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Conoscerete la verità. E la verità vi farà liberi (Giovanni 8.32).

Ogni persona, consapevolmente o meno, spende il suo tempo cercando di dargli un senso (attraverso l’investire se stesso nel lavoro, negli studi, nelle relazioni con gli altri) al fine di recuperare una dimensione identitaria in termini di coerenza, continuità e stabilità nel tempo.

E allora, proviamo a pensare a quanto siamo, veramente, liberi, dal momento che, per trovare il bandolo di una maledetta matassa (complicata da una miriade di fattori), ci arrabattiamo mentre, in realtà, avremmo voluto occuparci d’altro…

Quanti di noi si trovano nella condizione di chi ha la possibilità di agire senza essere soggetto all’autorità o al dominio altrui, riuscendo a trarne godimento?

E inoltre, siamo in grado di discernere il vero dal falso, riuscendo a dare conformità alla realtà delle cose e dei fatti, senza illusioni, paranoie (sfiducia e sospetto), distorsioni o idee di riferimento (convinzione che coincidenze ed eventi esterni casuali abbiano un significato particolare)?

I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili (Eduardo de Filippo)

Da osservatore del Sociale, riflettendo su molto di ciò che accade (dentro e fuori di noi) e che la lingua italiana qualifica come “nefandezze”, concludo che molti comportamenti auto ed etero lesivi, somigliano molto alle azioni dei bambini che, per assetto egocentrico, arrivano, metaforicamente, a tagliare il ramo dell’albero su cui sono seduti, pur di fare un dispetto ad un compagnuccio di giochi “antipatico”. 

Da psicoterapeuta, non posso non considerare il condizionamento impostoci dai nostri limiti di maturità e di crescita interiore (come ha scritto qualcuno, nessuno è immune dall’essere o dall’essere stato “pessimo”)che derivano da quello che possiamo considerare un dono del nostro caregiver più importante (di solito, nostra madre), elargitoci attraverso il meccanismo del rispecchiamento (occhi negli occhi) e della responsività (“esserci”,  ancor prima di farci percepire la consapevolezza di un nostro bisogno): il narcisismo, che va dal sano amor proprio all’insano egocentrismo che, a sua volta, vede individui con eccessiva autostima e facilmente irritati dalle critiche (Narcisisti Overt), altri con bassa autostima e molto sofferenti alle osservazioni non lusinghiere (Narcisisti Covert) e, in ultimo, coloro che godono nel fare soffrire “disumanizzando” irrispettosamente e biecamente l’altro (Narcisisti Maligni).

Da medico, tutto questo bailamme, richiama alla memoria il “Cancro”.

Si cari lettori, non meravigliatevi. La Scienza ci spiega che la cellula cancerosa, somiglia incredibilmente ai componenti della Morula, cioè quella sorta di pallina da golf che diventiamo dopo pochissimo tempo dall’unione fra ovulo e spermatozoo. Infatti, la neoplasia, secondo qualcuno sarebbe più corretto definirla “archeoplasia”, una sorta, cioè, di riproposizione dell’antico che, però, in un organismo non più embrionario, consuma troppe risorse e sporca altrettanto.

Che c’entra, questo, coi nostri comportamenti?

A ben guardarci, non è difficile rendersi conto del fatto che, un po’ tutti (chi più, chi meno), ci si porta dietro (accanto a forti spinte evoluzionistiche), una considerevole zavorra di immaturità che ci spinge ad agire, spesso, come se regredissimo, anziché evolvere.

Tutto ciò che è ignoto e vacuo viene riempito da proiezioni psicologiche; è come se nell’oscurità si rispecchiasse il retroscena psichico dell’osservatore. (Carl Gustav Jung)

Tornando all’ultima osservazione: Come si cura un tumore?

Con i farmaci, con la radioterapia, con la chirurgia ma, soprattutto, accanto ad una nuova rimodulazione motivazionale psicologica, con una buona riattivazione immunitaria, che è l’unica “vera” via in grado di scongiurare metastasi e recidive. Una sorta di chiamata alle armi che parte da una rivoluzione costruttiva, insomma!

E, tornando per un attimo alle valutazioni sociali, se non cambiamo qualcosa del nostro modo di essere e di pensare, qualsiasi proposito, resterebbe sostanzialmente inespresso.

Con la parola alla gente non gli si fa nulla. Sul piano divino ci vuole la grazia e sul piano umano ci vuole l’esempio. L’educazione, quindi, va intesa come l’aver cura di offrire ai giovani quelle esperienze che muovono il desiderio di apprendere le pratiche necessarie alla ricerca di ciò che è irrinunciabile per autenticare il proprio tempo. (Luigina Mortari)

Cari Lettori, ma vi siete mai chiesti cosa, realmente, vedreste nel momento in cui andreste a scoprire, liberamente, la realtà delle cose?

Paul Claude Racamier, nel suo “Il genio delle origini”, parla di lutto originario a proposito di quel profondo senso di angoscia che si prova, da piccoli (e, per molti, per tutto il resto della vita) come quella traccia ardua, viva e durevole di ciò che si accetta di perdere come prezzo di ogni scoperta.

Permettetemi di ricordare che a Roma, nel 1825, due carbonari (Leonida Montanari, modenese vissuto a Cesena e Angelo Targhini, romano nato a Brescia), dopo un processo farsa e alquanto sommario vengono condannati a morte e, conseguentemente, ghigliottinati in Piazza del Popolo.

La loro storia viene raccontata da Luigi Magni, in uno splendido film del 1969, “Nell’anno del Signore”, in cui si sbircia anche nelle vicende sentimentali e politiche di un ciabattino da tutti ritenuto analfabeta e che si rivela invece essere il famoso Pasquino, autore di quelle satire anonime in cui si riassumeva, da anni, il malcontento del popolo romano.

In questo affresco, viene raffigurata una Roma, in realtà, sottomessa e assuefatta al potere temporale della Chiesa, in un graffiante alternarsi di situazioni farsesche e drammatiche, che smascherano le ipocrisie del potere.

A distanza di 196 anni, nell’anno del Signore 2021, lo sfondo, liberamente tratto dalla realtà delle cose, narra sceneggiature non dissimili.

Si condanna, si contesta, si governa, si complotta all’ombra del potere. Ma non ci si rende migliori.

“Alzi la mano chi, in verità, possa affermare di non aver paura di studiare per arricchire la propria coscienza! Si faccia avanti chi non teme di faticare per levarsi di dosso il giogo e la puzza dell’ignoranza!”

Si pretende di risolvere i problemi cercando il potere nell’agire senza considerare, però, nella giusta misura, la forza delle idee che scaturiscono dall’acquisizione di nuove e più corrette informazioni. La mediocrità accompagna da sempre la gente umana come una condanna e un giogo perché, per liberarsene, si deve lottare contro la ricerca della pigra beatitudine intrauterina…

Nel passato, però, si guardava al sapiente, magari con invidia ma, certamente, con la consapevolezza di trovarsi al cospetto di un uomo migliore, anche se a volte pericoloso (e Socrate avrebbe molto da dire, in proposito).

“Sulla scena so esattamente come muovermi. Nella vita sono uno sfollato”. (Eduardo de Filippo)

Oggigiorno, invece, sempre più spesso, “liberamente” e “sinceramente” intendiamo la nostra condizione di incompiuti, come una situazione di massima espressione del genio contemporaneo.

Cari Lettori, come sosteneva un umorista francese, “Provate a complimentarvi con qualcuno per la sua capacità di pensare… e ve lo farete amico. Cercate, invece, di indurlo a pensare sul serio… e avrete un nemico per la vita!” 

A queste condizioni, il termine “ignoranza” non fa certo rima con pudicizia quanto, piuttosto, con immondizia!

Lo stesso Robert Hossein (alias Robert Hosseinhoff, simbolicamente riproposto nella suggestiva immagine di copertina) che ne “La meravigliosa Angelica” veste i panni di Joffrè de Peyrac e del Rescator, in grado di rivaleggiare e vincere tanto contro il Re Sole (Luigi XIV) quanto contro i più agguerriti pirati, nel ruolo del dott. Targhini, non può far altro che offrire la propria testa al patibolo e all’oblio. 

BUONA NOTTE, POPOLO…

“Cos’hai da ridere?

Caro Mastro Titta, dopo la Rivoluzione Francese e l’Impero di Napoleone i successori della restaurazione ritornarono a Luigi XVI e cancellarono ogni forma di progresso nato con questi movimenti storici, tranne una cosa: la Ghigliottina. L’unica cosa al mondo che non puzza di vecchio e di decrepito è la ghigliottina. Voi siete l’uomo più moderno di Roma. L’avvenire è vostro. Buona notte, Popolo!”

La verità rende l’uomo libero.

Si… ma di soffrire, però, osservando il baratro nel quale si sporge ogniqualvolta cerca qualcuno con cui confrontarsi e trova, invece, quella marmellata cerebrale che i più, improvvidamente, osano chiamare “pensiero”!

La sofferenza umana ha una natura duplice. Può essere causa di infelicità o incentivo per un’ulteriore crescita. Se ci disperiamo di fronte alla sofferenza, siamo persi, ma se la consideriamo un’occasione per svilupparci e migliorarci, scopriamo che la nostra esperienza ci rende in grado di portare felicità agli altri. (Daisaku Ikeda.)

Partendo dal valore della riflessione di Fabrizio de Andrè in base alla quale chiunque coltivi le proprie diversità con dignità e coraggio, attraversando i disagi dell’emarginazione con l’unico intento di rassomigliare a se stesso, è già di per sé un vincente…

…se non ci è chiaro il significato di quanto così saggiamente espresso…

Beh, allora, buona notte, Popolo!

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per avere suggerito alcuni degli interessanti aforismi inseriti nell’articolo.