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Fu sia filosofo che pedagogista;

benché fosse di Fichte uno studente,

il suo pensier si muove in altra pista

e la realtà dall’ Io è indipendente.

Filosofia: nasce dall’esperienza,

com’è per Kant nella “Ragione pura”;

di “datità” essa è conoscenza,

che è evidente e che non è oscura.

Ci offre l’esperienza sensoriale

svariati aspetti, tra loro contrastanti;

perciò non basta un unico “reale”:

devono esisterne, dunque, proprio tanti!

Allora è pluralistico il Realismo,

nel quale l’esser non è mai da solo;

non è chiamato in causa l’Idealismo,

dal quale Herbart ha già preso il volo.

L’anima, infatti, è uno dei “reali”,

che interagisce a tutti gli altri assieme;

lottando sempre contro i suoi rivali,

alla coscienza, dunque, si diviene.

Il fin di “educazione” e “formazione”

deve esser sempre la moralità;

della Pedagogia la sol ragione

è la virtù, che un prezzo alto avrà.

Herbart ci parla di una “libertà”,

che egli definisce “interiore”,

frutto d’intelligenza e volontà ,

che d’essa rappresentano il motore.

Tutti gli allievi, nell’apprendimento,

devono guardar oggettive verità,

per non avere qualche turbamento,

che a pregiudizi luogo, poi, darà.

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