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Silenzio. Nel cuore della notte come nel chiarore della prima alba, che, salutando l’ultima stella, guida verso un altro giorno. Uno nuovo.

Più grande, più grande di quello che prova.

Forte, è abbastanza forte?

Le parole nelle pagine dei libri fanno compagnia, una delle migliori in quelle serate senza un alito di vento, rigide da paralizzare, fredde ma non da volerle dimenticare.

Il tempo scorre senza sosta, inesorabile nelle giornate che invece avrebbero bisogno di fermarsi.

Una fitta di dolore mi trafigge costringendomi a ripensare a quanto è stato, quello che ho cercato, quello che ho avuto indietro.

Una sola pagina, piena di pensieri, vuota di emozioni, la rileggo senza troppo ripensarci.

Qualcosa di diverso. Ci aspettiamo qualcosa di diverso anche senza cercarlo, non ci accorgiamo ma vogliamo qualcosa di diverso.

Lo sono mai stata? Lo sarò mai?

La struttura con difficoltà si può modificare, solo leggermente modellare a che trovi una forma nuova.

Sorprendente come a volte le dinamiche dei rapporti fra le più grandi intimità si traducono in una pagina scritta chiaramente e senza lasciare spazio alle interpretazioni. Bello aver capito, ma pericoloso fino in fondo.

In difesa.

Naturale per l’essere umano nascondersi agli attimi poco chiari o al contrario a quelli troppo illuminati dalle verità, quelle che graffiano. Lontano, mi appare tutto ancora così lontano, anche se la mano riesce a toccare con facilità e a sentire il calore. Alcune cose non trovano spazio nelle parole, alcune cose non possono vivere con le parole.

Improvvisamente mi ritrovo al centro di un luogo isolato e con pochi contatti. Là dove lo sguardo può allungarsi da tutte le parti, trovando si degli ingombri, ma ognuno a solleticare un bel ricordo.

Le mani scivolano accarezzando l’aria, quasi si riesce a sentirla materializzata in tutta la sua freschezza.

Quante cose sono cambiate?

Dentro e fuori. Sono qui, ancora una volta sulle mie sicurezze vacillanti. Non riesco proprio a capire, a darmi pace, ad assopire le domande che non trovano risposte se non che nell’illogicità dei comportamenti. Ancora una volta l’indicazione viene dall’interno, dalla parte più profonda che ormai è radicata e difficilmente si estirperà.

Tornerà? Afferro le parole al volo e cerco di farmene una ragione.

Un’altra storia. Difficile scindere la ragione dal sentimento, nonostante tutto.

Faccio una corsa e mi ritrovo all’estremo, al confine delle mie possibilità, fin dove arrivo e, stremata, non riesco più ad andare oltre. Come un tempo, il desiderio di andare oltre si fa sentire forte, mi riporta prepotentemente all’interno delle mie necessità, bisogni o … sogni.

Una riga per ogni quaderno, come fossero pagine diverse di una stessa vita. Sarà forse arrivato il momento di mettersi da parte e restare ad aspettare?

Qualcosa di diverso. Prendo una pausa dalla nuova quotidianità che mi avvolge, ma senza stringere. Mi ritrovo ad indossare quell’abito leggero e fresco donatomi qualche anno fa e accompagnato da una promessa: di poterlo vestire senza doverlo appesantire.

Due giorni con me stessa.

La stanchezza abbatte trascinandomi in un sonno profondo dal quale esco senza troppe parole. Alla fine delle ore, quasi fosse l’unica salvezza, il coraggio di fiatare. Si trasforma rapidamente in un fiume in piena, da pochi suoni al tumulto impetuoso dell’acqua che scorre violentemente dentro il corpo fino all’anima.

La vitalità ancora una volta domina il momento. Energia in movimento … vita.

Poco a poco, piano piano.

Cade all’improvviso il silenzio. Nell’oscurità della notte mi affaccio alla solita finestra sbirciando e cercando nel chiarore, ancora lontano, la tranquillità.

Fernanda (15 novembre 2012)

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