Pubblicato su Lo SciacquaLingua
In un “processo familiare” il giudice, vale a dire il padre di un bambino, imputato di aver picchiato un suo compagno di classe, esclamò: «Ecco la prova della sua nocenza!». Tutti applaudirono perché credevano che “nocenza” fosse l’aferesi di “innocenza”. L’ “imputato”, quindi, era non colpevole. Ma le cose in lingua non stanno cosí. “Nocenza” non è l’aferesi di innocenza. L’aferesi, come si dovrebbe sapere, è la caduta di una vocale o di una sillaba iniziale di una parola. Tondo, per esempio, è l’aferesi di rotondo [(ro)tondo]. Il termine, non attestato in numerosi vocabolari, non è, insomma, “[in]nocenza”, ma il suo contrario e sta per colpevolezza . E a proposito di aferesi, “accorciamento” e “apocope” non sono sinonimi di aferesi – come ritengono alcuni pseudolinguisti – perché indicano la caduta della vocale o della sillaba finale di una parola, il contrario di aferesi, dunque.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.