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Pubblicato su Lo SciacquaLingua

Facciamo un po’ di chiarezza sulla formazione del femminile dei nomi (o sostantivi) la cui terminazione è “-tore”; vedremo fra poco il perché di questa scelta. I sostantivi in “-tore”, dunque, generalmente indicano la professione o l’occupazione sociale: pittore, direttore, uditore, imprenditore, scrittore, lettore, governatore ecc.

Questi nomi – secondo la regola generale – formano il femminile mutando la desinenza del maschile “-tore” in “-trice”: pittore, pittrice; attore, attrice; imprenditore, imprenditrice.

Non mancano, come sempre, alcune eccezioni come pastore il cui femminile è ‘pastora’; tintore, ‘tintora’; avventore, ‘avventora’.

Queste “eccezioni” sono dovute al fatto che la grammatica contempla un femminile in “-tora” quando il suffisso maschile “-tore” è preceduto da una consonante diversa dalla “t”: gestore/gestora.

Solo l’uso di un buon dizionario e la lettura costante di ottimi autori possono sciogliere i dubbi che spesso ci assalgono quando dobbiamo “femminilizzare” alcuni nomi che indicano professioni. Ci è capitato di leggere, non ricordiamo dove, una ‘fattrice’ in luogo di fattora. Forse l’errore è spiegabile con il fatto che l’articolista ha voluto applicare la regola dei nomi in “-tore” e, giustamente, il fattore è diventato ‘fattrice’, facendoci pensare, però, a una donna che fa le fatture, non alla moglie del fattore o a una donna proprietaria di una fattoria.

La “fattrice”, forse non tutti lo sanno, indica un animale selezionato e destinato alla riproduzione. Se costui avesse consultato un buon vocabolario non sarebbe caduto in questo ridicolo errore.

La nostra lingua, amici, è piena di insidie; non bisogna mai essere sicuri di nulla e un bagno di umiltà eviterebbe a molte cosí dette grandi penne di cadere nel baratro (linguistico).

A cura di Fausto Raso

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