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In questo lavoro, così come negli altri della medesima sottosezione, si riportano estrapolati di colloqui analitici, finalizzati ad affrontare argomenti di interesse pubblico. L’operazione, con il consenso degli interessati, rispetta tutti i dettami della legge sulla Privacy ed i principi del rispetto e della correttezza professionale.

COLLOQUI RISERVATI

Complimenti per il suo articolo Il percorso . È un capolavoro!

Addirittura!

Si! Non ho mai letto qualcosa di così impegnativo, in maniera tanto chiara e lineare.

Eppure, ormai dovrebbe conoscermi abbastanza per non meravigliarsi più di tanto di quello che dico o scrivo…

Si, è vero però, torno a ripetere, non credo che il meccanismo di cambiamento delle idee sia stato descritto meglio.

Come ho precisato all’inizio dell’articolo, in realtà si è trattato di rendere divulgativo del materiale tecnico (molto tecnico!) che mi è stato spiegato lungamente, durante fredde serate d’inverno, a Roma, da Giovanni Russo davanti al suo magnifico camino, fra fogli sparsi, computer surriscaldati per il troppo lavoro, caldarroste… e meningi spremute! Bei giorni, quelli, anche se faticosi, lasceranno per sempre, in me, un segno indelebile.

Appunto, volevo ben dire…Partendo da questo lavoro fuori dal comune… cos’è il pregiudizio?

Cominciano i fuochi d’artificio… e va bene, rispondiamo come si conviene: sui dizionari della lingua italiana, possiamo leggere che il pregiudizio costituisce un giudizio anticipato, ammesso senza la conveniente cognizione dei fatti; spesso equivalente a giudizio errato intorno ad una data cosa. Denis Diderot era convinto che “L’ignoranza è più vicino alla verità del pregiudizio”; io posso aggiungere che, sostanzialmente, è una convinzione basata su informazioni non verificate a sufficienza.

Quindi non riguarda solo critiche e pettegolezzi?

No, qualunque asserzione (anche di tipo positivo) basata su elementi di cui non si può essere certi, può nascere da pregiudizi.

Ma non sono tali tutte quelle idee che, ad una verifica di logica, risultano scorrette?

Nelle cosiddette idee “in scatola” (che non hanno avuto modo di essere verificate) vi sono certamente le basi di molti pregiudizi, però, non possiamo affermare che ogni convinzione acquisita “per conto terzi”, determini un pregiudizio.

Il discorso è un po’ contorto… può spiegarsi meglio?

Certo. Lei, può anche decidere di accettare delle idee scorrette, dopo aver verificato che non sono logiche. Ad esempio, essere interessati all’alta velocità ed alla guida sportiva, rappresenta una conclusione non logica , però si può perseguire pur sapendo di essere in torto, rispetto alle leggi di Natura. Un pregiudizio, invece, ti porta ad essere convinto di trovarti dalla parte della ragione. Gli schiavismi di ogni genere, così come le guerre di religione e quelle per la supremazia di una genealogia, trovano le loro origini in substrati del genere.

Credo di aver capito la differenza. A questo punto, vorrei farle una domanda: specie in una realtà come la nostra, se una donna accetta di avere rapporti occasionali con uomini, non si crea, nell’ambiente in cui vive, un’opinione non positiva? E, se è così, quanto bisogna tenerne conto?

Dipende sempre dall’ambiente che frequenti: potrebbe accadere, per esempio, che, in un certo contesto una donna cosiddetta “virtuosa”, venga considerata come un qualcosa fuori dal mondo, da evitare addirittura!

Però, ho sentito tante volte, anche tra professionisti, criticare colleghe perché si concedevano facilmente.

Posso risponderle prendendo a prestito alcuni concetti di Roberto Gervaso, se vuole…

Cioé?“Il moralista, impegnato a predicare la virtù, difficilmente troverà il tempo di praticarla.”Cosa vuol dire?

Che, ad esempio, chi mette in giro queste voci, non ha avuto l’opportunità di avere rapporti sessuali con questa donna… e si vendica!

Addirittura!

Sono sempre di più gli uomini in difficoltà quando incontrano un donna, soprattutto dal punto di vista sessuale. Secondo statistiche mediche, sono frequentissimi i casi di disfunzione erettile dovuti a stress, dopo i 40 anni, quando un uomo incontra una donna che gli fa delle richieste specifiche, diciamo… di tipo particolarmente “esigente”. Quindi, per esempio, è da sfatare il mito (o il pregiudizio…) dell’uomo conquistatore!

Però!

È lo scotto da pagare da parte di chi è “assorbito completamente” dalla convinzione (o dal pregiudizio) di doversi arrampicare socialmente.

Certo che il pregiudizio è molto diffuso!

Sì, e come le ho detto, si fonda su valutazioni effettuate su informazioni non verificate abbastanza. Ognuno di noi corre il rischio di avere dei pregiudizi.

Anche lei?

Certo! Gliene elenco qualcuno: non vado in Africa o in Grecia perché sono convinto di trovare un clima caldo e umido. Mio fratello, che invece si reca spesso in quei luoghi, mi ha mostrato foto che, inequivocabilmente, danno l’idea di un ambiente fresco e accogliente… ebbene, io ho difficoltà a cambiare idea!

E nel mio lavoro di avvocato, posso restare vittima dei miei pregiudizi?

Dipende…

Da cosa?

Da come usa il suo cervello!

Facciamo qualche esempio. Nel caso di una mia azione legale sulla base di dati che non posso verificare, come il caso di una moglie che sostiene di subire violenza dal marito e, perciò, chiede la separazione dal coniuge con addebito, come potrei definirla?

Sulla base di quello che mi riferisce, potrebbe considerarla come una valutazione parziale legata ad elementi che non può valutare ma che, comunque, la fa restare in un ambito neutrergico, razionale e distaccato.. Se, invece, si lascia condizionare da un punto di vista aggressivo, per cui le dà fastidio quel marito e vuole agire per fargliela pagare, lo farebbe in base ad un pregiudizio, perché potrebbe non essere vero.

Come sarebbe?

Siccome la moglie è malata ed il marito è un alcolista, lei ha concluso che lui è un delinquente e lei una santa. Non può essere, invece, che quello si è messo a bere perché lei gli ha reso la vita impossibile?

Beh, effettivamente!

Provi a dare un’occhiata a questa immagine. Noterà che, quello che appare, non sempre è la verità. A volte, anzi, è l’esatto contrario.

A proposito della necessità di cambiamenti, lei, sempre nel suo articolo, spiega quello che succede all’interno degli atomi delle cellule “pensanti” e che è necessaria un’attivazione del mondo interno. Vorrei sapere come mai alcune persone riescono ad andare avanti in un percorso analitico ed altre decidono di interrompere, pur avendo scoperto che esiste la logica.Come funziona la cosa?

Tutto dipende dallo scombussolamento che si produce all’interno dell’atomo (cosa si mette in discussione), da quanto sei disponibile effettivamente a migliorare, da quanto sei velleitario, da quanto vuoi lavorare sul serio per acquisire dei dati, da quanto sei cresciuto in un ambiente “serio” e “produttivo”, etc.

Quindi, comunque, la disponibilità a migliorare dipende sempre dalla qualità degli apprendimenti che uno ha?

Si, da ciò che ha imparato ma, anche, dalla qualità e quantità dei disturbi, perché, se, ad esempio, una persona sa che senza modificare il proprio carattere, corre il rischio di morire, forse ha un elemento in più per muoversi ed è disponibile a mettersi in gioco per rimanere in vita; ma, se grossi problemi non ne ha e si accorge che c’è troppo da cambiare, può anche concludere che le va bene così e non continuare, perché la persona ha delle certezze e non le vuole smontare. E’ una questione di presunzione. Molte volte mi trovo di fronte persone presuntuosissime, convinte di saperne più di me su come gestire al meglio le risorse della propria personalità! Questi individui, mi “sopportano” solo perché sono afflitti da disturbi: eliminato il sintomo… spariscono!

E quindi?

Meglio cosi! Soldi risparmiati per loro e tempo recuperato per me… che è più importante dei soldi!

Cioè?

Quando, professionalmente parlando, ero alle prime armi, mi trovavo fermamente convinto di potere e dovere aiutare chiunque, per cui provavo a spiegare a tutti che effettivamente si poteva fare qualcosa di più. Poi, invece, ho imparato che, nella pratica, le cose vanno diversamente. Io posso aderire o meno alle richieste che mi vengono fatte, ma non mi resta altro che proporre il lavoro da fare, a meno che una persona non mi chieda chiaramente: “In me cosa c’è che si può migliorare? Non me ne rendo conto”. A quel punto, glielo spiego e poi decide.

Ma una persona può venire da lei e non sapere proprio cosa non va?

E potrebbe volere non scoprirlo mai, per mille motivi. A me tocca cercare di capire cosa sono disposte ad ascoltare, dal punto di vista delle spiegazioni. Quando mi rendo conto che non ci sono le condizioni per ottenere risultati apprezzabili, mi adopero per portare a termine la collaborazione professionale nel più breve tempo possibile, evitando di offendere chi mi sta di fronte.

Ogni persona ha delle difficoltà. Ad esempio, qualcuno potrebbe aver avuto esperienze omosessuali e avere vergogna (in base a pregiudizi) a parlarne.

In questo caso, come si comportano?

Con affermazioni laconiche e modicamente rassicuranti, del tipo: “Dal momento che ora mi sento bene, magari provo a fare un po’ da solo, poi mi farò risentire”.

Altre volte, se su di me proiettano l’immagine di qualcuno nei cui confronti nutrono astio, provano a litigare, concludendo che non andiamo d’accordo. Allora, siccome mi accorgo di questa “particolare condizione interna” che si sta creando, non mi metto in opposizione ma resto in ascolto costruttivo, facendo “spurgare” idee e rancore (ma senza accettare o subire mancanze di rispetto): solo quando la situazione mostra una condizione di irrevocabilità “offro” tecnicamente una via d’uscita dal lavoro analitico; se la persona, nonostante tutto, vuole continuare, allora probabilmente, otterremo grossi risultati. D’altronde, impegnarsi è faticoso e va contro uno dei principi di pigrizia che coinvolge, bene o male, tutti gli esseri umani: caldo, carezze e comodità sono apprezzati e ricercati da ognuno.

Come è possibile che una persona impegnata sul piano professionale, in maniera seria, poi si possa trovare a scoprirsi velleitario, durante un percorso analitico?

Ecco un altro pregiudizio. Un conto è impegnarsi in un’attività lavorativa che non ti porta a mettere in discussione le tue più profonde convinzioni, un conto è doversi guardare allo specchio, “spettinato e senza trucco”, come capita sovente durante un percorso analitico.

È stato un bell’incontro, come sempre. Le sono molto grata!

Attenzione con la gratitudine.Perché?

Sa cosa diceva Mark Twain?No.“La gratitudine è un debito che di solito si va accumulando, come succede per i ricatti: più paghi, più te ne chiedono!”

Un altro pregiudizio, il mio?

Forse un po’ di ingenuità, legata alla sua giovane età. Arrivederci. Quando ti metterai in viaggio per Itaca, devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno, non temere…non sarà questo il generee d’incontri, se il pensiero resta alto e il sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo nè nell’irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga, che i mattini d’estate siano tanti quando, nei porti (finalmente e con che gioia)
toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici, indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche aromi penetranti d’ogni sorta… più aromi inebrianti che puoi. Va’ in molte città egizie, impara una quantità di cose dai dotti. Sempre, devi avere in mente Itaca… raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio. Fa’ che duri a lungo, per anni e che, da vecchio,metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo in viaggio: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso… già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare (Itaca – Costantinos Kavafis)

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