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Più passa il tempo, più ci accorgiamo delle tante storture (vessazioni, ingiustizie, etc.) cui siamo sottoposti, più nasce in noi, la voglia di ribellarci. Ma, chissà perchè, dopo l’impeto iniziale, ci accompagna una strana sensazione di svilimento che nasconde, a mala pena, uno scenario di paura e angoscia interiore… come a consapevolizzare quello che, prima o poi, piomberà come “una notte senza luna”.

Non è mai troppo tardi, per tentare di capire cosa sia la paura.

Forse, è arrivato il momento di capirne di più di come riuscire a vivere in maniera normale, da esseri umani, con la fronte alta e con lo sguardo fisso verso tutto quello che ci può venire incontro, non tanto per mostrare di essere sprezzanti di fronte al pericolo quanto, piuttosto, per acquisire tutte le competenze necessarie a capire in che modo elaborare la strategia più adeguata per la circostanza che si determina: in pratica, per essere adeguati al momento, al contesto, al bisogno.

Paura. Praticamente, un allarme ogni qual volta riteniamo di trovarci di fronte a qualcosa che possa costituire un pericolo. O che possa diventarlo. A queste condizioni, quando ci rendiamo conto di cosa effettivamente sia l’elemento problematico, allora stabiliamo cosa fare… a condizione di rimanere sufficientemente lucidi da riuscire a gestire le nostre capacità nella maggiore tranquillità possibile.

La paura e’ una strega: ci rinchiude in una gabbia, mette la chiave in una nostra tasca e crea l’illusione di averci mutilato le braccia (Michele Giuliano)

Di fronte alla paura (cioè, praticamente, di fronte all’allarme che si genera quando incontriamo un pericolo reale o presunto) ci si può comportare in maniera differente a seconda di chi siamo, del momento, dell’ambiente e, ovviamente, del tipo di pericolo. Come appare evidente, alla base c’è sempre una serie di valutazioni da portare avanti: si può reagire aggredendo l’elemento che può costituire il pericolo, fuggendo, riflettendoci meglio, aspettando che il pericolo passi. O cambiando ambiente.

Impariamo a riflettere…

Immaginiamo di andare dal nostro medico di famiglia per una normale visita di routine e di fargli vedere le analisi del sangue a cui ci siamo sottoposti in assenza di sintomatologie specifiche. Se, per un motivo a noi non chiaro, il professionista che ci è di fronte aggrotta le sopracciglia e rimane pensieroso per un po’, che cosa proveremmo, se non il dubbio di avere una patologia problematicamente preoccupante? Poi magari scopriremmo che il “buon” medico stava pensando a qualcos’altro…

Esistono paure innate?

In maniera “innata” esiste la capacità di preoccuparci di fronte ai pericoli. Se le cose andassero diversamente, probabilmente non riusciremmo a sopravvivere. Tutto il resto, lo impariamo.

Più paure si superano, più si diventa forti?

In linea di massima, si. L’importante è fare in modo che l’esperienza ci aiuti a diventare più maturi e giudiziosi. Altrimenti, finiremo col logorarci come dei reduci di guerra.

La Società attuale, ci aiuta o aumenta il problema?

Io non so se il tempo presente ci abbia donato grandi benefici… di sicuro ha inventato un sacco di paure (Vittorino Andreoli). Più si procede sul piano anagrafico, più dobbiamo fare i conti con le novità (tecnologie in testa) che ci costringono ad ammettere la nostra inadeguatezza. Inoltre, i problemi legati al mondo del lavoro, ritardano l’autonomia dei figli, aumentandone l’insicurezza. E l’ansia.

E allora, c’è una via per risolvere?

Siccome ansia (stato d’animo perturbato che si crea quando temiamo di non essere all’altezza della situazione) e paura, dopo un po’, camminano assieme, la tentazione sarebbe quella di assumere un ansiolitico, per creare una condizione di pace interiore “fittizia”. In realtà, una volta finito l’effetto del farmaco, ci si troverebbe “nudi” e sempre più impotenti, di fronte alle difficoltà. Allora il sistema migliore consiste nell’imparare che, gli errori commessi diventano opportunità per migliorare, la flessibilità deve prendere il posto della ricerca della perfezione (senza, per questo, diventare dei superficiali), l’accettazione del sentirsi inadeguati si affronta con una metodica e “sensata” preparazione.

Sostanzialmente, la vita accade, nonostante i nostri piani.

Pretendere di avere una risposta per tutto quello che sarà, prima che si determini, significa mortificare la nostra corteccia cerebrale che, invece, si diverte nel risolvere i problemi, man mano che si pongono. Accettarlo, ci renderà meno fifoni e (come disse Martin Luther King) quando la paura busserà alla nostra porta, il coraggio andrà ad aprire… e non troverà nessuno!

Giorgio Marchese – Medico, specialista in Psicoterapia, Counselor – Presidente Neverland (Scarl – No Profit – ONLUS)

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