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La “collana” sull’Amore che vi proponiamo, prende origine dall’Opera Omnia “Il sofferto bisogno di amare” e si offre come spunto per le brevi riflessioni video del canale YouTube “infinito presente”. Nessuna velleità di apparire come una guida per vivere meglio ma, soltanto, un’occasione per provare a ritrovare la via, incisa in ognuno di noi, che ci ha permesso di sorridere ogni volta che abbiamo incrociato gli occhi di chi ci ha amato veramente.

In questo nono incontro: “Aggressività, Amore e coppia”

Io vorrei…ma non ti dico….

(e mi offendo perché tu non capisci ciò che io non ti dico)
Tu vorresti…ma non mi dici…
(e ti offendi perché io non intuisco)
Io penso di te…provo per te…ma non ti dico…
(tu non intuisci ciò che penso e inaridisci)
Tu pensi di me…provi per me…ma non mi dici…
(inaridisco anch’io)
Io mi offendo per ciò che tu non mi dici e per ripicca non ti rivolgo la parola …. tu fai altrettanto…
Noi non comunichiamo i nostri pensieri…e gradualmente, passando per l’odio,
ci perdiamo nel non pensarci più…  (Katia Caprarelli)

All’interno di una relazione amorosa, come abbiamo visto finora, si ripercorrono gli stilemi archetipali (cioè previsti da madre Natura) del rapporto pre edipico (“Mamma è di mia proprietà ed è indispensabile per farmi star bene perché mi concede tutto”), edipico e post edipico (“si intromette quell’intruso di papà che reclama il suo posto! Vorrei che morisse! Forse no, però… ha ragione lui… sono rimasto solo! Non mi resta che crescere!”).

Insieme all’intimità sessuale, cresce l’intimità emotiva e, con essa, fa capolino quella certa ambivalenza presente, fin dalla prima infanzia, nel rapporto fra la mamma e il bambino che si arrabbia perché, non potendola avere “sempre sempre” vive il genitore come un elemento sadico provocatorio che, prima ti seduce e, poi, si fa desiderare senza concedersi per come tu avresti voluto.

Il fatto è che neanche il bambino sa esattamente cosa vorrebbe dalla propria madre: sa solo che la vorrebbe sempre accanto, come elemento rassicurante e “paradisiaco”.

A questa fisiologica confusione (che si traduce molto spesso, nell’adulto, in una relazione idealizzata che, non potendosi realizzare, porta alla rabbia verso la propria compagna), si aggiunge il senso di colpa per aver preteso senza considerare anche il simbolico e cosiddetto  “terzo ecluso” che può essere stato il padre, o il fratello (o la sorella) o le normali esigenze esistenziali della madre.

Da qui, una vita con l’angoscia come “fida compagna” che può sfociare, negli uomini con “narcisismo patologico” ad una svalutazione inconscia della propria compagna e nelle donne che hanno avuto una madre particolarmente “ostile”, ad una struttura relazionale di tipo sadomasochistico, oppure in una svalutazione degli uomini che si innamoreranno di loro.

Come ci spiega lo psichiatra e psicoanalista Otto Kernberg, tramite l’identificazione proiettiva, ciascun partner tende a indurre nell’altro, le caratteristiche emotive “vissute” (fin dalla più tenera infanzia) nella lotta di amore e odio con la propria madre e, in definitiva, anche col proprio padre.

Per identificazione proiettiva, Kernberg intende quel meccanismo inconscio non particolarmente maturo che porta a vedere, nell’altro, qualcuno che non è lui ma l’immagine di altri con cui lo “rivestiamo”, provarne pauraindurre inconsciamente, in questo “altro”, una reazione simile e tentare, infine, di controllare quello che si è provocato: sostanzialmente, un “armare la mano” dell’altro e, poi, cercare di disarmarlo…

Quindi, il ruolo dell’aggressività è estremamente importante, nel bene e nel male.

L’esperienza clinica e l’osservazione pratica ha portato a concludere che, in ciascuno di noi, una condizione carenziale di cure materne, non consente di interiorizzare la capacità di modulare le proprie emozioni che, a quel punto disregolate, si possono esprimere (a seconda del modello di apprendimento e del contesto storico/ geografico) in specifici  acting-out (abuso di alcol e droghe; disturbi comportamentali, violenze di vario genere, etc.) e/o acting-in (psicosomatosi anche gravi).

Questo eccesso di  “scariche”, determina una sorta di black-out psichico che ci fa perdere il controllo

Gli acting in psicosomatici e gli acting out (psicocomportamentali) sono, pertanto, modalità di espressione che conseguono ad una sovrasaturazione energetica, ne consentono lo “sfiato” (evacuazione dell’angoscia) ma determinano una condizione di “navigazione a vista” senza più coordinate logiche (cecità psichica) che non consentono di consapevolizzare i motivi di questo malessere.

IL”LUDUS MARTIFERO” DELLA RABBIA

Come già espresso nei precedenti articoli se, prima di incontrare l’altro non abbiamo risolto determinati conflitti interiori che, come abbiamo visto, ci accompagnano fin dall’infanzia,  correremo il rischio di cercare (sempre nell’altro)  dei sostituti immaginativi che ci porteranno ad interagire proprio con quella persona che ci porta il problema da cui noi vorremmo, invece, voler fuggire.

Tutta la rabbia che si accumula a seguito di ciò e attraverso gli scontri che si determineranno, tenderà a generare scariche di odio e vendetta attraverso un ciclo ossessivo.

IL “RUOLO” DELLA RABBIA

  • Ma perché  debbo distruggere me, se posso distruggere te?
  • Cosa possiamo costruire insieme?

Come possiamo osservare, partiamo da una sorta di “ludus mortifero” della rabbia, al tentativo di trasformare, la stessa, in qualcosa di accettabilmente propositivo.

Anche in questo caso, ritorna il concetto del “doppio binario” espresso fin dall’inizio.di questo lavoro.

NEL MENTRE (LA POSIZIONE DELL’ATTESA)….

Io mi aspetto che l’altro si comporti secondo il mio desiderio e secondo i miei modelli.

In questa posizione, ogni azione dell’altro sarà disconfermata e/o svalutata, qualunque cosa faccia

Nell’attesa di capire quale soluzione attuare, per poter pensare di continuare a restare insieme con l’obiettivo di scoprire il piacere di nuove condivisioni e non, semplicemente, il tentativo di (mal)sopportarsi a vicenda, proviamo intuire qualcosa dal testo di questa “poesia” di Roberto Vecchioni

Vorrei essere tua madre

Per amarti senza amare prima me, vorrei essere tua madre

Per vedere anche quello che non c’è, con la forza di una fede

Per entrare, insieme nel poema del silenzio, dove tu sei tutto quello che sento

Per amarti senza avere una ragione, tranne quella che sei viva e seguire il fiume della tua emozione, stando anche sulla riva…

Leggerei il dolore da ogni segno del tuo viso, anche nell’inganno di un sorriso

Vorrei essere tua madre, per guardarti senza voglia

Per amarti d’altro amore e abitare la tua stanza senza mai spostare niente,senza mai fare rumore

Prepararti il pranzo quando torni e non mi guardi ma riempire tutti i tuoi ricordi

Ma il problema vero è se ci tieni tu, ad avermi come madre

Fatalmente non dovrei spiegarti più ogni gesto, ogni mia frase

Mi dovresti prendere per quello che io sono

Non dovrei più chiederti perdono

Vorrei essere tua madre anche per questo e mille e mille altre ragioni

Ti avrei vista molto prima, molto presto e avrei scritto più canzoni

Forse ti avrei messo in testa qualche dubbio in più, cosa che non hai mai fatto tu

Forse ti avrei fatto pure piangere di più ma non hai scherzato neanche tu

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

Arrivederci alla prossima puntata, dal titolo IL “MOMENTO” DI COPPIA

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