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L’ODIO, LA PAURA, LA “RIPUGNANZA”…

In questa aula giudiziaria stanno tutti pensando alle tendenze sessuali, i gusti, le preferenze: chi fa “cosa” a “chi” e “come” lo fa. Stanno guardando Andrew Beckett e ci stanno pensando; stanno guardando persino voi, Vostro onore… e se lo stanno chiedendo. Io so che guardano me e se lo stanno chiedendo. Quindi, parliamone apertamente, usciamo allo scoperto e mettiamo una bella luce negli angoli bui. Perché, questa causa, non è solo sull’AIDS. Quindi, cominciamo a parlare dei veri problemi di questo processo: l’odio della gente, la nostra ripugnanza, la nostra paura degli omosessuali. E di come, questo clima di odio e paura, abbia portato all’ingiusto licenziamento di questo omosessuale in particolare: il mio cliente, Andrew Beckett

Prego, si sieda, sig. Miller. In questa aula di Giustizia sono irrilevanti  le diversità di razza, Credo e tendenze sessuali.

Con tutto il rispetto, Vostro Onore: noi non viviamo in quest’aula giudiziaria!

No, è vero…

Philadelphia, è un film del 1993 diretto da Jonathan Demme. Tratta il delicato tema dell’AIDS, malattia che raggiunse il culmine della sua drammaticità negli anni novanta. Partendo da una storia realmente accaduta, si può definire una delle prime grandi produzioni cinematografiche a trattare in maniera esplicita il tema dell’AIDS.

Cari Lettori, il 10 dicembre è stato indicato come “Giornata Mondiale dei Diritti Umani”. Il tema di quest’anno è “Dignità, libertà e giustizia per tutti”.

Una lunga e, si spera, operosa campagna indetta dall’Onu che avrà termine il 10 dicembre 2023, giorno del 75 Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Data la difficile situazione mondiale, riguardo a questo argomento, ci si propone realisticamente di fare qualche passo avanti con una battaglia culturale e sociale che finirà, probabilmente, con la eventuale fine del Pianeta.

Bisogna far aumentare la consapevolezza di un documento che da tanti decenni in parecchi stati è solo un pezzo di carta.

La Dichiarazione dei Diritti Umani è il documento più tradotto e diffuso nel mondo.

Basti pensare che è disponibile in 514 lingue.

È, quindi, a conoscenza di ogni comunità del pianeta. Nonostante ciò, in moltissimi stati le elites che detengono il potere, spesso con la forza, fanno di tutto per bloccare la crescita civile e sociale di tantissimi uomini.

Vengono ostacolati in mille modi i diritti proclamati dal Documento. Essi sono inalienabili e di pertinenza di ogni persona, indipendentemente da razza, colore, religione, sesso, lingua. opinione politica, proprietà, nascita o altro status.

Principi cardine intorno a cui ruota tutto sono quelli di uguaglianza e non discriminazione.

Il documento vede tutti gli uomini non come esseri divisi e in conflitto tra loro ma come “famiglia umana”. Espressione, quest’ultima, assai bella ed incisiva con la quale si va al cuore del problema.

Solo con una lunga, faticosa e paziente opera di educazione si potrà tendere verso un obiettivo che, se raggiunto, porterà davvero la pace nel mondo.

Nel corso dei decenni le varie “campagne” promosse annualmente dall’Onu hanno certo fatto registrare successi in alcune parti del mondo, ma moltissimo resta da fare.

Oggi, poi, la crisi mondiale non lascia ben sperare per il futuro immediato.

Siamo angustiati da una crisi climatica di notevoli dimensioni che viene negativamente arricchita dalla pandemia Covid 19, da crescenti conflitti di natura militare, da una instabilità economica e da ingiustizie razziali.

I trenta articoli della Dichiarazione sono di una bellezza senza pari. A parole sottoscritti da tutti.

L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è stata sottoscritta, nel settembre 2015, dai Governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

L’obiettivo, ancora una volta ribadito ed espresso nel preambolo, è di far rispettare i diritti umani per tutti.

La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo (M. L. king)

Si auspica un mondo “in cui i diritti umani e la dignità umana, lo stato di diritto, la giustizia, l’uguaglianza e la non discriminazione siano universalmente rispettati”.

Il messaggio chiave della campagna che durerà un anno invita a porre dei punti saldi all’attenzione di ciascuno.

Bisogna educare, favorendo la conoscenza della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e promuovendo, altresì, un cambio di atteggiamento verso i propri simili.

L’impegno dovrà essere quotidiano e non si dovrà trascurare occasione alcuna per porre sempre all’ordine del giorno i valori irrinunciabili che affratellano tutti gli uomini del mondo.

Sono allo studio in varie parti iniziative ben precise e mirate.

A Milano, per fare un esempio di alto profilo, si sta realizzando una bellissima attività chiamata il “luogo dei diritti”.

In che consiste?

É prestissimo detto.

Cittadini, famosi e no, scelgono un posto della città che, in base al proprio vissuto, diventa oggetto di  riflessione per far crescere il tessuto democratico della intera comunità.

Liliana Segre, come luogo dei diritti ha scelto uno dei posti più “sensibili” della città: il Memoriale della Shoah, vicino alla Stazione Centrale.

É chiaro che alla scelta del luogo segue una memoria che sia di riflessione e stimolo per tutti.

Quando partivano i treni carichi di ebrei in direzione Germania vi era l’indifferenza o la paura.

Il potere sembra invincibile perché conta sulla rassegnazione di molti. Se si è uniti e vigilante anche il potere dittatoriale più crudele sarà destinato alla sconfitta. Come ci auguriamo avvenga in Iran ove stiamo assistendo a comportamenti in totale dispregio dei Diritti Umani.

Il cuore dell’uomo è come il mare: ha le sue tempeste, le sue maree e, nelle sue profondità, ha anche le sue perle. (Vincent Van Gogh)

Cari Lettori, riteniamo che in ogni agglomerato abitativo (città o paese che sia) da Nord a Sud si possano e si debbano studiare iniziative in sintonia con gli obiettivi stabiliti per l’anno che inizia ora: “Dignità, libertà e giustizia per tutti”.

Un giorno, andammo da Tenzin Choedrak, medico personale del Dalai Lama. Fra le altre cose, gli chiesi se aveva qualche rimedio contro la depressione. Quella domanda, provocò qualcosa di strano che, ancora oggi, non so spiegarmi. Choedrak rispose che la depressione è un problema soprattutto occidentale. “La ragione, è che voi occidentali siete troppo attaccati alle cose. Siete proprio fissati. Uno perde, ad esempio, la sua penna? Bene, da allora, non fa che pensare alla penna persa, senza dirsi che la penna non ha alcun valore, che serve a scrivere e che può essere sostituita facilmente. In Occidente, vi preoccupate di cose inutili e non del senso della vostra vita!” (Tiziano Terzani – L’ultimo giro di giostra – TEA Ed.).

Una versione nuova di sé!

Eh si, bisogna accettare che, a volte, è necessario “rivestirsi”. Quando non se ne può più di osservare l’incomprensibile nel comportamento altrui. In verità, a dirla proprio tutta, non so da dove nasca questa esigenza di cambiare d’abito; se da un’evoluzione nella modalità comunicativa, oppure da una reazione molto “terrena”, tipica degli scombussolamenti stagionali o improvvisi. Quelle cose che avvengono senza che si possa fare niente per impedirle, che non hanno alcuna motivazione razionale, oppure che sono substrato e propulsione per una serie di reazioni che, innescate, devono necessariamente arrivare alla fine del ciclo. 

E costi quel che costi! 

In ogni caso, aspettando che il cielo, all’imbrunire, regali scampoli di meravigliose piogge di puntini luminosi da catturare con lo sguardo per rivestirli dei nostri desideri, capita di svegliarsi con una domanda quasi ossessiva, un pensiero un po’ contorto che ha voglia di venire fuori.

Ma le “perle” di cui parlava Vincent van Gogh, connotano una valenza positiva o ambivalente?

Si, perché ci viene in mente la trama del libro di John Steinbeck dall’omonimo titolo (The Pearl, appunto) nel quale si descrive la storia di un misero pescatore che, per sostenere le spese necessarie a curare il proprio figlioletto punto da uno scorpione, riesce a pescare dal fondo del mare una perla “perfetta, luminosa e splendida come la luna e grossa come un uovo di gabbiano”.

Questo fantastico ritrovamento, produce una serie di eventi concatenati che lo portano ad essere “appetito” sia dagli opportunisti di turno (che lo incensano) che dai bramosi senza scrupoli (che vogliono derubarlo).

L’epilogo, tragico, lo vede “orfano” di quel figlio per la salvezza del quale era iniziata l’avventura e che resta ucciso in un conflitto a fuoco con dei rapinatori.

Il mattino dopo, Kino e Juana ritornano a casa col corpo di Coyotito, e Kino, recatosi alla spiaggia, ributta in mare la perla che gli aveva rovinato la vita

E, a questo punto, non possiamo non ricordare il passo di “Memorie di una Geisha” (di Arthur Golden) nel quale viene spiegato che noi esseri umani siamo soltanto una parte di qualcosa di molto più grande.

Se infatti, possiamo (senza accorgercene) schiacciare, camminando, un coleottero o sospingere una mosca dove probabilmente non sarebbe mai andata, allo stesso modo, quotidianamente, siamo sottoposti all’influsso di forze che non possiamo controllare.

E, allora, dobbiamo fare di tutto per comprendere i movimenti dell’Universo che ci circonda e regolare le nostre azioni in modo da non trovarci a lottare contro le correnti, ma a muoverci in sintonia con esse.

Ecco perché, forse, Platone (ne l’apologia di Socrate) ha spiegato che una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.

Dal punto di vista buddhista, tutti i mali (quelli psichici come quelli fisici) hanno un’unica radice: l’ignoranza. L’ignoranza dell’Io causa la sofferenza che affligge l’uomo dalla nascita alla morte; la stessa ignoranza produce “i tre grandi veleni della mente” (il desiderio, la rabbia e l’ottusità) che scatenano le malattie nel corpo. Solo una continua pratica di moralità e di meditazione può condurre alla libertà da ogni male. (Tiziano Terzani – L’ultimo giro di giostra – TEA Ed.).

Il Diritto di Credere e di Sperare

Nel 1897 una bambina scrisse al New York Sun dicendo che i suoi amici le avevano riferito che la storia di Babbo Natale fosse tutta un’invenzione.

Lei, a quel punto, voleva che il giornale dicesse la verità. E il Sun, con un editoriale che oggi, probabilmente, nessun giornalista avrebbe più il “coraggio” e la capacità di scrivere, rispose: “Cara Virginia, i tuoi amici si sbagliano. Sono vittime dello scetticismo dei nostri scettici tempi. Credono solo alle cose che vedono. Eppure, Virginia, Babbo Natale esiste. Esiste allo stesso modo in cui esistono l’amore, la generosità, la devozione. E tu sai che queste cose esistono, abbondano e sono ciò che danno alla tua vita, la sua bellezza e la sua gioia. Perché le cose più reali sono quelle che i grandi non riescono a vedere. E, a volte, neanche i bambini”.

Anche se avrò aiutato una sola persona a sperare non avrò vissuto invano. (M. L. King)

Ritornando al concetto espresso da Vincent Van Gogh e riportato qualche riga più sopra, prendendo spunto dalla suggestiva immagine di copertina, potremmo concludere che, come per ogni manifestazione di energia (sotto forma di pensieri, emozioni e azioni) la differenza la fa la quantità di “freddo” che ci portiamo in fondo all’anima.

Man mano che impareremo l’importanza del concetto “prendersi cura” (a cominciare dalla nostra persona) il ghiaccio che opprime i sentimenti verrà scaldato dal calore dell’amore e la perla contenuta al suo interno, apparirà in tutto il suo splendore. A quel punto, ormai maturi per affrontare, al meglio, la vita, sapremo come valorizzare questo tesoro.

Cari Lettori, vorremmo concludere la passeggiata di quest’oggi insieme a voi, proponendovi il finale del film Philadelphia: Andrew Beckett vincitore del procedimento giudiziario promosso contro il suo licenziamento ha terminato le proprie sofferenze terrene; familiari e  amici ricordano a tutti noi la bellezza e la purezza della circolarità della vita, con i suoi inizi e i suoi tramonti, malinconici e nostalgici.

In sottofondo, la bellissima composizione di Neil Young

Philadelphia

Qualche volta penso di sapere

In cosa consiste l’amore
E quando vedo la luce
So che starò bene.

Ho i miei amici nel mondo,
Ho avuto i miei amici
Quando eravamo ragazzi e ragazze

E i segreti vennero svelati

Città dell’amore fraterno
Un posto che chiamo casa
Non girarmi la tua schiena
Non voglio essere solo
L’amore dura per sempre.

Qualcuno mi sta parlando,
Sta chiamando il mio nome
Mi sta dicendo che non sono da biasimare
Non mi vergognerò dell’amore.

Philadelphia,
Città dell’amore fraterno.

Amore fraterno.

Qualche volta penso di sapere
In cosa consiste l’amore
E quando vedo la luce
So che starò bene.
Philadelphia.

“All’estremo punto della disperazione ricomincia la speranza che conduce sino alle stelle. (Julien Green)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto per gli aforismi proposti

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