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Pubblicato su Lo SciacquaLingua

Si chiama “francesismo” ─  secondo il  vocabolario Treccani (in rete)  ─  ogni  «Parola, locuzione o costruzione sintattica francese introdotta in altra lingua, sia nella forma originaria, come cachetgarage, sia con un adattamento strutturale, come per es., in ital., blusalavaggio (e moltissime altre parole in –aggio), d’abitudine (per di solito), ecc. Meno com., usanza propria dei Francesi». 

Il nostro idioma abbonda di francesismi “travestiti”, cosí chiamati perché hanno assunto una veste italiana. Chi scrive non condanna i termini francesizzanti (entrati, ormai, nell’uso); consiglia, però, di farne un uso parco e di sostituirli, ove possibile, con vocaboli schiettamente italiani. 

Vediamo, dunque, piluccando qua e là tra le varie pubblicazioni, alcuni francesismi (in parentesi i corrispettivi termini “italiani”): avevo il portafogli nella tasca del gilè (panciotto, corpetto) ma ora non lo trovo piú; in questo negozio si vendono prodotti all’ingrosso e al dettaglio (al minuto); ciò che cerchi si trova nel tiretto (cassetto) a sinistra; il documento è privo del timbro (bollo) dell’ufficio che lo ha redatto; il giovanotto era privo di risorse (mezzi) per sopravvivere a lungo; prima di uscire assicurati che il rubinetto (chiavetta) dell’acqua non perda; questo libro è ricco di vignette (illustrazioni); raccontami tutto, soprattutto i dettagli (particolari); perché vuoi azzardare (arrischiare) tanti soldi in un’impresa incerta?; la giovane attrice debutterà (esordirà) la prossima settimana al teatro “La Rosa”.

A cura di Fausto Raso

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