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Attendo il momento in cui i pensieri incerti e senza nome potranno tradursi in parole limpide e cristalline; aspetto l’attimo in cui le parole inflessibili e taglienti sapranno trasformasi in gesti fluidi e naturalmente spontanei.

Vado alla ricerca dell’istante in cui i gesti titubanti e a volte avidi, diventeranno morbidi movimenti da cui trapeli soltanto voglia di aprirsi e condividere.

Continuo ad aspettare che le singole gocce solitarie scivolino giù, per convergere tutte nello stesso agognato punto e unirsi a formare un’unica superficie d’acqua, in cui potersi specchiare e dare un senso a ciò che vi è riflesso.

Ma l’attesa mi rende impaziente e vorrei che non ci fosse più alcun motivo ad indurmi ad aspettare, che mi lasci ancora ferma ad indugiare.

Prendo o, forse, perdo tempo, pensando di avere bisogno di riflettere e di capire ancora un po’ prima di potermi svincolare da tutto ciò che è fortemente radicato in me, per poter andare oltre ogni falso ideale, per oltrepassare ogni errata convinzione.

Andare oltre è un imprescindibile esigenza, ed ogni giorno lo diventa un po’ di più, perché restare qui significherebbe somigliare ad un “fuoco che arde senza fiamma”, che brucia senza riscaldare, che si consuma e si spegne senza irradiare luce, quando invece preferirei essere come un fuoco che sprigiona calore e luminosità, consumandosi come è giusto che sia, senza risparmio e senza sprechi.

Riflettere per comprendere, riflettere per conoscere e compiere ogni giorno un altro piccolo passo verso la maturità e la saggezza…

Ma a cosa serve la conoscenza se non a viverla?

A cosa serve comprendere se non a percepire la vita con maggiore consapevolezza e maggiore intensità?

A osservare il mondo senza privarsi della possibilità di esserne parte viva e attiva, a essere in grado di ascoltare e risuonare, di ricevere e di donare. A questo secondo me dovrebbe servire

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