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La parola lipide deriva dal greco “elipos”, che significa grasso ed indica un’ampia classe di sostanze organiche insolubili in acqua ma solubili in solventi organici (solventi composti prevalentemente da carbonio (C)C ed idrogeno (H)).

I lipidi sono molecole costituite da una lunga catena di atomi di carbonio e possono presentare un’ampia varietà di struttura e quindi di funzionalità.

Tali sostanze sono le costituenti fondamentali di oli e grassi, ma si trovano in moltissimi alimenti, dalla carne alla frutta secca. .

Svolgono, nell’organismo umano, principalmente un ruolo di deposito energetico; tali molecole, infatti, forniscono ben 9 kcal/g contro le 4 kcal/g di proteine e zuccheri.

I lipidi con funzione energetica vengono detti lipidi di deposito o trigliceridi, ma vi sono anche dei lipidi cellulari che hanno una funzione strutturale (i fosfolipidi sono tra i costituenti principali delle membrane cellulari) e lipidi con specifiche attività biologiche (quali ormoni, messaggeri intracellulari, ecc.)

Figura 1: Formula di struttura di un triglicereide

Da un punto di vista chimico, i lipidi possono essere classificati in lipidi complessi (detti anche saponificabili) ed in lipidi semplici (insaponificabili)

I lipidi complessi comprendono i trigliceridi (costituiscono i comuni grassi ed olii vegetali ed animali) i fosfolipidi, i glicolipidi e le cere; i lipidi semplici includono i terpeni, gli steroidi e le prostlaglandine.

I lipidi complessi si definiscono saponificabili poiché caratterizzati da una o più molecole di acidi grassi che, in presenza p.e. di soda caustica (NaOH), si distaccano sotto forma di saponi. (sale dellfacido grasso).

I trigliceridi sono costituiti da molecole di acidi grassi. Gli acidi grassi sono molecole caratterizzate dalla presenza di più di 10 dieci atomi di carbonio e da un gruppo chimico caratteristico, il gruppo carbossilico. Il gruppo carbossilico è : formato da un atomo do carbonio legato con un doppio legame ad un atomo di ossigeno e con un legame semplice ad un gruppo OH.

Figura 2: Gruppo carbossilico, R indica in chimica una catena di atomi di C.

 Da un punto di vista strutturale gli acidi grassi possono essere classificati in saturi ed insaturi; si definiscono saturi gli acidi grassi quando presentano tutti legami semplici -C-C-; insaturi quando hanno uno o più doppi legami C=C.

Gli insaturi sono generalmente liquidi poiché il doppio legame rende più difficile la solidificazione di tali sostanze. Gli acidi grassi insaturi sono prevalenti negli organismi vegetali e in quegli animali che vivono a basse temperature (la presenza di acidi grassi insaturi assicura che anche a basse temperature i grassi non solidifichino conferendo di conseguenza rigidità alle cellule).

I lipidi sono indispensabili nell’alimentazione umana; oltre a svolgere funzione di deposito, permettono l’assorbimento di vitamine liposolubili (solubili solo nei grassi) come la vitamina A e rendono i cibi più appetibili (caratteristica non trascurabile se si pensa che il gradimento di un cibo influenza nel nostro rorganismo la capacità di assimilarne le proprietà nutritive).

Tuttavia la quantità di grassi da assumere giornalmente non deve superare il 30% delle calorie totali, ed è ormai noto che tali grassi devono essere prevalentemente costituiti da acidi grassi insaturi.

Il problema dell’assunzione dei grassi nella dieta è costituito principalmente da due fattori :

Oggigiorno il contenuto di grassi che viene assunto è molto al di sopra del fabbisogno, visto il cambiamento dello stile di vita e l’uso smodato che si fa, di tale nutriente, da parte delle industrie alimentari, per aumentare l’appetibilità dell’alimento stesso

I tipi di grassi che vengono utilizzati nei prodotti alimentari, inoltre, sono decisamente lontani da quelli tradizionali della dieta mediterranea.

I grassi tradizionali della dieta mediterranea sono costituiti principalmente dall’olio extra vergine di oliva ed in misura minore da burro e grassi animali (strutto, lardo). .

Attualmente, quando si acquista un prodotto alimentare si legge spesso sull’etichetta la nozione generale di grasso vegetale, ma quasi mai viene specificato di quale tipo di grasso si tratti. Tale indicazione può portare alla considerazione che si tratti di un grasso buono poiché negli ultimi anni forti campagne sono state attuate contro i grassi di origine animale, prevalentemente saturi, e di conseguenza si è portati alla facile equazione vegetale = sano. Tuttavia, spesso non è così.

La dicitura olio o grasso vegetale raramente indica l’olio di oliva o i meno pregiati oli di girasole, mais, soia, ecc.; ma più spesso indica una miscela di oli vegetali di provenienza varia e spesso di qualità non proprio eccelsa.

Tali oli sono prevalentemente costituiti da miscele di olio di cocco (non è proprio il peggiore) di palma, di guscio di palma, di shorea, ecc.

L’uso di tali oli è ormai diffusissimo; questi composti si trovano in cracker, merendine, biscotti, cioccolato, ecc.. Sebbene siano oli di origine vegetale, molti di questi sono costituiti, prevalentemente, da acidi grassi saturi come quelli animali: l’olio di palma, ormai diffusissimo, (l’Italia ne importa più di 200.000 tonnellate all’anno) è costituito dal 50% dall’acido saturo palmitico che aumenta la colesterolemia mentre il burro, spesso additato come pericoloso, ne contiene il 29%.

Inoltre, alcuni di questi oli contengono acidi grassi ormai ampiamente noti come dannosi per l’organismo umano; sono un esempio l’acido erucico (contenuto nell’olio di colza) che danneggia la crescita sia del fegato che del cuore o gli acidi laurico e miristico noti come i killer delle coronarie (contenuti soprattutto negli oli di dika e babassu).

Il contenuto di acidi grassi dannosi non è l’unico problema di tali grassi poiché taliquesti prodotti non sono semplicemente estratti dal frutto o dal seme, ma sono spesso sottoposti a due processi:

  • il frazionamento per cui si divide la parte solida dellfestratto dalla parte liquida (tale processo avviene generalmente mediante il riscaldamento ad una data temperatura ed il successivo raffreddamento, con conseguente separazione della frazione liquida dalla frazione solida)
  • l’idrogenazione che consiste nel rendere chimicamente solidi gli oli, ottenendo i prodotti noti come margarine (tale processo consiste nel saturare i doppi legami degli acidi grassi, legando agli atomi di carbonio, che portano i doppi legamei, degli atomi di idrogeno).

C=C + H¨ H-C-C-H

L’idrogenazione rende spalmabili i grassi e li rende resistenti all’irrancidimento, eliminando i doppi legami che non possono così reagire con l’ossigeno dell’aria.

Entrambi i processi comportano dei rischi per quanto riguarda la sanità finale dei prodotti. Il riscaldamento può portare alla decomposizione dell’olio liberando acidi grassi e sostanze potenzialmente pericolose (acroleina).

L’idrogenazione è una reazione chimica e come tale non ha un rendimento del 100%. Questo vuol dire che possono formarsi prodotti secondari non voluti, e data l’elevata temperatura a cui avviene tale reazione, prodotti di decomposizione dannosi. Inoltre, l’idrogenazione è una reazione che richiede la presenza di un catalizzatore metallico, e tracce di questo metallo (come per .esempio il nichel) possono trovarsi nel prodotto finale.

Va quindi detto che la scelta di un alimento, nella costituzione di un regime alimentare corretto, non può essere condizionata semplicemente dall’apporto calorico ma anche dalla qualità degli ingredienti che costituiscono l’alimento stesso. Questa considerazione è particolarmente pertinente al caso dei grassi per i quali, negli ultimi anni, date le forti campagne attuate contro i grassi di origine animale, si è giunti alla facile equazione vegetale = sano.

Dr Silvana Sposato – Chimico Arpalazio

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