intelligenza, avendo come forza propulsiva l’ottimismo della volontà”.

E a questo punto, Cari Lettori, è giunto il momento di entrare nel vivo della tematica di questo Editoriale: Gianni Minà.

Scomparso il 23 marzo scorso, volutamente non siamo intervenuti subito, preferendo attendere qualche settimana per alcune considerazioni che riteniamo doverosa.
Chi è stato questo Torinese ma Romano di adozione?

Solo un bravissimo giornalista? Non crediamo.

Dietro quella modestia e signorilità c’era un uomo di grande cultura, di forte sensibilità, attentissimo al Sociale.

La chiave di volta del suo agire era la mitezza.

Si poneva in ascolto per capire e far capire le varie posizioni, le ragioni che spingono gli uomini a rischiare anche la morte pur di portare un contributo alla Dignità degli “ultimi”.

I suoi reportage hanno visto protagonisti i grandi del nostro tempo. Pensiamo all’attenzione dedicata a Che Guevara e ad altri grandissimi che hanno “toccato profondamente” il nostro immaginario.
Con Fidel Castro, addirittura, divenne amico personale.

É rimasta “leggendaria” una intervista durata molte ore in cui, il leader Maximo, parlava della Società che avrebbe voluto vedere in una Cuba in cui, per secoli, c’era stato solo sfruttamento e servitù.
Ma perché tra tante proposte di giornalisti di mezzo mondo, un personaggio come Fidel si affidava ad uno come Gianni?
A nostro avviso, perché aveva colto col fiuto di un uomo superiore alla media che, dietro quel “giornalista”, si nascondeva un uomo di grande autenticità per il quale l’amicizia nata sul campo aveva qualcosa di basilare e “sacrale”.

Quando l’amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo. E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore: Nell’amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia (Gibran)

Fondamentale, a tal proposito, è la famosa “cena romana”.

In un paio d’ore, con qualche telefonata Gianni Minà mette seduti intorno a un tavolo di trattoria, Mohamed Alì, Robert De Niro, Gabriel Garcia Marquez e Sergio Leone: un pugile icona della dignità civile, un attore grandissimo, uno scrittore di livello altissimo e un regista che sarebbe entrato nella storia del cinema.

Nella foto, Gianni è “naturale” e soddisfatto non tanto per l’eccezionalità dell’evento, quanto perché pregusta una conversazione tra persone che si stimano a vicenda.
Perché tanta fiducia, perché nei suoi confronti tanta amicizia?
Per la competenza nel cogliere le peculiarità del mondo e delle varie situazioni.

Chi veniva intervistato coglieva “a pelle” che, il giornalista di fronte, non era solo un sia pur bravo porgitore ma soprattutto un conoscitore di ciò di cui si parlava.

Ricordo, nell’intervista ad Antonino Caponnetto, a proposito della ricostruzione della vita di Falcone e Borsellino che, a un certo punto lui si commosse. Io feci in modo che la telecamera non indugiasse sul suo volto. Per me, la televisione non è mai stata sensazionalismo.

Di ogni personaggio intervistato egli ha saputo con fiuto inarrivabile cogliere la irripetibile necessità, la presenza sulla terra non a titolo personale ma in nome di intere generazioni di esseri viventi.
Questo vale in particolare modo per Mohammed Alì che, partendo dal pugilato, ha scosso la vita di un’intera nazione.
Il vecchio leone, mortificato dal Parkinson, doma con la forza di volontà la stessa malattia e diventa un esempio per molte persone che mai saliranno alla ribalta della storia ma che devono però vivere con dignità giorno dopo giorno.

Insomma, essere sempre presente ma, mai come fastidioso protagonista.

Volere bene” è una frase che più si sente dire. Anche mia madre, quando mi ha riveduto, mi ha detto soltanto: “Credevo che non mi volessi più bene.” E coi capelli bianchi, i vecchi si domandano del figlio o della nuora: “E vi vuole bene?” E di qualunque rapporto, la prima domanda è “Vi vuole bene?” – “Gli volete bene?” Non è l’amore. È la benevolenza, “il pensiero”, come dicono qui. E in caso di necessità, l’aiuto, la protezione. (Corrado Alvaro – Ultimo diario, 1948- 1956).

L’elogio della mitezza, in buona sostanza, passa per il riappropriarsi di termini come “Dignità”, “Passione” e, soprattutto, “Amore”.

Cari Lettori, l’immagine di copertina ci mostra un Gianni MInà probabilmente preoccupato di lasciare un mondo di paurosi impauriti: a noi piace immaginarlo mentre prova a spiegare che la stabilità della mitezza potrà apparire, forse, come un’utopia ma, riprendendo un pensiero di Albert Camus, nel bel mezzo dell’inverno impareremo a scoprire in noi, un’invincibile estate.

Ecco perchè vogliamo offrirvi l’ascolto di un brano molto delicato dal titolo significativo: It’Your day (E’ il tuo giorno)

Buona vita, a tutti.

Il vostro amico è il vostro bisogno saziato. E’ il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza. E’ la vostra mensa e il vostro focolare. Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace. (Gibran)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione offerta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *