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“Come un novello Cristoforo Colombo sono approdato dentro di te con le mie tre caravelle: la mente, il Cuore e l’anima ed ho visto, in te, terre mai esplorate prima ma soprattutto, il tesoro più pregiato e la tua inestimabile ricchezza: la voglia di sognare…”

Non mi sembra vero amore, non ci credo…. Questo freddo mi avanza di un passo e non mi abbandona… Stringi ti prego, queste mani, dimmi la verità.

I miei pensieri confusi vogliono farmi credere quello che non è vero.

Quando c’è amore (ma amore vero), non mi volti le spalle e vai via….

Stella mia, fammi luce per sanare il vuoto che ho dentro e farti apparire maestosa come ti immaginerebbe soltanto Dio…

Ho bisogno di sentire un po’ di quel Bene sincero capace di farmi ricordare l’Amore vero, l’unico in grado di mantenermi coerente nel tempo.

Nascondi questo viso… la bocca non dice niente ma, il cuore, lo sa già…

Se è amore… ma amore vero (e questo lo devi sapere!) non mi lasci da solo…

Stella mia, scendi da cielo per avverare questo sogno mio. E con bellezza tale da poterla osservare soltanto Dio…

Cari Lettori, questa melodia (scritta da Alessandro Siani per Sal Da Vinci) rappresenta molto di più di una semplice canzone d’amore. È, infatti, la confessione di un “bimbo” che, pur mantenendo una base di dignità, trasmette tutta la sua angoscia all’idea che la donna della sua vita non garantisca un modello di attaccamento sicuro come, invece, quello della prima donna che lo ha accolto, veramente, alla sua venuta al mondo: la propria madre.

Tutto questo rientra nel complesso meccanismo che dà valore e significato a quel “prendersi cura” che dovrebbe essere alla base di qualsiasi emozione o azione di Solidarietà.

Credo nel tuo sorriso e nel tuo sguardoCredo nella tua mano che accoglie, salda, la mia. Credo nel tuo abbraccio, approdo sicuro per le mie paure. Credo nella tua parola, espressione completa della tua persona. Credo in te e, di conseguenza, nel Mondo, per i tanti, piccoli, meravigliosi, gesti che, ogni giorno, possono colorare la mia vita”.

Questa intensa “dichiarazione d’intenti” (che ci piace pensare, sia stata scritta da chi non ha perso la speranza di un presente migliore) ci pone di fronte ad un aspetto importante della realtà: (troppo) spesso, la nostra vita diventa simile ad un percorso a ridosso di un precipizio e, cioè, il senso da dare, a quel punto, alle nostre giornate, diventa il capire perchè si debba lottare, per evitare di cadere.

E, il Tutto, ricomincia ogni giorno.

Se volessimo pescare nella biblioteca delle Arti e dei Pensieri, troveremmo che Kant nella Critica della ragion pura distingue chiaramente l’intelletto dalla ragione, operando quel che, secondo la politologa e storica Hannah Arendt, rappresenta la più grande scoperta di Kant stesso.

L’intelletto genera conoscenza, la ragione genera significato.

Le due cose non sono per nulla uguali, come ci fa notare, in modo persuasivo, il teologo Vito Mancuso ne “I quattro maestri“.

Si può, infatti, avere una grande conoscenza del mondo e non vedervi alcun significato. Spesso è questa, la nostra situazione.

Qual è, allora, “lo specifico umano”?

L’intelletto, dalle cui analisi derivano scienza e tecnica, oppure la ragione, dalla cui sintesi procedono arte e umanesimo?

Mancuso ritiene che l’umano, nell’Uomo, sia uno spazio vuoto (un “chaos”) che produce dentro di noi indeterminazione, imprevedibilità, ambiguità.

Questo “spazio vuoto” (riportato nell’angoscia cantata in “stella mia”) rappresenta il più (inconsciamente) ricercato ma, al tempo stesso, temuto bisogno: quello del principio della Libertà…

Per questo, se si dimentica la Libertà, non si coglie lo specifico del fenomeno umano, ciò che ci rende così ambigui, vicini alla divinità e al contempo peggiori delle bestie e ricordando il famoso concetto di “dualismo pulsionale” di freudiana memoria, che metteva insieme e (al tempo stesso) contrapposti, Eros e Thanatos, Amore e Morte, Costruzione e Distruzione

Ma chi, per primo, ha usato nel secolo scorso questa folgorante immagine di “umano nell’uomo”?

Probabilmente, il grande scrittore russo Vasilij Grossman che, qualche anno prima di morire, scrisse questo profondo consuntivo: “Che cosa diremo al cospetto del tribunale del passato e del futuro, noi uomini vissuti nell’epoca del nazismo? Non abbiamo giustificazioni. Diremo che non c’è stata epoca più dura della nostra, ma che non abbiamo lasciato morire l’umano nell’uomo. Continuiamo a credere che, vita e libertà, siano una cosa sola e che non ci sia nulla di più sublime dell’umano nell’uomo “.

Umano nell’Uomo: non mera Libertà ma Libertà indirizzata al bene e alla giustizia. Libertà in quanto rettitudine e bontà.

Compito principale dell’esistenza di ognuno è imparare a conoscere, quindi, lo spazio vuoto della libertà e muoversi nel suo interno in modo da diventare liberi, giusti, buoni. In pratica veramente umani.

In pratica, se i pensieri nascono (come “Divine” frequenze elettromagnetiche) per via del movimento di attrazione e repulsione che si genera nei quark di protoni e neutroni, il vuoto fra il nucleo (dell’atomo) e gli elettroni (così come quello spazio sinaptico interneuronale) dà la possibilità di tutta una serie di “aggiustamenti” che consentiranno il non ripetere pedissequamente quel carattere di chi ci ha preceduto e di sperimentare l’opportunità di scrivere il nostro libro del destino.

Pur all’interno dei margini di un Inconscio collettivo.

Ma, perché accada ciò, bisogna avere un cuore “vivo”.

“Non c’è nulla di più bello al mondo del cuore vivo di un uomo. Della sua capacità di amare, credere, perdonare, sacrificare ogni cosa in nome dell’amore”. (Vasilij Grossman – Il bene sia con voi”!)

Non si vive (solo) per noi ma (anche) per gli altri.

Non abbiamo tanto bisogno dell’aiuto degli altri, quanto della certezza del loro aiuto”. (Epicuro)

A ben riflettere, ogni Essere Umano è in grado di resistere, sulla barricata delle avversità della vita, in misura direttamente proporzionale a quanto, da bambino, ha avuto un “porto sicuro” estrinsecantesi in un solido legame di attaccamento con la propria madre e il confronto con “la Parola del Padre” che ha creato validi modelli valoriali capaci di farlo crescere senza sopraffazioni o soffocamenti.

Il sapere di poter contare sulla solidarietà (e, quindi, sull’aiuto) di qualcuno disponibile a sostenerci e proteggerci con rispetto in una crescita “autonoma”, consente di affrontare al meglio un’impegnativa scommessa: contribuire alla preparazione di una Società in evoluzione

La vita si misura dalle opere e non dai giorni”, così sosteneva Pietro Metastasio (al secoloPietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi).

L’esperienza e la saggezza, infatti, hanno dimostrato che l’umanità può imparare, volendo, ad appagare le proprie necessità senza inibire i processi evolutivi di un contesto proiettato verso traguardi sempre più iperbolicamente tesi a un miglioramento globale, della qualità della vita.

Come arrivano lontano i raggi di una piccola candela, così splende una buona azione in un mondo ostile”. (William Shakespeare)

Solidarietà, è un termine che deriva dal Latino “Solidus” (Intero, pieno, non vulnerabile) e risponde a una sostanziale convergenza o identità di interessi, idee e sentimenti sotto forma di impegno etico-sociale teso a venire incontro alle esigenze e ai disagi di chi si trovi in una reale condizione di necessità: sostanzialmente, appartiene ai bisogni di ogni essere umano maturo, nel segno di un “egoismo costruttivo”.

O, volendo, di un altruismo particolarmente maturo.

Manifestare un sentimento di fratellanza e di vicendevole aiuto, infatti, determina una spinta a migliorare se stesso per potere offrire di più e meglio e ottenere, con l’instaurarsi di un circolo “virtuoso”, delle continue ricadute positive.

La solidarietà, quindi, presuppone un “donarsi” che non significa annullarsi ma, con verbo dantesco, “inluiarsi” (penetrare profondamente, con la mente, in lui)

Non bisogna poi dimenticare che il principio di solidarietà ha un riconoscimento fondamentale nella Carta Costituzionale. Stefano Rodotà (nel suo volume “Solidarietà – un’utopia necessaria”) infatti la delinea come un insieme di “doveri” declinati con riferimento alla politica, all’economia e alla socialità.

Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. (Proverbio Cinese )

Con molta probabilità, il vero vulnus delle ideologie socialiste, è stato rappresentato dalla presunzione di voler realizzare una Società basata su una equa distribuzione della ricchezza prodotta. L’errore è consistito nel non capire che i tempi non erano maturi. D’altronde, una simile ipotesi è possibile prenderla in considerazione solo nel momento in cui l’ambiente in cui si vive, è connotato da individui che operano spinti dalla ricerca di una realizzazione personale che passa attraverso l’Amore verso ciò che si fa. A prescindere da ciò che si fa.

Siamo in un ambito molto vasto, in cui un ruolo importante riveste il cosiddetto “terzo settore”.

Già nel lontano 1992 la Corte Costituzionale sottolineava in una importante sentenza il valore del volontariato considerato come “la più diretta realizzazione del principio di solidarietà sociale, per il quale la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di una autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa”.

In Natura, d’altronde, non abbiamo alcun esempio di condivisione di risorse fini a se stessa. Assistiamo, semmai, a sinergie di vario tipo, fondate sul motto in base al quale: “Nessuno si salva da solo!”

E, allora, più che distribuire “dazioni” anche a rischio di creare inutili parassiti, sarebbe necessario, creare le condizioni per un’equa distribuzione di opportunità, così da avere persone disponibili a mettersi in gioco estraendo, da sé, il meglio possibile, al motto di: “Cresciamo e condividiamo!”

Questo, sarebbe un esempio di autentico Socialismo!

La vera misericordia è più che gettare una moneta ad un mendicante; è arrivare a capire che, un edificio che produce mendicanti, ha bisogno di ristrutturazioni.” (M.L.King)

Il “voler dare”, quindi, è bene che non venga inteso né come “donazione” di sé né, tantomeno, come “concessione” in camera charitatis. Annullarsi nell’altro, infatti, è scorretto non solo secondo i basilari dettami naturali (per il principio dell’autoconservazione, ad esempio) ma per il cattivo esempio fornito a chi osserva: la vita è regolata da equilibri in cui compaiono rapporti di scambio corretto.

Ad ogni azione, infatti, deve corrispondere una reazione equivalente; solo così viene garantito il miglioramento dell’ambiente in cui si vive: non ci deve essere qualcuno che ci rimette ed altri che ci lucrano sopra. Allo stesso modo, l’assistenzialismo mortifica le capacità del beneficiario dei Piani Marshall di turno

La generosità consiste meno nel dare molto che nel dare a proposito”. (Jean de La Bruyère)

La solidarietà, quella vera, va intesa come punto di partenza per la valorizzazione delle risorse umane (soprattutto delle persone in difficoltà) per ridurre il fenomeno della dipendenza e aumentare l’autonomia propositiva e realizzativa. In ogni organizzazione sociale, il “fattore umano” è sempre più importante per determinare il successo. La qualità delle risorse umane, la preparazione professionale e la motivazione, portano ad un livello “di alto profilo”, in termini di risultati.

Se il tuo sguardo si ferma al di qua dello steccato del tuo podere, semina del grano: ti sazierai per un anno. Se sei capace di pensare un po’ più in là, pianta degli alberi: andrai più lontano. Se, invece, chiudendo gli occhi, sei in grado di spaziare verso ciò che è meglio per tutti, allora istruisci un popolo: si sfamerà a vita!” (Cit.)

Proviamo ad immaginare l’uso di quella “parentela di intelligenza e di cuore che si chiama Amicizia” e che consente un legame di ideali fra persone propense a “dare” per divenire migliori con spirito di Servizio e guidati dalla Tolleranza (che prevede rispetto, libertà e diversità) per consentire la trasmissione del potere delle buone idee.

Tutto ciò, comporterà il mettere al servizio di ognuno le ricerche, le conoscenze e gli studi realizzati da chi vuole contribuire al conseguimento di questi risultati ed equivale a considerare l’individuo come protagonista e risorsa, perché, ognuno ha il diritto di vivere ed operare al meglio delle proprie possibilità.

Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che sappiamo, anche la brezza sarà preziosa”. (Rainer Maria Rilke)

Il problema oggi è di difendere il ruolo importante della solidarietà nel tempo della individualizzazione crescente, della globalizzazione, della “morte del prossimo” (se vogliamo far riferimento al bel volume di Luigi Zoja).

In questi giorni, la guerra (ulteriore calamità dopo la Pandemia globalizzata) che costringe migliaia e migliaia di persone ad allontanarsi dalla Madre Patria, pone il problema in modo non teorico ma vigorosamente pratico.

Non possiamo volgerci dall’altra parte, non possiamo far finta di non vedere.

La questione diventa epocale e i profughi nelle varie parti d’Europa arrivano con il loro bagaglio di umanità e dignità. Non sono figli di un Dio Minore. Giungono con le loro potenzialità che ancora sono avvolte nelle foglie del dolore.

Il problema capitale sarà non tanto “donare”, “concedere” ma soprattutto “valorizzare”.

La grande scommessa umana, a questo punto, è mettere le persone in condizioni di esprimere ed estrinsecare tutte le proprie capacità e qualità.

Guardiamo gli altri negli occhi. Solo così potremo entrare in empatia con loro. Empatia, questa parola oggi spesso sbandierata senza riflettere che è la capacità di entrare in perfetta sintonia con le altre persone, al punto di riuscire a capire gli stati d’animo.

La solidarietà di cui parla Leopardi ne “la Ginestra” è una solidarietà biologica che deve diventare spirituale: una fratellanza tra tutti gli uomini.

Papa Francesco punto di riferimento non solo dei cattolici ma di tantissimi laici di buona volontà ci ricorda ogni giorno che la solidarietà è un elemento essenziale della vita cristiana. Una fede senza solidarietà, aggiunge, è una fede morta. La solidarietà è impegno per costruire città accoglienti.

Se è vero, come è vero, che Il fardello più pesante è di esistere senza vivere, è altrettanto vero che tutte le vite sono difficili; ciò che rende certe esistenze riuscite è il modo in cui sono state affrontate le sofferenze perché, in fondo, siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino e, alla fine dei nostri giorni, la voce della Coscienza, non ci chiederà quanto siamo diventati importanti ma, semmai, il motivo per cui abbiamo perso di vista noi stessi.

Dai primi anni ottanta, all’indomani della chiusura dei manicomi, viene sperimentato un nuovo modello di aiuto solidale con la creazione delle cooperative sociali in cui venivano impegnati gli ex pazienti, per produrre, dignitosamente, lavoro e reddito. Fra queste, c’era la cooperativa “Noncello” di Pordenone, dove si faceva, veramente, parquet e, dove, il motto dei dirigenti era: “Si può fare!” oggi, in Italia, esistono 2500 cooperative sociali che danno lavoro a quasi 30.000 soci diversamente abili.

Si può fare è un film del 2008. Diretto da Giulio Manfredonia è risultato uno dei lavori più premiati nella storia del cinema italiano, racconta di un gruppo di operai “alternativi” che, nonostante numerosissime traversie riescono a dimostrare che, con una buona idea e il coraggio di sostenerla, il risultato è alla portata di tutti..

Nello (Claudio Bisio) è un sindacalista che, dopo aver scritto un libro sul mondo del mercato viene attaccato duramente dai “compagni” ed è, quindi, trasferito alla Cooperativa 180, una delle tante sorte per accogliere i pazienti dimessi dai manicomi. Dopo alcuni attriti iniziali con i pazienti, Nello decide di far capire loro il vero spirito di una cooperativa coinvolgendoli maggiormente. Ascoltando le idee di tutti, in un’assemblea viene presa la decisione di abbandonare il lavoro assistenziale e di entrare nel mercato diventando posatori di parquet, ogni paziente ricoprirà un ruolo all’interno della cooperativa secondo le proprie caratteristiche. Dopo il primo lavoro, fallito per inesperienza, riescono ad ottenere un appalto in un atelier d’alta moda, il giorno della scadenza della consegna finisce il legno: alcuni di loro decidono così, vista anche la loro abilità artistica, di usare gli scarti per realizzare un pannello raffigurante una stella e coprire così l’intero pavimento. L’idea, oltre a venire molto apprezzata, si fa strada e la cooperativa ottiene sempre più appalti. nonostante una serie di conflitti con psichiatri della vecchia guardia che non vorrebbero dosare gli psicofarmaci in maniera più opportuna (rivedendo al ribasso la posologia), la cooperativa ottiene un grosso appalto a Parigi per decorare le fermate della nuova linea metropolitana. Il film si chiude mostrando i numerosi pannelli già pronti e l’arrivo di nuovi soci da altri manicomi. (Fonte Wikipedia)

SI PUO’ FARE,,,

“Prego, soci…”

“Ma no… voi non dovevate arrivare oggi! Questi qui arrivano il 13 alle 11.00!”

“No, signor Fabio, arrivano il giorno 11 alle 13.00”

“A questo punto, mi sa che ci vuole un discorso!”

“MI sa che il Presidente vuole dirvi due parole…”

“Gran bel discorso, Presidente!”

Eppure, la felicità della vita era fatta di minuscoli frammenti: le piccole e presto dimenticate gentilezze, un bacio e un sorriso, uno sguardo gentile o un commento sincero… (S. C Taylor)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per avere suggerito molti degli interessanti aforismi inseriti nell’articolo.

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