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Iniziamo con l’esaminare il significato etimologico della parola “Comunicare”:

Viene dal latino CUM= CON e MUNIRE=LEGARE, COSTRUIRE e al latino COMMUNICO= METTERE IN COMUNE, FAR PARTECIPE; non è solo un processo di trasmissione di dati, di informazioni, ma sta anche per rendere noto, far conoscere.

Nel processo relativo alla comunicazione il soggetto persegue un obiettivo tale affinché il ricevente pensi o faccia qualcosa.

Quindi la comunicazione possiamo considerarla come un’interazione tra soggetti diversi.

La comunicazione può avvenire tra esseri umani, tra esseri viventi, tra particelle…,ma anche tra macchine tra loro compatibili e con codici comuni.

La comunicazione che comunque ci interessa trattare è quella tra esseri umani ed è quella che quindi prenderemo in esame.

Partiamo dal Big Bang avvenuto 15.000.000.000 di anni fa…. Comincia la comunicazione tra particelle… in conseguenza, 5.000.000.000 anni fa nasce la terra e con essa , 4.000.000.000 di anni fa, la vita.

2.000.000.000 inizia la riproduzione sessuale

400.000.000 anni fa appaiono i vertebrati

10.000.000 Inizia la ventilazione respiratoria e l’audizione-> nasce la voce parlata

…e così via fino ad oggi.

Sicuramente nella vita di oggi, la prima forma di comunicazione, la più stretta in assoluto, avviene tra madre e figlio quando il figlio si trova ancora nel grembo materno.

Infatti, prima della nascita, il feto sperimenta la sua comunicazione col mondo esterno, nel suo piccolo ambiente intrauterino, con dati relativi all’aspetto affettivo (nell’ interazione con la madre), ma anche e soprattutto nella percezione di quello che è l’aspetto acustico (energia aggressiva) di relazione col mondo esterno.

Il feto compie un’esperienza di suono e ritmo per così dire “originari” che dopo la nascita DEVE ricreare e riconoscere per essere “rassicurato” e condotto ad una condizione di tranquillità. I borborigmi intestinali, il battito del cuore della madre…e tutti i suoni che provengono dall’esterno, filtrati dal ventre materno, rappresentano la comunicazione del feto col mondo. Ovviamente, nella situazione post-nascita, il tutto va visto in un ambito più generale per quella che è la comunicazione che si può attuare nello scambio completo tra esseri umani.

Come si può notare però, l’aspetto più propriamente musicale è una componente importante della comunicazione.

Nel grembo materno il bambino è il grado di riconoscere, secondo una finissima selezione, i suoni e lo dimostra dopo la nascita riconoscendo il suono del battito cardiaco della madre o la voce della madre stessa rispetto a quella di altre donne.

Tutto questo porta la madre, dopo la nascita, a sperimentare col figlio attraverso i suoni, e impara a conoscerlo attraverso le sue reazioni alla musica; quindi si instaura un dialogo comunicativo, conosciuto e rafforzato durante la gravidanza, fatto di suoni , ritmi, modulazioni vocali associati a sguardi, gesti, contatti e movimenti.

Mamma e bambino si comportano proprio come due musicisti eseguendo, con la loro improvvisazione, un componimento musicale unico e piacevole.

Arriviamo quindi a concludere che i bambini sono in grado di percepire fin dai primi mesi di vita gli aspetti emotivi della comunicazione; essi interagiscono in diversi modi e, secondo alcuni studi, la prima forma di interazione dei neonati avviene attraverso lo sguardo.

La comunicazione, e quindi lo scambio di tipo affettivo -positivo e aggressivo -positivo tra madre e bambino, è fondamentale per la sopravvivenza del bambino e non deve conoscere interruzioni poiché sarebbe di importanza vitale per il bambino stesso.

Ne concludiamo che la prima forma di comunicazione che dal mondo esterno arriva al mondo interno di chiunque di noi è quella di tipo musicale…. a prescindere dal tipo di suono… organizzato o meno… melodioso o meno.

Il suono è quindi uno strumento al servizio della comunicazione.

La musica per ogni essere umano, siccome riporta da un punto di vista mnemonico allo stato intrauterino, ha un effetto positivo sull’organismo.

Lo sapevano persino gli antichi greci che ritenevano che la musica avesse un impatto benefico sulla salute; consideravano la musica come l’arte delle arti, la cui musa era Euterpe.

Il mito di Euterpe sembra indicare come i sentimenti dell’animo umano, possano scaturire attraverso il connubio sia della comunicazione basata sulla logica e sul linguaggio, sia da un simbolismo non verbale che si sprigiona dalla sonorità di un brano musicale.

Secondo quanto riportato dalla rivista scientifica “The Lancet” il professor Claudius Conrad, ricercatore (e pianista) ha dimostrato, per esempio, che facendo ascoltare Mozart ad alcuni pazienti molto gravi , ricoverati in rianimazione, questi reagivano diminuendo anche del 20% la produzione di quegli ormoni indicatori dei livelli di stress e aumentando l’ormone della crescita nel sangue che rappresenta uno degli indici di guarigione in corso.

In Italia, si affiancano a questi risultati quelli raggiunti al San Matteo si Pavia e che fanno capo a Luciano Bernardi il quale ha dimostrato che durante l’ascolto di qualunque tipo di musica, si riscontra nell’essere umano, un’accelerazione momentanea del battito cardiaco che, dopo l’ultima nota, lascia il posto ad uno stato di relax in cui i battiti del cuore rallentano e la pressione sanguigna diminuisce.

Inoltre, un altro studio , pubblicato dalla rivista Cochrane Systemic Review, ha dimostrato che svolgere gli esercizi fisici, per coloro i quali sono stati colpiti da ictus, durante l’ascolto di brani musicali, comporta un miglioramento dell’esecuzione degli esercizi stessi. In ultimo, aggiungiamo il risultato di altri studi in cui si è rilevato un minor bisogno di somministrare antidolorifici in pazienti con dolore cronico ed anestetici in chirurgia quando si ricorrere all’ascolto di musica.

Questo dimostra che le onde sonore relative all’ascolto di musica, una volta raggiunto l’essere umano, comportano una risposta cellulare ed organica con ricadute positive sullo stato di salute e di benessere in generale.

Tutto questo rientra in quegli studi (PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA) che trovano ormai un riscontro più che confermato secondo cui la qualità della vita è connessa allo stato di salute.

In base a ciò è stato creato, nel 2011, il progetto-pilota “LA CETRA DI ORFEO” condotto presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, a cura della Dott.ssa Antonietta Di Renzo.

In tale progetto si è notato che sottoponendo non solo i malati ma anche i familiari dei malati all’ascolto di melodie prodotte dall’arpa, essi ne traevano dei benefici.

La musica prodotta dall’arpa muove l’anima e il corpo poiché le sue corde vibrano secondo lo stesso principio della voce umana; essa ha il potere rievocativo di far riemergere ricordi e di rilassare poiché raggiunge il sentire emotivo della persona. Essa sembra sia strumento ideale per le persone malate di Alzheimer o con deficit cognitivi, possiede le caratteristiche per migliorare lo stato d’animo, ha un potere liberatorio, alleviante e catartico delle tensioni psichiche, “accordando” la mente ad una dimensione emozionale stimolando un vero e proprio massaggio corporeo, in particolar modo sugli anziani.

Ne consegue un miglioramento della qualità della vita soprattutto per chi è costretto a degenze in ospedale..

La musica, infatti, nella sua capacità di rievocare le emozioni ci “tocca” in profondità, risvegliando il piacere: forse non è un caso se il nome della musa Euterpe deriva dal greco eu (bene) e τέρπ-εω (piacere) e significa “colei che rallegra”…

Il suono può metterci in risonanza con i nostri vissuti interiori e pare che questo possa già accadere sin da quando siamo neonati….

Alcuni ricercatori italiani hanno riscontrato ; attraverso particolari esami, che, facendo ascoltare a neonati che avevano al massimo 48 ore di vita, attraverso le cuffie, musica classica, si attivavano in essi le aree uditive dell’emisfero destro, incluse insula e il circuito amigdala-ippocampo, che sono le aree legate all’esperienza creativa e alle emozioni. Sembra incredibile, ma si è anche riscontrato che essi erano in grado di riconoscere le stonature, infatti la decodifica della musica atonale avveniva ad opera dell’emisfero di sinistra.

Questi risultati indicano che i neonati non solo riconoscono la buona musica, ma che il loro cervello si presenta con una specializzazione emisferica per la musica già subito dopo la nascita e sensibili alle differenze di consonanza e dissonanza.

Dopo quanto detto potrebbe sorgere spontanea questa domanda:

Ma l’ascolto del suono è limitato solo all’apparato uditivo?

No!

Siccome abbiamo parlato di onde sonore, va da sé che queste investono sì il nostro apparato uditivo, ma nel contempo investono tutto il nostro essere e quindi vengono percepite anche dal corpo, dalla pelle la quale possiamo tranquillamente affermare abbia un “suo ascolto”.

Anche in questo caso facciamo un salto indietro e ritorniamo all’ambiente intrauterino. Si può sostenere che il collegamento fra la pelle e la dimensione sonoro-musicale è forse il vissuto più antico poiché la pelle e il suono si sono conosciuti ancor prima che l’orecchio ( e l’occhio) iniziassero a costituirsi come organi di senso umano.

La pelle ha maggiore peso (20% del peso totale del neonato, 18% nell’adulto) ed occupa una superficie maggiore di qualsiasi altro organo di senso. Nell’embrione fa la sua comparsa prima di qualsiasi altro sistema sensoriale (verso la fine del secondo mese di gestazione, precedendo nell’ordine gli altri due sistemi prossimali, l’olfattivo e il gustativo, il sistema vestibolare e i due sistemi distali, auditivo e visivo).

Inoltre non dobbiamo trascurare il fatto che nella nostra pelle ci sono delle molecole che potremmo definire “messaggere” del cervello le quali, essendo recettrici, avrebbero lo scopo di elaborare chimicamente e trasmettere alle cellule le prime informazioni utili all’attivazione dei processi di comunicazione all’interno della complessa unità mente-corpo:accarezzare, massaggiare un corpo è comunicazione, legame, contatto a ogni livello.

Ci sono anche degli studi di neurologia e di biochimica mirati a dimostrare quanto le percezioni pelle-suono siano anche frutto di un’azione chimica che promuoverebbe un passaggio di informazioni e successive elaborazioni fra la più lontana periferia di pelle del nostro corpo e la più centrale struttura nervosa della nostra mente.

Sulla base di ciò, tutte le nostre sensazioni, tutti i nostri contatti vissuti da una pelle “toccata” dai suoni e dalla musica, sarebbero da intendersi anche come percezioni di mente che andrebbero a confermare l’inevitabile investimento psichico della pelle “rapita” dall’energia (aggressiva) vibrante musicale.

Questa comunicazione-interscambio farebbe corrispondere ad ogni cambiamento del nostro stato fisiologico (prodotto per esempio da una percezione-sensazione pelle-suono) un cambiamento del nostro stato mentale ed emozionale. Viceversa, ad ogni nostro cambiamento mentale ed emotivo (per esempio indotto anche dal solo risveglio mnemonico di un vissuto pelle- suono) avremmo un corrispondente cambiamento della nostra condizione fisiologica. Tutto questo ci riporta inevitabilmente al concetto di “pelle d’oca” che tutti conosciamo per esperienza diretta.

La pelle può essere pensata come un reale orecchio diffuso, tanto più attivo quanto più è in stretta connessione con gli altri sensi, cioè in azione intersensoriale.

Sono molto diffusi gli ascolti musicali ad occhi chiusi, che ci possono rendere più vicini alla fonte sonora, eliminando il legame spaziale che la percezione visiva di solito impone. Il semplice atto di chiudere gli occhi non serve solo ad amplificare la percezione uditiva, ma svilupperebbe anche una percezione tattile.

Ma come fa il suono a raggiungere sia l’orecchio che la pelle?… o comunque un corpo ricevente?

Allora, pensiamo ad un sasso gettato in uno stagno….

Vediamo che nel momento in cui il sasso entra nell’acqua, da quel punto esatto si formano dei cerchi concentrici che si spostano dal centro verso l’esterno cosicché il movimento prodotto nell’acqua dal sasso viene trasmesso, per così dire, da un cerchio all’altro e si diffonde finché non perde forza e quindi si smorza.

Nella propagazione del suono avviene un po’ la stessa cosa ….

Il suono è la sensazione data dalla vibrazione di un corpo sonoro in oscillazione. Tale vibrazione, che si propaga nell’aria o in un altro mezzo elastico, raggiunge l’orecchio o la pelle…o comunque il corpo ricevente.

Le oscillazioni sono spostamenti delle particelle, intorno alla posizione di riposo e lungo la direzione di propagazione dell’onda, provocati da movimenti vibratori, provenienti da un determinato oggetto, chiamato sorgente del suono, il quale trasmette il proprio movimento alle particelle adiacenti, grazie alle proprietà meccaniche del mezzo; le particelle a loro volta, iniziando ad oscillare, trasmettono il movimento alle altre particelle vicine e queste a loro volta ad altre ancora, provocando una variazione locale della pressione; in questo modo, un semplice movimento vibratorio si propaga meccanicamente originando un’ onda sonora ( o onda acustica).

La velocità di propagazione delle onde sonore dipende dalla temperatura e pressione del mezzo attraverso il quale si propagano.

Per decodificare i suoni è importantissima la valutazione delle loro caratteristiche le quali, dando vita a delle differenziazioni tra i suoni stessi, ci permettono di distinguerli l’uno dall’altro e, nel caso della comunicazione tra esseri umani, è importante precisare che sono proprio le varie combinazioni di queste caratteristiche a far sì che i suoni, i rumori, le voci siano diverse tra loro e quindi distinguibili e riconoscibili da una persona all’altra.

Come tutte le onde, anche quelle sonore sono caratterizzate da :

  • altezza che indica la frequenza con cui oscilla la vibrazione
  • intensità che indica il “volume” del suono.
  • timbro che fa percepire il diverso tipo di suono e che dipende dalle diverse caratteristiche delle forma d’onda del suono).

La voce umana rappresenta il suono, per eccellenza, deputato alla comunicazione verbale per quanto concerne l’uomo.

Una comunicazione verbale efficace e positiva dipende anche dalla qualità di una voce.

Il parlare bene pone l’oratore nella condizione di essere gradevole, credibile, carismatico.

La buona produzione della voce dipende da una buona respirazione , conseguentemente da una buona adduzione delle corde vocali e dal posizionamento del suono nelle cavità di risonanza che si trovano nelle ossa del cranio cosicchè chi parla possa avere un tono di voce che risulti autorevole, che si possa ascoltare anche da una distanza non troppo ravvicinata senza il bisogno di gridare per aumentare il volume.

La voce riguarda quelli che sono solo due dei tre aspetti della comunicazione e cioè quello verbale (che incide per il 7%) e quello paraverbale che riguarda tono, tempo, volume e pause del contenuto espositivo (che incide per il 38%). Rimane l’aspetto non verbale in cui si colloca il temperamento e la prossemica (che incide per il 55%).

Dopo quanto detto e dovendo trarre conclusioni, ne deduciamo che la comunicazione altro non è che una trasmigrazione energetica ( energia aggressiva + – +/-).

E’ un processo di scambio di informazioni e di influenzamento reciproco che avviene in un determinato contesto

Ecco perché la comunicazione prevede sempre una “reazione” da parte di chi dà e di chi riceve.

Stefania Labate