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Di emozioni si è parlato altre volte in questo Magazine. Tale lavoro però, è nato dal tentativo di proporre in maniera divulgativamente scientifica delle tematiche che, altrove, vengono affrontate con maggiore ponderosità. Pubblicato per la prima volta il 12 maggio 2011, avrebbe dovuto essere un articolo “ragionato” e senza troppe pretese. È diventato un pezzo di vita espresso tecnicamente… ma con una certa passione!

BUONA LETTURA!

 Il cerchio della vita

Un bel giorno ti accorgi che esisti, che sei parte del mondo anche tu, non per tua volontà. E ti chiedi… chissà, siamo qui per volere di chi? Poi, un raggio di sole ti abbraccia, i tuoi occhi si tingono di blu… E ti basta così, ogni dubbio va via. E i perché non esistono più. E’ una giostra che va, questa vita che gira insieme a noi e non si ferma mai. E ogni vita lo sa che rinascerà in un fiore che ancora vivrà. Poi un soffio di vento ti sfiora e il calore che senti, sarà la forza di cui hai bisogno. Se vuoi, resterà forte dentro di te. Devi solo sentirti al sicuro. C’è qualcuno che è sempre con noi. Alza gli occhi e, se vuoi, tu, vederlo potrai…e i perché svaniranno nel blu!

 Mi serve un emozione come mi serve il pane

Che cosa sono le emozioni, da dove provengono come si possono spiegare… Non credo che le emozioni si possano spiegare solo e, principalmente, a parole. A noi piace pensare che le emozioni nascano dal nostro cuore, dai nostri sentimenti… chi lo sa! La scienza ci spiega, in modo tecnico, che le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicologiche rispetto a stimoli interni o esterni, naturali o artificiali.

Allora, può darsi che sia così. A questo punto, si potrebbe parlare dell’anima. Ma cosa c’entrano le emozioni con l’anima? Secondo me questi due elementi si somigliano molto dal momento che non riusciamo a vederle ma ne percepiamo i risultati e le manifestazioni conseguenti. La parola anima traducendola dal latino, significa “vento, soffio vitale”.

Ebbene, il vento non lo vediamo però avvertiamo la sua presenza. Allo stesso modo, le emozioni non le vediamo allo stato puro, anche se le avvertiamo dentro di noi. Per le religioni, l’anima è la parte spirituale del corpo, la nostra parte divina .

I Cristiani (ma non solo) definiscono DIO con il termine “amore”. La frase più corta dell’intera bibbia è: “Gesù pianse”. Tale affermazione viene riportata dopo che Gesù aveva appreso della morte del suo amico Lazzaro. Osservandolo in lacrime, la gente diceva: “Guardate come lo amava!”

E anche le emozioni nascono dall’amore (a favore o contro) nei confronti di qualcuno o qualcosa. “Mi serve un emozione come mi serve il pane” cantava poeticamente il buon Franco Califano. Il pane mantiene vivo il corpo ma, siccome non si vive di solo pane, allora, per me, le emozioni mantengono viva l’anima! (Giuseppe Graziani)

Cos’è l’emozione?

I dizionari della lingua italiana, indicano l’emozione come un turbamento che suscita impressione. Se partiamo dalla definizione data dai latini, troveremo il termine “ex – movère”, che significa trasportar fuori, scuotere, smuovere ed è composto dalla particella “ex ” (che, in lingua italiana significa “da”) e contribuisce a dare più forza alla parola cui è aggiunta e dal termine movère, (agitare, spostare, muovere).

Partendo da quest’assunto, l’aforisma sopra riportato, sta a significare che, “scombussolarsi” con l’obiettivo di generare un “brain storming” (tempesta cerebrale) creativo è lo scopo che produce l’espressione dell’arte allo stato puro; “smuoversi dentro” per il piacere di agire produttivamente, guidati da motivazioni corrette e logiche, costituisce il senso della vita.

Quindi, potremo concludere che, qualunque spostamento del tono dell’umore rispetto ad una condizione di quiete, può essere definito emozione.

Nei nostri occhi, lì, dove l’impulso fisico (quello che proviene dal mondo esterno) si trasforma in impulso elettrico, per essere trasportato nella zona ottica della corteccia celebrale, esistono due tipi cellulari differenti allocate nella retina ottica:

  • le cellule che ci consentono di vedere a colori ( e si chiamano coni);
  • le cellule che ci danno l’opportunità di vedere in toni di grigio (e si chiamano bastoncelli).

Le prime funzionano quando c’è una considerevole intensità di luce mentre, le seconde, si accontentano di quello che il sole o la luna “lasciano” a disposizione, la penombra i chiaroscuri.

Vivere a colori” significa vivere assorbendo intensamente, generando e trasmettendo emozioni degne di nota; vivere in tono di grigio significa accontentarsi di quello che resta (stati di repressioni emotive) .

Ognuno di noi vorrebbe esprimere, dopo averle provate nel modo migliore, le emozioni. Ma non sempre ci riesce adeguatamente. Come accennato prima, in ogni essere umano, ogni piccola variazione del tono dell’umore è un emozione. In effetti, ognuno porta fuori (molte volte senza accorgersene) quello che prova (in maniera adeguata, inadeguata, coerente o incoerente) in funzione del rapporto con tutto ciò che lo circonda (il suo mondo esterno) o che lo compone (la propria interiorità).

Se è vero, come è vero, che l’essere umano è l’insieme di un corpo, un’anima e un vestito…

  • il corpo potremmo paragonarlo alla struttura nervosa che ci consente di generare le idee;
  • il vestito potremmo rappresentarlo con le emozioni che rivestono queste idee;
  • l’anima potrebbe essere la nostra capacità di saperle gestire in maniera migliore (per via di quel legame con l’Universo da cui proveniamo)

Dove si genera un’emozione? Tale manifestazione, è più “fisica” o “mentale”?

 Le emozioni rivestono un aspetto importante del lavoro della nostra mente (che si estrinseca, logisticamente, fra corteccia cerebrale, formazione reticolare mesencefalica, talamo e ippocampo) e si collegano strettamente ad ogni singola idea o concetto (gruppo di idee).

Esse si generano a livello sottorticale come risultato dell’attività del sistema limbico (formazione costituita da ippocampo, circonvoluzione del cingolo e nucleo amigdaloideo), in grado di influenzare la funzionalità della corteccia.

Un ruolo fondamentale viene svolto dall’amigdala (nel sistema limbico) che elabora e produce, a livello inconscio, gli stati emozionali più “intensi”.

Il “sentirsi in pace” determinato da uno stato di umore positivo e stabile, invece, deriva dal sistema mesolimbico (composto da nucleo accumbens e dall’area ventrale segmentale) che, mediante dopamina ed endorfine, coinvolge la corteccia.

 

Volendo commentare, sinteticamente, questa immagine, il meccanismo di azione è più o meno il seguente:

  • nella zona del cervello definita “limbica” le idee vengono “colorate” di emozioni;
  • l’ipotalamo (coinvolto nella gestione delle emozioni) condiziona l’ipofisi che trasmette ormoni in grado di attivare l’apparato endocrino (regolatore e modulatore organico);
  • i segnali bioumorali (a partenza emotiva) risultanti, vengono captati dalla membrana cellulare che li seleziona e li lascia passare determinando, a questo punto un condizionamento (epigenetico) nella lettura del DNA.

Questo, spiega il ruolo delle emozioni nel funzionamento organico e il passaggio traslativo del fenomeno mentale in attività fisica.

 Quanti tipi di emozione esistono?

Ogni attività della mente produce idee determinate da emozioni più o meno intense (e, ad esse collegate), a seconda della quantità di “energia” mentale messa in movimento.

In definitiva, possiamo definire l’emozione come un’accelerazione di energia mentale, in risposta a stimolazioni del mondo esterno o a pulsioni del proprio mondo interno, che determina lo stato d’animo di ogni essere umano.

È necessario, prima di continuare, effettuare una premessa operata molti anni fa dal dott. Giovanni Russo (medico ricercatore, ideatore, fondatore e primo direttore della Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico – SFPID)

In base alla “profondità” di osservazione, le emozioni si suddividono in:

  • Emozioni semplici – determinano le pulsioni di base che servono alla consapevolizzazione della necessità di appagare i bisogni primari necessari indispensabili (fame, sete, sonno, etc.);
  • Emozioni composite – determinano le pulsioni a più alto contenuto energetico ( che consentono l’appagamento di bisogni e desideri relativi alla propria realizzazione ) e danno vita ai sentimenti esistenziali ad elevata densità affettiva, che colorano variamente (dal positivo al negativo, passando per il conflittuale) il nostro mondo interno; si determinano ogni volta che proviamo un sentimento nei confronti di qualcosa (un panorama, un lavoro avvincente, un quadro, un film, un libro, una musica, etc.) o di qualcuno; difficilmente saremo in grado di far capire, a chi sta fuori di noi, quello che proviamo nella sua interezza perché, per trasmigrare il tutto, nella sua interezza, necessità di un elemento dinamico relazionale che coinvolga tutto il complesso psicofisico di ciò che, in Psicodinamica, viene chiamato “mondo delle relazioni oggettuali”.
  • Emozioni complesse – costituiscono la trasmissione di ciò che siamo, al mondo esterno.

In base agli stati d’animo che è possibile determinare, tecnicamente, possiamo ricondurre tutto a tre macroaree di pertinenza trasmesse al mondo interno di ciascuno (mediante reazioni psicosomatiche) e al mondo esterno (mediante carattere, temperamento e comportamento).

  • AREA DI MAGGIOR CONTROLLO DEGLI IMPULSI E DEI FASTIDI LEGATI ALLE FRUSTRAZIONI (AREA “NEUTRERGICA”), che rappresenta la trasmissione degli elaborati a minor contenuto conflittuale;

Per un pugno di dollari Duello iniziale

Ehy, vecchio… prepara tre casse da morto!”

“Hey, forse non hai capito che non ci piace vedere bambocci in giro. Dov’è il tuo mulo, te lo sei lasciato scappare?”

“A si, proprio di questo ero venuto a parlare. C’è rimasto male!”

“Chi?”

“Il mio mulo! Se l’è presa per quei quattro colpi che gli avete sparato fra le zampe… e adesso non sente ragioni!”

“Hey, ci stai prendendo in giro?”

“No, io ho capito subito che voi volevate scherzare… ma lui, invece, si è offeso e ora pretende le vostre scuse!”

“Ah, ah, ah!”

“Fate molto male a ridere, al mulo non piace la gente che ride… ha subito l’impressione che si rida di lui. Ma se mi promettete di chiedergli scusa, con un paio di calci in bocca ve la caverete”

“…”

“Ho visto tutto, li avete uccisi voi! Non penserete di cavarvela così! “

“Chi sei?”

“State calmo, abbassate quell’arma. Sono lo sceriffo!”

“Allora, già che siete lo sceriffo, pensateci voi, a seppellirli!

“Ascolta, vecchio, mi sono sbagliato, le casse erano quattro!””

Da questo filmato, tratto dal film di Sergio Leone (del 1965) “Per un pugno di Dollari” Un giovane Clint Eastwood, interpreta “Joe lo Straniero”, un pistolero impassibile in grado di affrontare chiunque, senza battere ciglio. Questo è un esempio di trasmissione temperamentale, caratteriale e comportamentale, con base lucida e razionale, anche se (trovandoci nel West) con qualche sfumatura aggressiva (ironia, etc.).

  • AREA AGGRESSIVA (dal latino aggredior, mi sposto in avanti), responsabile del dinamismo psicofisico di ogni essere umano.

Rocky 6 – L’allenamento di Rocky Balboa

La chiave giusta per batterlo, sta nel non assecondare il suo modo combattere. La sua più grande qualità, sta nella velocità. E tu non ce l’hai più. Le ginocchia non ti tengono (e, quindi, niente gioco di gambe), hai la cervicale e le giunture che sono un deposito di calcio. Quindi, devi evitare più che puoi, gli scambi veloci. La nostra speranza consiste nel puntare sulla tua forza! Imporla, sempre, in tutto il combattimento, con colpi pesanti, carri armati, bazookate, cannonate! Dovrai bombardarlo, scuoterlo fin dalle fondamenta. Ogni volta che lo colpirai, lui dovrà credere di essere stato colpito da un treno in corsa!”

 Rocky Balboa è il sesto episodio di una delle saghe cinematografiche più popolari del mondo: Sylvester Stallone torna, nel 2006, in qualità di autore, regista e interprete di uno dei film a lui più cari e soprattutto a cui deve il suo strepitoso successo. Dopo la morte della moglie Adriana, Rocky vive da solo col figlio e gestisce l’Adrian’s un piccolo ristorante a Philadelphia. Tutto cambia improvvisamente quando il campione mondiale in carica dei pesi massimi, Mason “The Line” Dixon, perde (in una simulazione) un incontro al computer, contro un Rocky “virtuale” dei vecchi tempi. A quel punto, punto sull’orgoglio, sfida il vecchio stallone italiano ad un vero incontro sul ring. Rocky non è uomo da tirarsi indietro e, incredibilmente, accetta la sfida. Forse per dare, una volta per tutte, un senso alla sua vita. Sarà l’incontro più duro della sua vita e, per questo, l’ex-campione inizia intensi allenamenti che impegneranno ogni muscolo del suo corpo per un’ultima volta.

 

  • AREA AFFETTIVA, responsabile della produzione e della manifestazione dei sentimenti;

Sandrino Aquilani – Ricordo tutto di te (letto da Arnoldo Foà)

“Ricordo tutto di te, anche le più piccole cose. E ti rivedo e ti riconosco… È come tu fossi ancora qui. Ora so quanto mi hai amato! Forte della tua esperienza di figlio, tutto mi hai insegnato. Anche a soffrire. Oggi te ne sono grato. Non te l’ho detto subito? Peccato”.

Che differenza c’è, fra emozione, passione e ragione?

il termine Passione deriva dal latino come participio passato del verbo patire. Il suo significato, quindi, sarà quello di una forte spinta d’animo con sofferenza (stato da cui si deve “uscire” per star meglio, godendo anche nel “durante”, alla stregua del rapporto con l’orgasmo, in cui si cerca piacere nel “prima”, nel “durante” e nel “dopo”) non necessariamente dolorosa, che spinge ad agire per acquietare l’animo. Praticamente, nasce ogni volta che scopriamo di provare piacere nei confronti di qualcosa verso cui ci sentiamo trasportati perché:

  • ci ricorda quello che avremmo voluto o che abbiamo perso;
  • serve ad allentare in maniera compensatoria la tensione che si genera per gli affanni del quotidiano;
  • consapevolizziamo di trovarci di fronte ad un obiettivo, calzante come un guanto, finalmente alla nostra portata, per raggiungere il quale, ci divertiamo anche nell’impegno.

Ragione è un vocabolo che proviene dal latino, come participio passato di reor (stabilisco, determino) e indica buon senso e saggezza.

Alla base, c’è l’emozione: passione e ragione rappresentano due modi di viverla.

Per commentare l’aforisma, potremmo concludere che;

lo smuoversi dal limbo pre – emotivo porta a sentirci carichi di possibilità a tal punto da considerare il tempo come un contenitore troppo piccolo per noi e, contestualmente, come un percorso di opportunità che amplia la nostra visione e le nostre prospettive;

la smania di andare, trasportati dal vento della passione, ci fa sembrare il tempo a disposizione, sempre troppo poco rispetto a quello che vorremmo (come i baci e le carezze);

la ragione ci dà il senso e la misura dell’importanza di ciò che facciamo, stabilizzandoci in un’ottica realistica e produttiva.

Le emozioni vanno considerate, sempre, in maniera positiva?

 

Per rispondere alla domanda, ci sono due aspetti da considerare. Il primo riguarda le diverse sfaccettature “energetiche” e bioumorali”. Da questo punto di vista, possiamo argomentare quanto segue:

  • Quando le emozioni prodotte sono positive e si scaricano nel mondo interno, determinano gioia di vivere.
  • Quando le emozioni prodotte sono positive e si convogliano verso il mondo esterno, trasmettono contenuti tipo: disponibilità, gaiezza, gioia, etc.
  • Quando le emozioni prodotte sono negative o conflittuali, e si scaricano nel mondo interno (nel caso in cui, ad esempio si reprime uno stato d’animo), determinano psicosomatosi, tachicardia, sudorazione, pianto, riso “isterico”, tensione, melanconia, ansia, angoscia, depressione, etc. In ogni istante della vita di una persona, le emozioni producono gioia, piacere, godimento, disagi, disturbi, etc.
  • Quando le emozioni prodotte sono negative o conflittuali e si veicolano al mondo esterno, determinano fenomeni di violenza, tensione, collera, ostilità di vario genere, etc.

Il secondo, aspetto, riguarda, invece, il modo di rapportarsi alle proprie emozioni. E anche su questo, è necessaria una premessa

Il meccanismo di produzione di una emozione è simile a quello che determina la nascita di un fiume d’acqua: piccolissime gocce d’acqua si uniscono fra loro a formare un rivolo; tanti rivoli formano un piccolo ruscello; più ruscelli che si incontrano, generano un fiume che può essere calmo o impetuoso in base alla quantità delle gocce d’acqua che lo compongono ed alla loro velocità.

Le emozioni non ci “possiedono”, siamo noi a determinarle attraverso la produzione di idee più o meno corrette. Allo stesso tempo, Le emozioni non appartengono al mondo consapevole (non possiamo innamorarci o rallegrarci a comando) ma vengono gestite dalla propria identità, a livello inconsapevole. Le emozioni sono le spezie della vita, capaci di colorare uno stesso evento di tinte e sfumature del tutto personali, non si creano in maniera anarchica o involontaria e, come abbiamo già visto, dipendono dal tipo di idee che noi generiamo attraverso elaborati di pensiero, in funzione di:

  • necessità da appagare;
  • esperienze corrette;
  • riflessioni adeguate.

Dopo questa serie di necessarie valutazioni preventive, possiamo osservare che le persone, in genere, gestiscono le proprie emozioni in maniera adeguata o meno (in base all’intensità dell’emozione, rispetto allo stimolo che l’ha generata come ad esempio, andare in escandescenza di fronte ad una frustrazione di poco conto, etc.), coerente o meno (in funzione alla qualità dello stimolo di partenza come, ad esempio, ridere ad un funerale etc.).

Quanto esposto, si determina a seconda di come (inconsciamente o consapevolmente) si vivono le proprie emozioni:

Si possono lasciare diffondere nei gangli del proprio essere, alla stregua dell’ossigeno, quando si respira, in montagna, a “pieni polmoni”;

Si possono reprimere, alla stregua di uno starnuto “trattenuto”, causando fenomeni di implosione come risposta dell’onda d’urto contro la diga che ne impedisce l’uscita (per venirne fuori, sarà plausibile l’innesco di idee ossessive);

Ci si può lasciare travolgere, come quando un petardo ti scoppia in mano;

Possiamo impedire la creazione di un’emozione, reprimendola un attimo prima che si formi (si andrà incontro a fenomeni di ingrigimento depressivo).

Si può vivere senza passione?

Come detto prima, dall’emozione, nasce la vita; la passione rappresenta la motivazione “colorata”, del nostro andare vitale; la ragione ci dà il senso e la misura, per non perdere di vista le cose importanti, distinguendole da quelle meno degne di attenzione, nel rispetto del nostro ruolo e delle nostre competenze.

“Ma uno che tiene i suoi anni al guinzaglio e che si ferma ancora ad ogni lampione… o fa una musica senza futuro, o non ha capito mai nessuna lezione!” (Ivano Fossati)

Il comune denominatore del contenuto dell’aforisma di Samuel Johnson è l’amore. Tutto che viene creato senza amore e viva partecipazione, sarò “vissuto” da chi gli si avvicina, con lo stesso distacco motivazionale.

Per intenderci meglio, facciamo un paio di esempi.

Nel 1966, il giovane Marcello Gandini disegna la Lamborghini Miura.

 

Moderna, scattante, potente. Sembra quasi che ti sorrida, con quegli “occhietti spiritati” che si ritrova sul muso. Quello che la valorizza è il fattore umano. Costruita, a mano, da Emiliani, con passione. Fragile (per alcuni aspetti) e imperfetta. Ma viva. I collaudatori, allora si chiamavano “il” Bonaga o “il” Fabbri. E compilavano con la biro, il report di delibera alla consegna.

Da un po’ di anni, ormai, la Lamborghini è della tedesca Audi ed è prossima alla perfezione. Questa in evidenza, qui sotto, è la Huracan

 

E’ sempre gialla ma non ha più motivo di sorridere. L’elemento umano si limita ad investire i soldi per costruirla. Per tutto il resto c’è XZKA, il robot (“cartesiano”, “Scara”, “articolato”, “Delta”, etc.) che, con i suoi lettori a fibre ottiche, valuta, decide, assembla e stampa il “pass” per l’inscatolamento prevendita.

 Nel filmato che segue, una (relativamente) moderna e dopata Alfa Romeo MITO GTA fa bella mostra di sé, su strade che sembrano circuiti da Formula 1. Probabilmente è dotata di cervello autonomo (come gli aerei senza pilota che uccidono senza sensi di colpa). Sul suo cammino, però, ritorna il passato, sotto forma della GTA Junior (sempre ALFA ma del 1966) con un pilota umano, a bordo. Piccola ma dignitosa. Come andrà a finire? Beh… è tutto da vedere. Comunque, l’onore della passione, non si vende al mercato!

 La ragione, “spegne” i colori della vita?

La ragione (quella che nasce dal bisogno di perdersi, per poi ritrovarsi) evita atti irresponsabili e ti guida fino al confine del ritorno. Anche quando si dovesse decidere di oltrepassare quel “vallo”, lo si farebbe con una motivazione sensata. E senza ripensamenti.

Nella storia del genere umano, sono stati diversi i periodi rimasti impressi nell’immaginario collettivo. Dagli Spartani alle Termopili, passando per gli antichi Romani con le loro guerre puniche, fino ad Alessandro Magno o i moschettieri del Re e i Cavalieri della Tavola Rotonda (con il loro Sacro Graal)…

Come ho avuto modo di scrivere altre volte, il West è, comunque, è un’altra cosa.

Ovviamente mi riferisco alle zone degli Stati Uniti d’America ad ovest del Mississippi nel periodo di progressiva occupazione da parte degli americani bianchi (con conseguente spodestamento degli Indiani autoctoni), più o meno lungo tutto il 1800.
Questo” West è, soprattutto, un modo di essere, un ideale di libertà, una terra di frontiera tutta da scoprire (o da inventare, a seconda di come la si vuole vedere), dove la legge è qualcosa di non ben definito e decisamente “personalizzato”.

Il West, quello vero, rappresenta anche l’esempio di una conquista realizzata col coltello in mezzo ai denti, metro per metro, frutto della forza di volontà e di quello delle armi. Il variegato “sociale” del West prevede i pionieri, gli scout, i “mountain man“, i cow Boy, i banditi, i cercatori d’oro, i pellegrini (mormoni, anabattisti, metodisti, etc.) e, finché gli è stata data facoltà di resistere, naturalmente gli Indiani.

C’era una volta il West, Sergio Leone lo gira nel 1968 (primo di una “trilogia del tempo” che comprende Giù la testa, nel 1971 e C’era una volta in America, nel 1984) ed è talmente bello da aver meritato, nel 2009, di essere preservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

La pellicola rappresenta una sorta di immenso poema epico sulla fine di un’epoca e, al tempo stesso, un imponente inno funebre per un genere cinematografico tanto amato al mondo. Proprio la ferrovia, centro e filo conduttore di tutta la vicenda narrata nel film, rappresenta, con il suo arrivo, la nuova civiltà che avanza e che è destinata a spazzare via in poco tempo il West e la sua epopea, i suoi scenari selvaggi e i suoi personaggi rudi e solitari. La maestosa sequenza finale, l’inquadratura che si alza sulla vallata, con la prima locomotiva che arriva, festeggiata dagli operai e l’allontanarsi malinconico di Armonica (Charles Bronson) da Sweet Water, ne è quasi la sintesi perfetta, sottolineata dal titolo, “C’era una volta il West”, che compare negli ultimi secondi a sancire appunto la fine di un’epoca”. (Fonte Wipedia)

Emozioni senza tempo, per un tempo che va… diventando leggenda!

Mi emoziona…

Il sole che trafigge i vetri di una chiesa e raggiunge il crocefisso che, di riflesso arriva nel mio cuore e lo riscalda;

l’addome gonfio di vita di una donna che sta per diventare madre;

un padre che gioca con suo figlio non per perder tempo ma per divertirsi un po’;

quei due ragazzini che mano nella mano, appoggiati ad un vecchio muro si baciano “consegnandosi” all’eternità;

un prete in ginocchio tra la gente, nella fragilità di un uomo che rappresenta Dio, nella fede semplice e piccola che rende possibile anche le cose impossibili;

un professore che ride, con i suoi alunni, sapendo di non poter insegnare nulla, ma di riuscire ad assegnare l’unico compito per cui vale la pena studiare: “l’amore”;

quel bosco fitto che, da lontano fa un po’ paura ma che, adesso che ci sono dentro… ne è valsa davvero la pena !

Mi emoziona quella voce, quella chitarra, quella poesia… la luna e le stelle. Mi emoziona la vista dopo la nebbia fitta, la luce dopo una lunga galleria, l’autostrada di notte, l’inizio e la di fine, le spine e le rose, un amico che mi ha perdonato e un amico che ho perdonato.

Mi emozionano i bambini, sale della Terra e speranza dell’avvenire; non mi emoziona la guerra, espressione del passato e preclusione del futuro!

(Giueppe Graziani)