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Scroscio intenso di acqua nel cuore della notte. Questo inizio di convulsa primavera in cui predomina tutto e il contrario di tutto, un momento di serenità e subito dopo l’inquietudine più disarmante. Il bisogno di normalità prevale ormai su qualsiasi esigenza naturale. Difficile fermare la concentrazione su un progetto appena nato o da continuare, difficile fermare un pensiero su un passato già trascorso, difficile …

Mi ritrovo a riflettere sui percorsi della mente, quelli tortuosi stressati dalle condizioni all’esterno e giungo alla solita conclusione: è da ritrovare l’ebbrezza del vento fra i capelli e concedersi la possibilità di ritornare a scrivere. Senza grosse pretese e lasciando che la rigidità che ha investito provi a cedere.

Una vita più normale, da parte le paure, per quello che si può, e tornare a riprovare a camminare senza ritrovarsi addosso sguardi sospettosi.

Cosa avrò sbagliato?

Difficile da decifrare questa volta. Eppure conosco bene quale può essere la strada giusta per risollevarsi, almeno quella che darà più garanzie di successo.

Ancora una volta la comunicazione fra mente e corpo corre e unisce. Questo il vero momento di provare ad usare gli strumenti acquisiti in tanti anni di sofferenza ma di conoscenza e maturare una rinascita. La rinascita.

Conto, camminando fra le stanze della mia vita, le innumerevoli pagine che ho sfogliato fra le dita, per le quali mi sono emozionata, per le quali a volte ho pianto e altre ho trovato piacere nella risata suscitata.

È arrivato il tempo di tornare a desiderare. Dalle cose più semplici ed un tempo scontate, a quelle più elaborate nella loro costruzione e da godere nel durante.

Sorrido, pensando che le parole adoperate hanno il sapore di quelle di un tempo, anche quello di ricostruzione. Di dolore nella ricostruzione. Ma so bene ormai che è nella consapevolezza dei segnali che arrivano dal corpo che parte la rinascita.

Molto da fare dopo. Bisogna cominciare a pensare come adoperarsi per dare una mano là dove la tragedia ha colpito con più violenza.

La stanchezza alimentata dalla confusione generata dalla paura e dall’incapacità di far fronte anche alle più elementari necessità, che in questo momento diventano prioritarie a tutto, anche di fronte alle problematiche più delicate.

Le elementari necessità, le problematiche più delicate.

È qui che nasce il caos: dalla impossibilità di decifrare con chiarezza e delineare il confine fra le due.

Arriva la triste conferma di quello che si era ipotizzato subito dopo, quando avevamo smesso di tenerci per mano e ripreso a correre ognuno in una diversa direzione. Senza più proiettare lo sguardo sullo stesso orizzonte.

La stagione fredda ferma, a confermare questo triste momento di consapevolezza di quello che è stato. A dispetto di tutto ciò, i tronchi freddi, per magia, fioriscono di rosa acceso … accendendo la speranza.

Sulla terra fredda dell’inverno trascorso e che non vuole abbandonare il verde rigoglioso spunta a catturare l’attenzione. È uno dei regali della Natura che appartiene all’essere umano: la capacità di attrarre distogliendo dall’ingombrante problema principale che ancora ad oggi stiamo vivendo.

Cammino, ascoltando il solo rumore dei miei passi come fossi nel cuore di una notte solitaria.

Con nostalgia mi accorgo che non riesco più a ricordare come era vivere nello schiamazzo della quotidianità e normalità di ogni giorno, pur sapendo che presto tutto cambierà.

Torneremo?

Cosa lascerà dentro di noi questa insolita naturale ed innaturale esperienza?

Il processo dell’amplificazione, avviato ormai da un anno, avrà subito una accelerazione proiettandosi verso un equilibrio ormai perduto, oppure ne abbiamo fatto tesoro applicando il principio della trasformazione come cambiamento alla risoluzione e miglioramento?

Fernanda

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