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Inizio anno …

Inizio decennio …

Un numero promettente e anche se la fine del precedente è ormai lontana, potrebbe essere il momento di fare dei bilanci e delle conseguenti previsioni.

Capace sempre più di decifrare quello che provo, ogni emozione, ogni sentimento, dal più impercettibile battito di ciglia alla folata di vento generata da una parola sussurrata nel silenzio di questa notte magica.

Accanto a me. Silenziosamente e senza far rumore si muoveva lentamente, braccia conserte, avvolto nel suo pullover di lana marrone e si sedeva accanto a me. Quanta dolcezza, quanta tenerezza, quanto affetto in quel gesto. E quanto tempo è passato.

La paura di non ricordare diventa sempre più grande. E per questo è importante parlare, parlarne, mantenendo vive le cose, pur accettandole.

Nel sottoscala delle emozioni giace quello che non è andato come si desiderava. Lo depositiamo lì inconsapevolmente, ma, con altrettanta consapevolezza, sappiamo bene dove si trova e, ogni volta, il velo della malinconia ci ricopre, ci dirigiamo lì, lasciandoci investire dal freddo che lo conserva.

Nemmeno il tempo di salutarsi.

Un brano dedicato a questo sentimento, parole dense di significato su note delicate e dolci.

È vero, una crepa ha sistemato le cose. Volevamo un’altra cosa, ma quello che abbiamo ottenuto è stata una superficiale complicità legata ai fatti dell’esterno, quando bene sappiamo che, dentro di noi, rimane una ferita che continua a sanguinare. Mettiamo nel sottoscala anche questo sentimento e, con molta amarezza, andiamo avanti.

Ma, cosa accadrà nel momento in cui si sposterà lo sguardo dalle scale al sottoscala e quando inavvertitamente ci si fermerà a “sentire” con gli occhi come un tempo?

Il sottoscala delle emozioni è un luogo buio dove rimane e conserviamo quello che “tirando fuori” rimane “dentro”.

Sembra una contraddizione ma così non è. È un luogo un po’ rischioso, dove si depositano le cose mai affrontate veramente e, come un cassetto riempito oltremodo fino a scoppiare, una volta chiuso e poi riaperto, nulla tornerà come prima.

Quella spiacevole sensazione della provvisorietà, la precarietà delle sicurezze, il vacillare delle emozioni.

Arrivo presto e immediatamente a me la voglia di tornare indietro, anzi, di andare via senza sapere dove, ma col desiderio unico di fuggire.

Istanti da prolungare che più si avvicinano al mio stato d’animo, atmosfere che si riscaldano da sole e tutto diventa più leggero.

Pretesti che diventano appigli per agganciare le emozioni forti sostenendo i sentimenti.

Il buio del sottoscala ormai pieno di parole mai dette, di emozioni represse accompagnate dal distacco della ragione.

Da non dimenticare. Sapevo bene che lo avrei conservato nella memoria dei miei ricordi più belli: aria fredda della notte, luci calde e discrete, una città meravigliosa.

Camminiamo seguendo il ritmo per nulla stanco dei nostri passi. All’improvviso in lontananza spunta fra gli eleganti palazzi in tutta la sua calda luminosità. Senza pensarci su la inseguiamo e, anche se appare dietro l’angolo, in realtà tutta la sua grandezza la colloca lontano. Appena ai piedi ne avverto la maestosità che la avvolge. È vero, con la luce del giorno non avrebbe avuto la stessa apparenza.

Oltre.

Raggiungiamo il più grande viale arricchito di luci, gente, musica e festa. Ci abbracciamo fra di noi in un cerchio propiziatore, inseguendo la musica.

Un solo momento per tracciare una linea fra questo che sta passando e il nuovo che avanza. Sarà quello giusto, lo sento, lo prevedo fra le eleganti luci che accolgono e la dolce euforia di quello che accadrà.

Fernanda

Questa la dedico ai miei compagni di viaggio: alla Presidentessa, la Professoressa, alla Mamy, a Lumiere e più di tutti alla dolcezza di Princess

Parigi, 1 gennaio 2020

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