Pubblicato su Lo SciacquaLingua
“Al termine della funzione il sacerdote si è recato in sacrestia e si è sparato”.
Amici, il sacerdote non si è tolto/a la vita ─ come la frase farebbe supporre ─ si è tolto i paramenti sacri. Sparare, forse non tutti lo sanno, è un verbo cosiddetto polisemico, ha, cioè, piú significati.
Oltre all’accezione piú nota, “esplodere un colpo d’arma da fuoco”, ne ha altre tra le quali “privare degli addobbi, dei paramenti, dei parati”: sparare un altare, togliere gli addobbi dall’altare. Il riflessivo “spararsi”, dunque, vale “togliersi i paramenti”. Sotto il profilo etimologico è composto con il prefisso sottrattivo “s-” e il verbo “parare” (addobbare, ornare con paramenti)
A cura di Fausto Raso (8 agosto 2020)
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.