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 Pubblicato su Lo SciacquaLingua

Il plurale di manomorta ─ leggiamo dal Sabatini Coletti in rete, è la «condizione giuridica di privilegio in base alla quale determinati beni, che erano di proprietà di enti perpetui, spec. chiese o conventi, o che godevano di certi privilegi, non erano soggetti a imposte di successione: m. ecclesiastica» ─ secondo i vocabolari consultati (Devoto-Oli, Treccani, Gabrielli, Garzanti, Sabatini Coletti, Zingarelli) è manimorte, prendono, cioè, la desinenza del plurale ambi (sic!) i sostantivi. Il Palazzi e il De Mauro non attestano il plurale, il dizionario Olivetti pluralizza il secondo sostantivo: manomorte. Chi ha ragione? Secondo la logica dovrebbero avere/hanno ragione i vocabolari su menzionati essendo concordi all’unisono. 

Chi scrive queste noterelle, invece, dà ragione al dizionario Olivetti, al Palazzi e al De Mauro (questi ultimi non specificando lasciano intendere che il sostantivo in oggetto si pluralizza normalmente: manomorte). Non capiamo, infatti, per quale motivo si devano/debbano pluralizzare entrambi i sostantivi (mano e morte/a) disattendendo la “legge linguistica” secondo la quale i nomi composti di due sostantivi dello stesso genere nella forma plurale mutano solo la desinenza del secondo elemento: cassapanca/cassapanche; manomorta… manomorte.

A nostro avviso il plurale manimorte è errato anche se si considera mano di genere maschile per la terminazione in “-o”. In questo caso il plurale sarebbe “*manimorta” perché i nomi composti di due sostantivi di genere diverso nel plurale mutano la desinenza del primo sostantivo: pescespada/pescispada. Attendiamo la “scomunica”. Manomorte, comunque, fa bella mostra di sé in alcune pubblicazioni

A cura di Fausto Raso

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