Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Alcuni amici ci hanno chiesto di “spiegare ” la differenza che intercorre tra i complementi di compagnia, di unione e di mezzo e come si riconoscono perché i loro “pargoletti” si trovano in difficoltà quando devono fare l’analisi logica. L’argomento, forse, è stato già trattato, comunque… Il complemento di compagnia è facilmente riconoscibile perché risponde alle domande sottintese “con chi?”, “in compagnia di chi?” ed è introdotto dalla preposizione “con” o dalle locuzioni “assieme a”, “insieme con”, “unitamente a”, “in compagnia di”: sono stato al mare con mia moglie e i miei figli. La domanda sottintesa che dobbiamo porci è “con chi sono stato al mare?”. Con mia moglie e i miei figli, la risposta. Mia moglie e i miei figli sono, dunque, complementi di compagnia. Questo complemento si “trasforma” in complemento di unione quando non si tratta di “esseri animati”, ma di cose: siamo usciti con l’ombrello. Non possiamo dire, ci sembra evidente, “siamo usciti in compagnia dell’ombrello”; l’ombrello, quindi, è un complemento di unione. Il complemento di mezzo, infine, indica lo “strumento”, “il mezzo” mediante il quale si compie l’azione: Giovanni scrive sempre con la penna stilografica. Con quale strumento scrive Giovanni? Con la penna stilografica. Ricapitoliamo. Il complemento di mezzo indica lo strumento con il quale si compie l’azione; quello di compagnia o unione, invece, designa la persona o la cosa “assieme” alla quale l’azione si compie: Giovanni esce sempre con la borsa (complemento di unione); Giovanni scrive con la stilografica (complemento di mezzo); Giovanni passeggia con gli amici (complemento di compagnia). Come si evince dagli esempi tutti i complementi sono introdotti dalla preposizione con, solo la “logica” e le risposte alle domande sottintese ci permettono di “individuarli” correttamente.
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.