Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Ancora una volta saremo colpiti dagli strali — ne siamo consapevoli — dei linguisti ufficiali perché contestiamo la quasi totalità dei vocabolari dell’uso (tra quelli consultati) che non “consentono” il plurale di “colabrodo”: il colabrodo/i colabrodo.
Il vocabolario Gabrielli e quello del Palazzi non specificano lasciando intendere, pertanto, che il sostantivo in questione si pluralizza normalmente: il colabrodo/i colabrodi. E a nostro avviso hanno ragione da vendere (e da seguire, quindi) perché il vocabolo in oggetto è un nome composto di una voce verbale (cola, da colare) e di un sostantivo maschile singolare (brodo) e i nomi così formati — secondo la “legge grammaticale” — prendono la normale desinenza del plurale. O no?
Cortesi linguisti. Dovremmo correggere — a questo punto — tutti i “colabrodi” che si trovano in numerose pubblicazioni? Per quanto ci riguarda, insistiamo, il plurale colabrodi non infrange alcuna norma grammaticale.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.