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Ricordi. Un pomeriggio di ricordi. Quelli che fanno un po’ male sulla pelle. Non un dolore profondo però, al contrario come un pizzico. Quindi intenso e breve e che, se fatto con insistenza, lascia un piccolo segno.

Ci sto pensando da tre o quattro giorni. Immagino questo pomeriggio, lo pregusto. Sarà di racconti, ognuno parlerà di se stesso. Cosa è successo, quello che è cambiato e quello che non vuole cambiare, ciò che è rimasto e ciò che ha preso il volo per sempre.

Mi metto al volante della mia macchina abbastanza presto nel pomeriggio, ho troppa fretta di iniziare, di rivedere. Il percorso è uno dei miei preferiti. Mi piace attraversare il verde delle montagne, è come se mi inghiottissero e, giungere direttamente nell’azzurro del mare. C’è un momento in cui ti trovi nella parte più alta e dove fuori la temperatura non è proprio estiva, ma in lontananza si intravede la linea dell’orizzonte fra cielo e mare. Sembra un punto in cui le stagioni si separano nello spazio ma coesistono nel tempo.

Ripenso a quando eravamo bambini, stretti in macchina per starci tutti. Fortunato era colui che per primo vedeva questo paesaggio, un momento di euforia, di allegria, le urla di piacere.

Correndo lungo la costa attraverso i paesi dell’infanzia, la vegetazione è rigogliosa, stranamente non ancora bruciata dal calore. Accelero, con prudenza, voglio arrivare presto, il primo, il secondo tunnel, poi la salita breve ma piena di tornanti. Ci sono.

Ormai è come essere a casa mia, la sento come parte di me, mi muovo senza imbarazzi e con la naturalezza che è propria di una cosa che appartiene. Giro negli ambienti per rassicurarmi, che tutto sia al posto giusto, che nulla sia cambiato.

La casa. Tornare a casa. È un luogo dove tutto, pur cambiando negli anni e modificando secondo le proprie necessità e desideri, rimane inalterato. Ogni angolo, ogni stanza, anche le cose più insignificanti hanno un valore intenso. L’ulivo è sempre lì, affacciato sul panorama che, se non sei preparato, toglie il fiato. Lo raggiungo, me ne riempio gli occhi e lo lascio entrare, lo respiro a pieni polmoni e allungo lo sguardo fin dove mi è concesso.

Una chiacchiera con chi aspetta per raccontare il tempo, come è trascorso il rigore dell’inverno, come è arrivato il calore dell’estate. Ma anche chi, come gli occhi di una madre, vuole osservare, rassicurare, rassicurarsi. Per un attimo sono senza protezioni, scoperta. È come dire una bugia a chi conosce fin troppo bene, non ti crederà, ma mai te lo farà capire. È una sensazione che non mi infastidisce però, anzi. Lei sa vedere, si preoccupa, fa in modo che ti senta a tuo agio.

E poi finalmente fra di noi. Vorrei dire tanto e sono sicura che ci riuscirò. Per un momento mi fermo col pensiero e catturo il profumo, elimino il dolore nei ricordi e penso solo alla parte più bella. Le passeggiate sotto braccio in una città non proprio natale, ma che ci ha ospitato e raccolto come fosse una madre. Tanti i viaggi, le speranze, le paure e le incertezze, ma accanto a ciò le allegrie, il piacere di trovarsi, di scoprirsi, dello stare insieme.

È formidabile, esistono delle persone che hanno la capacità di risvegliare, di rinnovare la presenza dell’affetto che vive ormai solo in te. Quando il timore per le immagini sfuocate predomina e cerchi a tutti costi nell’essenza del silenzio il ricordo del passato.

Ricordi, sempre e solo ricordi.

Velocemente arriva sera, una cena in due ricca di parole, sempre in casa, per non sciupare questo istante fra la folla. E sempre raccontandoci ci sistemiamo fra il verde, accanto all’ulivo. Due sedie affacciate dall’alto della collina sulla costa, una catenella di luci, di lampioni la delinea, la fa brillare. Nel mare in lontananza le barche dei pescatori, le immagino avvolte dal silenzio e cullate dalle onde dei pensieri.

E senza accorgermene, liberando le parole come solo mi riesce con la penna, viene fuori quanto accade. Sono caduta ma ancora in piedi, ogni tanto barcollo ma ritrovo l’equilibrio, un po’ a fatica e con paura ma sempre sulla giusta strada della conoscenza.

Mi distraggo un momento e, scorrendo velocemente nell’archivio della memoria, rivedo in giardino le origini, risento e rivivo solo per un istante il calore del passato. Ho la sensazione che sia trascorsa un’eternità, ma so bene che non è così. Mi accompagnano poche e nascoste lacrime, della nostalgia. È veramente troppo tardi, ma non riesco ad andare via, potrei restare tutta la notte a chiacchierare così, troviamo ogni pretesto per rimandare questo momento. La frutta, il caffè, i liquori.

Alla fine mi ritrovo al cancello, un abbraccio affettuoso, un bacio. Sono di nuovo al volante, ancora una volta nei miei pensieri, sento nel viso risplendere la serenità. Ho ripreso una parte di me stessa, una parte che ho sempre paura di perdere…

Fernanda

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