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“Tienimi con te dentro questa vita chiudi ogni via d’uscita per restarmi più vicina e tienimi con te quand’è presto la mattina mentre il cuore sta in sordina
dietro a una ferita…”

Una Mamma Elefante accetta con fiducia il dono di un frutto che (ripieno di esplosivo) deflagra nella sua bocca… e, sempre questa mamma, accetta di morire senza un gemito, con (forse) l’unico rimpianto di non aver mai potuto abbracciare il cucciolo che porta in grembo. Probabilmente questo è il motivo per cui sceglie di “andarsene” dignitosamente in piedi, nel letto di un fiume la cui acqua lava il pianto dell’abbandono…

Una Mamma Umana cerca con speranza l’opportunità di approdare verso orizzonti più giusti cucendo sul vestito del proprio bambino quella testimonianza di validità che si chiama pagella a pieni voti… e, sempre quella stessa mamma, si fonde con gli occhi di colui che intendeva salvare, nella profondità degli abissi. Resta, cucita nell’interno della giacchetta, la prova di una vittoria che non può finire con loro e che, forse, attraverso il mare, verrà “letta” da occhi più meritevoli, un giorno…

Un Padre inizia il proprio turno di lavoro con l’angoscia di ammalarsi nei fumi della tossicità che contribuisce a produrre ma, al tempo stesso, con la rassegnazione di chi sa che non ha altri mezzi di sostentamento…

Un Figlio esegue l’ordine di colpire il proprio Fratello su un campo di battaglia perché vestito di colore e idee diverse… e muore, egli stesso, seduto sopra la sua vita perduta come una partita…

Si sta. Come, d’autunno, sugli alberi le foglie. (Giuseppe Ungaretti)

Ma perché siamo come siamo?

Caro Lettore, vorrei condividere (come un confronto allo specchio) gli stati d’animo di un uomo che sente il peso del Dolore che nasce da quel magma vitale che, iridescente (nella liberazione di energia endonucleare)  ripete, continuamente, la dannazione del miracolo del primo Big Bang da cui, dal “Grande Tutto”, è nato “IL” Tutto.

L’uomo parla di tutto. E parla di tutto come se, la conoscenza di tutto, consistesse tutta in lui” (A. Porchia).

Ciò che colpisce l’attenzione (e, non credo solo la mia…) dopo ogni evento che scuote le coscienze, è il brulicare di commentatori e fini analisti che cercano, in tutti i modi, di spiegare le motivazioni più recondite che spingono a manifestazioni sempre più difficili da accettare.

Il punto però, è che (almeno per ciò che mi riguarda) mi sento alquanto insoddisfatto nell’ascoltare valutazioni che non “entrano” nel profondo e che, di fatto, ricordano il contenuto di certi temi svolti a scuola: belli nelle intenzioni ma con nessuna (o quasi) ricaduta positiva.

Un po’ come quando si cercano di capire le complesse equazioni che “esprimono” la Meccanica Quantistica e consentono la sua applicazione nei campi più svariati.

Senza di essa (la meccanica quantistica) non esisterebbero i transistor, eppure, queste benedette equazioni, non spiegano cosa succede all’interno di un sistema fisico ma solo come, quest’ultimo, viene percepito da un altro sistema fisico.

E, ciò, mi ricorda quello che provo, ascoltando i commentatori di cui prima.

Gente in gamba, per carità ma che non riesce a farti entrare nei veri motivi del perchè siamo quello che siamo.

Questo significa che la realtà essenziale di un sistema, è indescrivibile? Significa che manca un pezzo alla storia? O significa, come a me sembra, che dobbiamo accettare l’idea che la realtà sia solo interazione?” (Carlo Rovelli – Sette Brevi Lezioni di Fisica. Adelphi Ed.)

Caro Lettore, anche in forza di ciò, non passa giorno che, i più sensibili, non sentano il bisogno di domandarsi (per cercare una risposta chiara) come sia mai possibile l’estrinsecarsi di tanta cattiveria, da parte degli esseri umani.

Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio e né alcuna prerogativa tutta tua perchè quel posto, quell’aspetto e quelle prerogative che tu desidererai… tutto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. Ti posi nel mezzo del Mondo perchè, di là, meglio scorgessi tutto ciò che è nel Mondo. Non ti ho fatto né celeste e né terreno, né mortale e né immortale perchè (di te stesso quasi libero e sovrano artefice) ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. (Pico della Mirandola)

Essere Umano. Per definizione “ontologica” (riguardante la natura e la conoscenza dell’essere come oggetto in sé) dovrebbe rappresentare il risultato premiante di un faticoso percorso che porta a divenire (e, quindi, ad “essere”) un individuo (entità capace di riflettere e provare emozioni, distinguendo se stesso dal resto del contesto che, pure resta condizionato da ciò che si è… che, a sua volta, diviene il risultato dell’adattamento all’Input ambientale) portatore di valori di sensibilità solidale, improntati al bisogno di una crescita condivisa.

“Quanti raggi ha il sole per dar luce ovunque quando e come vuole? E noi siamo due qualunque! Quante stelle ha il cielo? File di miliardi su ogni parallelo… e noi le vediamo troppo tardi!”

Sadismo…

Disturbo consistente nel trarre piacere dall’infliggere dolore fisico o umiliazioni psicologiche ad altri soggetti.  Il termine deriva dal Marchese de Sade (al secolo, Donatien Alphonse de Sade, vissuto nel 18° Secolo) autore di testi filosofici ed erotici in cui è evidenziata (in maniera cinica) la figura del sadico come individuo capace di compiere, con scientifica razionalità, ogni sorta di azione volta al male “amorale” riconoscendo come unica legge il perseguimento e l’accrescimento del proprio personale piacere perverso.

Perversione…

Condizione che porta a ricercare il piacere attraverso “vie contorte”, come adattamento ad un dolore o fastidio che viene, addirittura, ricercato o riprodotto per riuscire a trarne un godimento.

E allora?

Il termine Male, nella lingua italiana, identifica, etimologicamente, “tutto ciò che (attraverso, danno, tormento, etc.) è contrario al Benessere, alla Virtù, alla Legge, al Dovere, alla Convenienza”.

La parola Bene, viene definita dai dizionari, come “ciò che è necessario per rendere felice (Beare) e tranquillo, in quanto conveniente alla Natura umana, secondo principi etici e morali”.

E andiamo ai comportamenti. Ed è qui che casca l’asino (e mi scuso con lui se si è fatto male…): principi etici e morali!

La Morale, fotografa il valore di riferimento per ciò che attiene alla congruità di un’idea o di un comportamento. Tale indicatore, però, non è assoluto ma (neurofisiologicamente parlando) varia con ciò che, nel tempo storico, viene ritenuto probo, o meno. Ad esempio, le battaglie dei Gladiatori, all’epoca degli Antichi Romani, oggi sarebbero censurate e vietate; così come, certe libertà pedofile ritenute “normali” nei tempi andati, oggi sono perseguite penalmente e considerate riprovevoli.

L’Etica, dal canto suo, connota la correttezza di idee e comportamenti, all’interno di precisi riferimenti, fuori dai quali, assumerebbero valenze differenti. Ecco, quindi, che il soldato in azione è obbligato ad uccidere prima di essere ucciso e, l’avvocato penalista, ha l’obbligo di far rispettare l’esecuzione di un giusto processo (chiedendo l’invalidazione dell’intera procedura, in caso di errori tecnico formali) anche nei confronti del peggiore assassino…

“Tienimi con te in un pomeriggio quando piove giù un litigio ed un giorno sembra eterno e tienimi con te se è già quasi sera e inverno tra le righe di un quaderno
e un inchiostro grigio”

Ma tutto inizia con una insopportabilità reciproca.

Infatti, il “Creatore” del Sistema Universo è riuscito a generare impulsi vitali (sotto forma di frequenze elettromagnetiche) dall’unione di gruppi di tre quark (legati da un elastico di Gluoni) che, detestandosi profondamente (perché, avendo tutti la stessa carica positiva, tendono ad allontanarsi violentemente) non possono fare altro che tentare la fuga ritrovandosi, alla fine, sempre ad incontrare gli “odiati” fratelli.

Da questa dolorosa e “sadica” danza, nascono le onde di Energia.

C’è, addirittura,  chi sostiene che l’amore fra due persone (o l’Amore in generale) sia frutto di una perversione (intesa come propensione più o meno consapevole a generare danno, provandone compiacimento) legata al principio conflittuale che lega Amore e distruzione (Thanatos) e descritto (già nel 1922) da Sigmund Freud ne “ Al di là del principio del piacere” a proposito del concetto di Dualismo Pulsionaleche vede contrapposte le pulsioni dell’Io (che traggono origine dal farsi vivente della materia inanimata e cercano di ripristinare lo stato privo di vita) e le pulsioni sessuali (che, partendo dal principio del piacere, attraverso il congiungimento e la procreazione, tentano la via dell’immortalità).

In funzione di questa considerazione (e ascoltando una “conversazione” di un collega grande conoscitore di Jung) ho dedotto che una parte della psicoanalisi vede la relazione amorosa come una condizione ”a scadenza” che segue un percorso segnato in cui si cadenzano, rispettivamente, l’Incontro, il Riconoscimento (con relativa “Falsificazione”), l’Odio e l’Amore (di Catulliana memoria) e, in conclusione, l’Exitus o la “Violenza degli addii”

Ma tornando al discorso riguardante il “Creatore”…

Vorrei ardentemente domandare perché, per esempio, i carnivori debbono azzannare carne “viva” che grida dolore senziente nell’atto del lasciare questo mondo!

Ma, riflettendo, anche i più mansueti erbivori si nutrono di piante che, comunque, sono dotate di un sistema nervoso che percepire dolore e piacere…

E, però, anche nel mondo vegetale le cose non vanno meglio: le bellissime margherite (sempre per portare un esempio), sono spietate killer che rendono impossibile la vita ad altri fiori nei prati in cui esse sono presenti

Alcuni esperti dicono che, all’inizio, il cibo dedicato fossero i frutti che le piante offrivano in sacrificio… ma, anche in questo caso, si può denotare un piacere perverso del regno vegetale che, attraverso la privazione di una parte di sé, si garantiva (e ottiene ancora oggi) la disseminazione “Urbi et Orbi” mediante l’eliminazione dei semi dall’intestino di chi se ne alimentava.

Nella realtà dei fatti…

Esiste un solo parametro “relativamente” assoluto che, il mio vecchio maestro Giovanni Russo, mi insegnò a riconoscere come LOGICA UNIVERSALE. Una sorta di satellite artificiale puntato sulle Leggi di Natura, che governano ciò che esiste nell’Universo e che ci rende come siamo.

Questo elemento di riscontro oggettivo si comporta come l’oracolo di Delfi: è a tua disposizione ma risponde, al massimo, con un “si” o con “no”; per cui, il confronto con esso, diventa valido in funzione delle domande che gli si pongono.

Se, inoltre, teniamo conto del fatto che, il suo principio ispiratore si basa sulla massima del “mors tua, vita mea” (cioè, “devo mantenermi in vita a qualsiasi costo”) ecco che diviene importante avere, crescendo in un ambiente ispirato ad una sana educazione, le idee chiarissime sull’importanza (in senso egoistico) del principio del Rispetto. Tale presupposto fondamentale, sarebbe responsabile dell’attivazione delle specifiche zone di corteccia cerebrale, coinvolte quando facciamo prevalere scelte morali.

La nostra mente, sostanzialmente, si comporta come il pittore che, partendo dai colori fondamentali (in base alla propria creatività frutto, anche, dell’apprendimento) li miscela per produrre nuances non presenti, in partenza, sulla tavolozza: ogni individuo (cosiddetto) pensante, si trova a disposizione un range determinato dalla genetica (all’interno del filamento di DNA); il bello è che, però, ciascuno, in base a capacità acquisite (e non innate) può, inconsapevolmente, “tirar fuori” dal nastro a doppia elica, informazioni adeguate alle circostanze (sul piano oggettivo) oppure no. Questo meccanismo, si chiama epigenetica e “sceglie” all’interno di archetipi plurimillenari. 

“Chi ha visto vuotarsi tutto, quasi sa di che si riempie tutto. (A. Porchia)

Più o meno, accade questo:

  • Ogni manifestazione del mondo esterno, viene scomposta, all’interno dei campi di elaborazione cerebrale, nei suoi costituenti fondamentali elettromagnetici che vanno a sollecitare una sorta di inconscio collettivo (frutto di miliardi di anni di evoluzione) che è simile in tutti ma, allo steso tempo, “specifico” per ciascuno di noi;
  • Ogni costituente (micropezzettino del puzzle che abbiamo percepito) viene riconosciuto, come tale, in funzione di quanto di simile ci ritroviamo in memoria e che abbiamo specializzato in quello che è l’inconscio personale;
  • Quello che ripeschiamo dal serbatoio dei ricordi, si porta dietro, anche, lo strascico emotivo che abbiamo provato nel momento in cui abbiamo vissuto l’esperienza che, frammentata, abbiamo poi archiviato, condizionati dai Modelli Operativi inconsapevoli, acquisiti negli ambienti nei quali siamo cresciuti;
  • Tale vestito emotivo (acquisito con l’esperienza e, quindi, non geneticamente determinato), condiziona la scelta in funzione del piacere o del fastidio che ci arreca;
  • Tutto ciò premesso, con tale meccanismo, riconosceremo il quadro (venuto dall’esterno) assemblando pezzetti di ricordi che gli somigliano e saremo indotti a decidere sul da farsi, in relazione all’evento determinatosi e, a quel punto, percepito;
  • Le nostre reazioni saranno diverse in base alla personalità di ciascuno e al momento dell’accaduto ma, comunque, non potranno derogare dal range messo a disposizione da Madre Natura, come i colori fondamentali della tavolozza di cui prima, pur con la nostra capacità di miscelare e sfumare…

Il punto è che, ogni decisione, sarà presa dopo un confronto con il parametro di riferimento oggettivo (che si rifà, come detto prima, alle leggi di Natura) che abbiamo definito Logica Universale e che, si ritiene, sia allocato nell’Ipotalamo (importante struttura cerebrale).

In base alle convinzioni, ai condizionamenti, all’ignoranza, al pregiudizio, alla presunzione, alla maturità, alla chiarezza o all’incapacità più o meno temporanea, opereremo scelte che riterremo idonee, anche quando produrremo dubbi in proposito che ci faranno cambiare idea. Infatti, in quei momenti, valuteremo giusto riconsiderare e, di conseguenza, cambiare, per una nuova direzione.

Con questo principio, sarà motivata (anche se non “giustificata”), nella mente, qualsiasi azione, dalla più nobile alla più efferata. Tutto troverà un perchè. Magari frutto di un aggiustamento interiore di comodo accomodamento.

“Quante rive ha il fiume senza mai legami? Quanti anni ha il mondo che ne ha visti tanti, lenti sullo sfondo? E noi siamo solo istanti almeno per un secondo un po’ meno distanti, fino alla fine fino a che si può e fino al confine, fino alla fine del tempo, fino a che ce n’è ancora un po’ e fino alla fine di tutto, fino allora, tu, tienimi con te sotto il buio aperto della notte di un deserto tra le dune del tuo petto e tienimi con te così al tuo sonno stretto…”

Quindi, ad esempio, è possibile restare indifferenti di fronte alle efferatezze compiute all’interno di un qualsiasi mattatoio o quando un cacciatore uccide a bastonate un cucciolo di foca (per non sciuparne la pelliccia)…

E, allora, non è affatto strano che si lascino morire affogati bambini e genitori che tentano di salvarsi da guerre che abbiamo creato (direttamente o indirettamente) noi. Non è roba dell’altro mondo che, di fronte a simili tragedie (le cui immagini scuotono le coscienze ma non determinano le azioni) ci si muova solo per lucrarci su….

Allo stesso modo e con il medesimo principio neurofisiologico ma non certo morale e civile, assistiamo a slanci di solidarietà estrema.

Ognuno ha una base bimodale comportamentale (che va dal quadro solidale a quello menefreghistico) con varie sfumature molto personali: ciascuno sceglie in base al carattere acquisito, alle capacità del momento, agli egoistici bisogni da appagare, etc.

Perché, allora, soffriamo indicibilmente nell’apprendere di tanta crudeltà?

In funzione di quello che dice la Scienza e considerando la Teoria del “dualismo pulsionale”, con molta probabilità perché, in quei momenti contattiamo la nostra “ferocia” nucleare e ne restiamo atterriti…

Come, spesso, mi è capitato di scrivere, i saggi sostengono che noi nasciamo per portare avanti un progetto. Per quanto si possa speculare su ciò, non si può fare a meno di concludere che, al di là di evolvere le nostre capacità (nel bene o nel male) migliorando la gestione del nostro potenziale genetico e restituendo il tutto (con gli interessi) a “fine corsa” come si fa con i prestiti bancari, non si può andare.

E allora, forse, non sarebbe sbagliato prendere in seria considerazione la riflessione posta, epigraficamente, negli antichi templi esoterici: “A che scopo ci riuniamo? Per edificare Templi alla Virtù, scavare Oscure e Profonde Prigioni al Vizio e lavorare al Bene e al progresso dell’Umanità”

Ma, a questo punto, il problema (vero) diventerebbe quello di procedere senza sosta sul cammino del miglioramento interiore, per passare dalla teoria ai fatti. Perchè, come scrisse qualcuno, l’Inferno è una via lastricata di tanti buoni propositi mai realizzati.

Anche perchè…

La Natura (o chi per Lei), magnanima, ha creato un escamotage per indurci a darci da fare: godere. Purtroppo, però, anche seguendo sentieri “perversi”.

Quindi, come ho spiegato prima, tutto quello che facciamo è provare piacere da ogni esperienza, anche quella negativa (fatte salve le situazioni in cui l’imprevisto ci pone di fronte al dolore). E anche nella sofferenza, vale lo stesso discorso.

Sì, è necessario soffrire, perfino invano, per non vivere invano (Cit.)

Come riportato dalle “Bibbie” psichiatriche e psicologiche, ogni individuo risulta essere l’insieme di numerose variabili, che includono:

– Le proprie caratteristiche fisiche;

– Le proprie capacità e il proprio stile cognitivo;

– Le proprie credenze religiose/spirituali;

– l’esperienza soggettiva della propria storia;

– Il background socioculturale;

– Il proprio cervello inteso come il prodotto delle interazioni tra geni e ambiente, come insieme di circuiti neurali plasmati dall’esperienza;

– Le interazioni interiorizzate con gli altri che sono rimesse in atto inconsciamente, generando impressioni negli altri;

– I conflitti consci e inconsci e le difese associate;

Ragionando su questa lunga serie di parametri potremmo individuare un percorso di miglioramento personale che porti a proteggersi  dal dolore e dal disagio che si sviluppa in seguito a delle pulsioni ritenute pericolose mediante il miglioramento delle caratteristiche dell’Io, sia attraverso dei meccanismi di difesa psicologici (fra cui, l’ Introiezione, la Razionalizzazione, la Formazione reattiva, l’Ascetismo, l’Altruismo o Egoismo positivo, la Sublimazione, etc.) o, più opportunamente (come mi ha insegnato Giovanni Russo), mediante il raggiungimento di una corretta autoaffermazione che  rappresenta la condizione di chi mira ad esprimere pienamente se stesso (nel rapporto con la propria identità e nei riguardi del contesto ambientale “ristretto” ed “allargato”), la propria personalità (in maniera proporzionale alle proprie capacità introspettive) e il proprio ruolo (essere umano integrato nel tessuto sociale, come partner, genitore, figlio, fratello, soggetto economicamente produttivo, etc.)

Caro Lettore, mi auguro di non aver turbato la tua sensibilità con queste mie righe dattiloscritte (frutto di studi e ricerche). Ti lascio con una breve riflessione riguardante la suggestiva immagine di copertina:

l’elefante, simbolicamente, rappresenta potenza, saggezza, memoria, temperanza e amore capace di schiacciare il Male

la bambina rappresenta la donna da cui tutto ha origine ed essendo ancora “piccola” è tutta in divenire e (si spera) sarà capace di educare i propri figli spingendoli verso una crescita sostenibile e condivisa.

“Spiegare Dio non si può, amarlo sì. E lo ami ogni volta che rispetti una sua Essenza, ogni volta che ami una sua Forma”. (Cit.)

Insomma, dal momento che, come sosteneva il sommo poeta “fatti non fummo, per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza” , forse è arrivato il momento di accettare l’idea di essere poca cosa rispetto alla grandiosità di ciò che ci circonda.

Però, siccome quello che ci circonda, ci comprende e ci costituisce (perchè siamo fatti della stessa materia dei “sogni dell’Universo”) ecco, sarebbe opportuno fare nostra quella massima, che, testualmente, recita:

Per poter raggiungere certe altezze, non le abbasso… le alzo ancora!”

Giorgio Marchese  – Direttore “La Strad@”

Questo editoriale trae spunto da quanto scritto in tante altre occasioni. I fatti della vita danno la stura, ogni giorno, ai contenuti di miliardi di anni di trasformazioni che ci hanno consentito di esistere nella forma che (più o meno) conosciamo e che ci rende simili ad ogni altra struttura del Creato. Naturale, quindi, soffermarsi, una volta di più, a capire perchè siamo come siamo.

Un suggerimento: dopo aver letto questo editoriale, prova a cullarti per un po’ in questa bellissima composizione di Claudio Baglioni d cui ho riportato alcuni stralci. Servirà a ritrovare la nostra parte migliore, protetta dall’alito di chi ci ha amato più di tutti.

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